Giovani, famiglie, studenti, sindacati, black bloc. La mobilitazione francese contro la contestatissima riforma delle pensioni di Macron, promulgata da metà aprile senza l’approvazione del Parlamento, coinvolge varie frange della popolazione. Il primo maggio, in alcune zone, è sfociata in scontro tra polizia e manifestanti, con oltre 500 arresti in più di 300 cortei e più di 400 poliziotti feriti. La prima ministra Elizabeth Borne ha parlato di “un nuovo stadio di violenza”.

Si scende in piazza da marzo e, almeno fino ad ora, tutti i tentativi di far recedere il presidente sono stati vani: il 3 maggio scorso, per la seconda volta, il Consiglio costituzionale ha detto no al referendum. I sindacati non cedono: la prossima giornata di mobilitazione generale, la quattordicesima, sarà martedì 6 giugno.

«Sembra che faccia bene al morale poter manifestare: camminare per le strade e poter comunicare i propri messaggi e le proprie richieste».  Thomas vive a Grenoble ed è uno dei tanti ragazzi che qualche volta ha preso parte alle manifestazioni della città sudorientale transalpina. Non è a Parigi, ma delinea lo scenario della capitale: molte più persone e luoghi simbolici dal significato politico come Place de la République, Place de la Bastille e Place de la Concorde.

«A Grenoble è un po’differente: tutti i sindacati si riuniscono in un punto preciso della città e, generalmente, si ritrovano alle 10 in stazione. Dopo marciano lentamente per tre/quattro ore fino al punto di arrivo. Non è un corteo statico – aggiunge – è mobile, perché ci si muove continuamente, ed è una situazione piuttosto calma: i sindacati avanzano le loro richieste, mentre le persone che non ne fanno parte hanno i loro messaggi sui cartelli di cartone».

«A Grenoble i sindacati avanzano le loro richieste, mentre le persone che non ne fanno parte hanno i loro messaggi sui cartelli di cartone». Thomas vive nella città francese e racconta di cortei che partono dalla stazione e si muovono per qualche ora.

L’altra faccia della medaglia mostrata da Thomas è un governo non disposto ad ascoltare le richieste dei giovani. Le nuove generazioni si sono così organizzate in maniera autonoma, scendendo in piazza per conto proprio. Thomas si è recato ad uno di questi raduni non ufficiali ed è rimasto stupito per i tanti ragazzi presenti. Racconta che l’evento è sfociato in un momento di tensione: «Ad un certo punto i poliziotti hanno fermato il corteo, ci hanno accerchiato e hanno cominciato a lanciare dei gas lacrimogeni. Una cosa del genere a Grenoble non era mai successa».

Una delle manifestazioni a Grenoble, in Francia. Fonte: pagina Facebook CGT ISERE

Una delle manifestazioni a Grenoble, in Francia. Fonte: pagina Facebook CGT ISERE

Spiega che il governo Macron ha fatto molte leggi per incrementare le forze dell’ordine e diminuire il numero di partecipanti: la volontà è limitare i cortei, e per farlo si è disposti anche ad usare la violenza. Un fattore che intimorisce i giovani: in molti hanno paura a partecipare: «Purtroppo i media mainstream si concentrano principalmente sulle azioni dei black bloc ,che noi chiamiamo i “guastatori”, e non sulle violenze della polizia. Il governo non fa altro che parlare di violenze commesse dai manifestanti e non di quelle commesse dai poliziotti».

Anche Justine vive a Grenoble. Concorda sulla grande visibilità che i media forniscono ai black bloc: «Le manifestazioni non sono solo loro. Probabilmente sono più visibili, perché tendono a distruggere ed incendiare tutto, ma esistono anche persone come me che sono interessate alla questione climatica».

Anche Justine vive a Grenoble e critica la scelta del presidente Macron di appellarsi all’art 49-3: «È come se il governo non ascoltasse più i francesi che non sono d’accordo e che hanno delle richieste da avanzare».

Il tema caldo rimane quello delle pensioni: «Io manifesto perché penso che questa riforma sia inutile: disponiamo di nuove tecnologie che ci permetterebbero di stare più tranquilli e di diminuire le ore di lavoro. Molte persone soffrono e vanno in burnout perché sono costrette a lavorare troppo per mantenersi. Lo Stato ci dice che ci sono aiuti, che la Francia ha i soldi per concedere questi finanziamenti. Non è possibile far pagare delle tasse del genere a lavoratori che ricevono un piccolo salario. Anche la sanità non garantisce un aiuto ai più in difficoltà».

Justine critica anche la scelta di Macron di appellarsi all’art 49-3: «È come se il governo non ascoltasse più i francesi che non sono d’accordo e che hanno delle richieste da avanzare. Macron, nonostante abbia vinto, ha pochi elettori. Il suo governo ci pone delle leggi che non sono condivise dalla maggioranza della popolazione. Sapeva di non aver ottenuto la maggioranza e aveva promesso di ascoltare le nostre richieste. Così non è stato, e quindi la mobilitazione sarà sempre più forte».