Lucia Portolano ha ricevuto nel 2012 il premio Ilaria Alpi nella categoria miglior servizio di televisioni locali e regionali con il servizio d’inchiesta, realizzato per la trasmissione l’Indiano e andato onda sull’emittente salentina Telerama, dal titolo “Mesagne e la SCU“. Il reportage apre una finestra sui legami tra la cittadina messapica e la Sacra Corona Unita, la declinazione pugliese della mafia.

Attraverso le parole del padre di un boss, Ercole Penna, oggi pentito, emerge il volto di una Mesagne a molti sconosciuta, per tanti solo immaginata. Oggi Lucia POrtolano è General Manager di brindisioggi.it.

Quali sono stati i principali ostacoli che ha dovuto affrontare per realizzare la sua inchiesta?
Non parlerei di veri e propri ostacoli, piuttosto della diffidenza di alcune persone intervistate a parlare su certi temi, come si evince anche nel servizio. Oltre ai commenti successivi al video andato in onda, quando qualcuno ha criticato l’opportunità di intervistare un ex boss, padre oggi di un pentito, un padre che rinnega suo figlio.

Ricevere questo premio ha cambiato la sua vita professionale?
È cambiata la percezione che gli altri hanno del mio lavoro. Questo premio mi ha investito di una grande responsabilità perché dopo quel giorno i miei lettori si aspettano sempre pezzi di qualità.

Che valore ha avuto e continua ad avere questo Premio nella realtà giornalistica italiana?
Ritengo che resti il più importante premio giornalistico in Italia. Vero, pulito che riesce a far vivere il giornalismo d’inchiesta.

Che ricordo ha di Ilaria o, se non l’ha conosciuta, dell’episodio della sua morte?
Ho conosciuto Ilaria attraverso i servizi in tv. Ha sempre simboleggiato  per me “il grande giornalismo”: questa giovane donna ha dedicato la sua vita e il suo lavoro alla ricerca della verità. Mi sembrava così distante, e poi improvvisamente il premio l’ha fatta entrare nella mia vita.

Quali sono i valori dell’operato e della professionalità della Alpi che sente anche suoi? La figura di Ilaria e il suo lavoro hanno influenzato in un qualche modo la sua attività professionale, sia precedente al premio che successiva?
Raccontare, sempre e comunque. Il coraggio di non tacere, la curiosità di andare oltre. Il premio mi ha dato una carica in più, mi ha fatto capire che potevo osare, che il mio lavoro poteva servire a qualcosa di buono e di utile per la comunità.

Si sente dire spesso in Italia che il giornalismo d’inchiesta non esista più. Crede sia così?
Il giornalismo d’inchiesta in Italia fortunatamente esiste ancora, purtroppo è poco valorizzato e poco tutelato. La gente molto spesso segue altre notizie. Ho un’esperienza personale sul web con il mio giornale online: gli articoli più cliccati non sono certo quelli d’inchiesta. Una cosa è però certa: è solo grazie a questo tipo di giornalismo che molte verità sono state svelate.

In che modo è possibile far riemergere l’importanza che il giornalismo d’inchiesta ha per la società?
Bisogna continuare a valorizzarlo, a sponsorizzarlo anche attraverso questo Premio, per sostenere i giornalisti che hanno fatto  di questo lavoro la loro vita. Bisogna dare un maggiore spazio sui giornali e in tv, con leggi che tutelino  maggiormente il lavoro dei giornalisti.