“Io non sono pacifista, io sono contro la guerra”. Questa era la provocazione di Gino Strada, un uomo che stando accanto agli ultimi ha fatto della sua vita vita un percorso di pace, e oggi più di prima essere contro la guerra non significa prendere le parti dell’uno o dell’altro, ma difendere questo ideale.

Ben prima del 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione russa dell’Ucraina, i movimenti pacifisti dei due Paesi si impegnavano a rinnegare le logiche delle armi e della violenza, ma con lo scoppio del conflitto il diritto delle persone di scegliere una resistenza non violenta è venuto meno. «È difficile calcolare con precisione quanti siano gli obiettori di coscienza russi – riferisce Massimo Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento, una delle principali associazioni italiane che promuove la non violenza -. Lavoriamo sulle stime perché l’informazione è sottoposta a controlli molto stringenti». In Ucraina i numeri sono più precisi, continua Valpiana: «Sappiamo che, fino a febbraio 2022, quindi finché la legge sull’obiezione di coscienza era in vigore, le domande di obiezione erano state circa cinquemila».

«È difficile calcolare con precisione quanti siano gli obiettori di coscienza russi – riferisce Massimo Valpiana del Movimento Nonviolento -. Lavoriamo sulle stime perché l’informazione è sottoposta a controlli molto stringenti».

Le voci dei giovani che non vogliono andare a combattere e scelgono la resistenza civile sono tante e diverse sia in Russia che in Ucraina, ma la strada per loro si fa sempre più dura. In entrambi i casi, l’obiezione di coscienza è ammessa solo per motivi religiosi e il processo per ottenere l’esenzione è lungo, complicato e non sempre raggiungibile.

In Russia, la legge che consente di chiedere l’esonero dal servizio militare non è ancora stata sospesa; pacifisti e attivisti organizzano incontri sui canali Telegram per affiancare i giovani nel reclutamento ma per fare questa scelta occorre una buona dose di determinazione oltre che di scolarizzazione. «Le associazioni consigliano di rendere pubblica la pratica prima di inoltrarla al comandante del distretto militare, perché molto spesso accade che venga cestinata e che di essa non rimanga alcuna traccia».

Taras Andrushko è un volontario del Movimento degli obiettori di coscienza russi: è nato in Siberia da una famiglia ucraina ma ora vive in Germania. «Con la nostra azione cerchiamo di sostenere le persone che non vogliono arruolarsi per far capire loro le procedure da seguire, per compilare i documenti e perché la burocrazia non è semplice: molto spesso mancano le informazioni. Scriviamo articoli per sensibilizzare la popolazione sul tema, organizziamo incontri e raccolte fondi. Spesso le persone non sanno che esiste la possibilità di evitare l’arruolamento, ma anche se non abbiamo dei numeri ufficiali, già prima della chiamata alle armi in centinaia si sono rivolti a noi per chiedere aiuto».

«Spesso le persone non sanno che esiste la possibilità di evitare l’arruolamento:  anche se non abbiamo dei numeri ufficiali, già prima della chiamata alle armi, in centinaia si sono rivolti a noi per chiedere aiuto», riferisce Taras Andrushko, volontario del Movimento degli obiettori di coscienza russi.

Poiché la legge sull’obiezione di coscienza è formalmente in vigore, il rischio non è di essere accusati di tradimento. La repressione scatta per motivi di propaganda: infatti, «dal febbraio 2022 – riporta Valpiana – le autorità russe hanno aperto più di 230 procedimenti penali contro i cittadini che si sono opposti alla cosiddetta “operazione speciale” in Ucraina. La maggior parte di questi casi di repressione sono stati avviati a seguito di post sui social network, distribuzione di stampa clandestina o persino per aver applicato adesivi contro la guerra su superfici fisse. Tutte queste sono azioni non violente classificate come reati».

La questione è diversa in Ucraina dove vige la legge marziale: qui la mobilitazione e il reclutamento avvengono in modo diffuso e, a partire dal gennaio 2023, si è aggiunto l’inasprimento delle pene per i soldati che disobbediscono o che disertano la guerra. «La nuova normativa – continua Valpiana – cancella tutte le esenzioni finora previste. Ora l’arruolamento riguarda anche coloro che non hanno svolto il servizio militare. È sufficiente un addestramento di due mesi per essere considerati pronti a combattere e, anche se i processi a carico degli obiettori di coscienza sono limitati, ci troviamo di fronte a casi esemplari».

È la storia di Ruslan Kotsaba, giornalista pacifista e obiettore di coscienza ucraino, arrestato per posizioni antimilitariste e accusato di alto tradimento, che oggi rischia fino a quindici anni di carcere. Già in passato Ruslan aveva subito violenze e minacce per le sue posizioni contro la guerra in Donbass; ora ha ottenuto protezione umanitaria negli Stati Uniti e da New York segue un processo che continua a svolgersi in contumacia, ma nessuno sa quello che potrà accadere dopo la scadenza del permesso di ventiquattro mesi. «Come Movimento Nonviolento stiamo lavorando affinché l’Europa gli riconosca lo status di rifugiato politico, perché possa riavvicinarsi alla sua famiglia senza il timore di subire le ripercussioni che incontrerebbe nel suo Paese», riferisce Maurizio Valpiana.

L’intendo dei movimenti, in questo caso, è sottolineare la negazione di un diritto, perché il Ministero della difesa ucraino ha ribadito che la legge sulla mobilitazione generale non ammette alcun servizio alternativo a quello militare: o le armi o le sbarre. L’unica libertà possibile, conclude Valpiana, è nell’ammettere che esiste una terza via. Per questo è ammirevole – e va sostenuto – il coraggio di chi continua a dire: “Io sono contro la guerra”.