All’indomani della successione di Frederik X al trono di Danimarca, tra accuse di ancien régime e folle acclamanti, proviamo a dare un’occhiata alla situazione della monarchia in Europa.
Frederik X durante il discorso di proclamazione, insieme alla premier danese Mette Frederiksten. (Ansa)
La Danimarca ha un nuovo re. Si chiama Frederik. Ha cinquantacinque anni ed è stato principe ereditario fino al 14 gennaio, quando la madre, Margrethe II, ha ufficialmente abdicato al trono. Come Elisabetta II discende dalla “nonna d’Europa” Vittoria del Regno Unito, ed è dunque imparentato con le grandi famiglie nobiliari del vecchio continente: Windsor (ex Sassonia-Coburgo-Gotha), Borbone, Romanov, Hohenzollern, Glücksburg. Ha servito nell’esercito e trovato la sua regina in Australia, durante le Olimpiadi del Duemila. Lei è Mary, come centinaia di regine nella storia europea. Affacciati dal balcone del palazzo di Christiansborg, i membri della Firm danese salutano i volti di quegli 80% di consensi che rendono l’antichissima monarchia degli Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg una delle più popolari d’Europa.
Il foraggiamento alla casa reale
Per esistere e perdurare, una monarchia ha bisogno di sussidi. Risale a un anno fa il declassamento a cui la regina Margrethe ha sottoposto gli eredi del suo secondogenito Joachim, che da principi sono diventati conti, per sfoltire la monarchia e snellire i costi. Nel 2016 Margrethe ha pure disposto che, da adulto, solo il primogenito della coppia reale Christian sarà destinatario l’appannaggio statale. Secondo il rendiconto civile dello Stato della Danimarca, che norma il foraggiamento alla casa reale, dall’1 aprile 2023 lo stipendio della regina ammontava a 7,595,369,00 Corone danesi al mese, che corrispondono pressoché a un milione Euro. Era inoltre previsto un sussidio di 1,869,573 corone, ovvero di circa 250,000 Euro destinato all’ex principe ereditario Federico. Joachim percepiva invece un assegno mensile di 44,000 Euro. Per metterla in prospettiva, i reali inglesi, secondo quanto riportato dal Sovereign Grant, ovvero la somma che il governo versa ai Windsor, hanno percepito nel biennio 2022-2023 oltre cento milioni di Euro (86 milioni di sterline). Da un primo confronto si capisce la ragione per cui in molti hanno finora definito la monarchia di Copenhagen “minimalista”. Come riportato da un’indagine dello scorso anno condotta dal quotidiano danese Berlingske, circa il 52% dei cittadini pensa che la regina sia pagata correttamente o sottopagata, e il 30% ritiene che i sussidi siano troppo alti. Si attende ora di capire se ci sarà un cambio di rotta col regno di Frederik, ma è probabile una maggiorazione, visto che il re e la regina hanno quattro figli, tra cui tre minorenni.
Ma quanto costano le repubbliche?
La dotazione annuale prevista per il Quirinale nel bilancio statale è di 224 milioni di Euro per il biennio 2022-2023 (dati Sole24Ore), cifra che aumenterà di 6 milioni del 2025. L’indennità di cui beneficia il capo dello Stato è invece di 240 mila euro. Numeri simili vengono riportati anche nella pagina web dell’Unione Monarchica Italiana. Nonostante non siano aggiornati, perché risalenti alla presidenza di Napolitano e Sarkozy, i dati, che confrontano le spese delle tre presidenze del consiglio (è incluso anche Ciampi), con quelle affrontate dalla regina Elisabetta, mostrano una situazione non molto diversa dall’attuale. In entrambi i casi la monarchia, nella fattispecie inglese, risulta essere meno costosa.
Il grafico rappresenta i numeri dei bilanci resi disponibili ad oggi dalle istituzioni monarchiche e dal palazzo del Quirinale. I 123,000,000 inseriti per indicare il costo dell’Eliseo sono in realtà incerti. Le fonti ufficiali riportano infatti una cifra che si attesta tra i 123,000,000 e i 127,0000 milioni di Euro.
