La violenza e la discriminazione online sono temi sempre più presenti nell’agenda mediatica, come dovrebbe comportarsi con le sue fonti un reporter che decide di coprire tematiche così delicate? Si chiamano Greta Tosoni e Greta Elisabetta Vio le menti di Virgyn e Martyr, ma il loro progetto è di tutti e per tutti quelli che vogliono abbracciare la causa: eliminare i tabù della società sul corpo, sessualità e relazioni. La loro esperienza, partita da Instagram, è stata raccontata al Festival del giornalismo investigativo 2020 a Modena con una conferenza sul corretto uso dei termini giornalistici quando si parla di Revenge Porn e sessismo. Insieme a loro anche Laura Carrer, giornalista esperta in whistleblowing e intersezione tra sociale e tecnologia, che ha offerto il suo contributo in tema di condivisione non consensuale e deep fake.

Durante il workshop si è tenuto un interessante dibattito sui titoli di articoli presi da diverse tematiche, ponendoli all’analisi del pubblico per capire quali atteggiamenti e quali termini usare e quali invece non prendere in considerazione perché inadeguati al contesto.

Virgin e Martyr, cosa rappresentano per voi i social?

“Per noi i social non sono soltanto un mezzo da non temere ma anche uno strumento molto importante per fare informazione, per cui bisogna utilizzarli in maniera inclusiva e non averne assolutamente paura. Una cosa fondamentale da ricordarsi quando usiamo i social è che virtuale è reale, quindi tutto quello che faremmo nella vita reale per proteggerci, non dovremmo farlo neanche online se è qualcosa che non vogliamo, quindi attenzione sempre ad essere accorti e consapevoli di quello che stiamo facendo”.

Come bisognerebbe informare, quindi, in tema di Revenge Porn o condivisione non consensuale?

Non bisogna alimentari gli stereotipi, non c’è bisogno di fare un focus sulla vittima e sulla sua storia, non rincorrere i meccanismi del click-baiting e non demonizzare il sexting. Il tutto a fronte di due concetti fondamentali, che nessuno cerca o merita la violenza e che nessun uomo è un animale con istinti indomabili. Tra le cose più importanti da fare: promuovere una cultura del consenso, rispettare la privacy delle notizie, difendere una sessualità sana e libera, denunciare le dinamiche sociali e soprattutto dare un nome adeguato ai fenomeni, senza giustificarli.

Laura Carrer, come si inserisce l’informazione giornalistica nell’era dei social?

“Secondo me il giornalismo contemporaneo non dovrebbe avere paura di affrontare determinati temi e dovrebbe cercare di farlo nella maniera più attenta e deontologica possibile, cercando di coinvolgere attivisti e persone che si occupano di questi temi il più possibile”.

A prescindere dal fatto che i social sono una cosa da non temere, c’è bisogno di un dialogo tra le teste di queste aziende (Facebook e Telegram) e chi si occupa di fare informazione?

“Io credo che ci sia un avvicinamento da parte di queste piattaforme su questi temi sensibili, però sono comunque sempre delle considerazioni a valle rispetto alle cose che succedono, agiscono sempre a posteriori. Sicuramente il fatto che non si possano condividere determinati materiali su queste piattaforme è un fatto importante, però non è neanche il punto principale, che è agire e modificare la cultura delle persone che porta a condividere queste immagini, utilizzare un certo tipo di linguaggio etc.”

Cosa manca all’interno delle relazioni italiane, su questo tema?

“Credo che manchino delle figure che responsabilizzino. Quindi possiamo pensare anche a corsi di formazione per i giornalisti che possono in qualche modo aiutare il giornalista a entrare anche all’interno di temi che non riesce in questo momento a capire o che vorrebbe capire. Quindi sicuramente la formazione e poi il coinvolgimento di attivisti che aiutino a far diventare proprio questo tipo di cultura.”

…perché secondo te fino ad oggi non sono mai state prese in considerazione figure come gli attivisti?

“Credo che tendenzialmente non si faccia in Italia, su tantissimi temi non si coinvolgono esperti del settore. Questo è un classico italiano, però cerchiamo sempre di più di evitare che siano persone non competenti a trattare argomenti così sensibili”