Italia e monarchia
“L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”, recita l’Articolo 1 della Costituzione. Ma all’interno del nostro Paese è viva e vegeta una fetta non esigua di monarchici seguaci della famiglia che, se il referendum del 2 giugno del 1946 fosse andato diversamente, sarebbe a capo dello Stato, ovvero quella dei Savoia. A capo della dinastia si trova tuttora il principe Aimone di Savoia-Aosta, imprenditore e figlio del duca Amedeo, che gode di una certa popolarità tra i monarchici italiani. «Aimone è una persona degnissima. Se il suo talento fosse stato solo il cognome, gli avrebbero dato uno stipendio per rispondere al telefono. Ma è diventato un uomo talentuoso, ai vertici di una grande società» commenta Alessandro Sacchi, presidente dell’Unione Monarchica Italiana. L’associazione, come dichiarato nella pagina web, “rispecchiava allora – e rispecchia anche oggi – l’esigenza di raccogliere quanti fra gli italiani si sentivano e si sentono istituzionalmente monarchici e ciò indipendentemente dalle singole opinioni politiche e schieramenti elettorali.”
Alessandro Sacchi nel 2012 al XII congresso dell’Unione Monarchica Italiana.
«Nel vedere le immagini dell’incoronazione di Frederik, ho pensato alla vecchia Lancia Aurelia che ha attraversato Roma deserta nell’indifferenza del popolo in occasione degli ultimi presidenti che si sono avvicendati in Quirinale» dice Sacchi. «Invece, dove c’è l’istituto monarchico vi è una maggiore salvaguardia del principio di nazionalità, ovvero della consapevolezza di appartenere a una distinta comunità nazionale. Nelle repubbliche il concetto è più sbiadito». La protezione di questo principio deriva dalla terzietà che solo il re sarebbe in grado di garantire: «In Europa, dove ci sono le monarchie parlamentari, il potere arbitrale, di figura al vertice del meccanismo istituzionale di una democrazia parlamentare, è esercitato da un personaggio strutturalmente e storicamente e fisicamente terzo, rispetto al dibattito e alla dialettica che ha visto negli anni in cui non era capo dello stato». Una persona che dunque è, prima di tutto, fuori da qualsiasi corrente e dialettica politica. Nel caso dei presidenti della Repubblica, «ci vuole fantasia con un uomo politico che per anni ha militato in una parte politica. Egli resetta la sua ideologia e diventa terzo. Fin oggi ha scherzato?». Al contrario, prosegue Sacchi, «i re sono allevati per quel ruolo, non si improvvisano tali. È qualcosa che studiano da bambini: come regolarsi, come essere ‘sul pezzo’ e presenti, come guadagnarsi l’autorevolezza. La madre di Frederik, la regina Margrethe, ha dato in più occasioni dimostrazione di essere saggia ed equilibrata, e l’affezione nei suoi confronti è certificata. Federico non farà eccezione».
Margrethe di Danimarca lascia il consiglio di Stato dopo aver firmato la dichiarazione di abdicazione. Si tratta di una successione automatica, perché Frederik è figlio della regina abdicante. Pertanto, succede automaticamente alla madre, senza interventi di organi legislativi o assemblee che certificano il suo diritto. (via AP)
Conferme incontrovertibili dei consensi, oltre ai dati statistici, sarebbero le strade e le piazze gremite in occasione di un corteo reale, del funerale di una regnante o di un membro della famiglia, di un matrimonio. Secondo Sacchi, «la certificazione del funzionamento della monarchia è autocertificata. Poi si può avere un re più o meno brillante. Ma il negare che ci sia l’affezione dell’intera nazione, soprattutto guardando le foto dell’insediamento di Federico, è da falsari». A detta del presidente dell’U.M.I. la futura generazione di regnanti in Europa – William, Leonor di Spagna, Elisabeth del Belgio, Ingrid Alexandra di Norvegia, Caterina dei Paesi Bassi e Vittoria di Svezia – non deluderà le aspettative: «Io la vedo prospera». Nel caso dell’Italia, nessuno di noi è in grado di prevedere se mai accadrà qualcosa. Lo scetticismo è comprensibile ma, conclude Sacchi, «alla luce della passione che deve animare chi si occupa della Storia, caratterizzata da percorsi impensabili e passaggi assolutamente straordinari, per cui non domani, né dopodomani, nessuno più ipotecare il futuro, posso dire che il fatto che ci sia la repubblica non è un dato ineluttabile. La Storia ha più fantasia degli storici».