L’esecuzione è prevista in serata per l’Italia, in giornata secondo il fuso orario dell’Alabama, negli Stati Uniti. Kenneth Eugene Smith, 59enne condannato a morte per l’omicidio di una donna di 45 anni, sarà il primo uomo a morire per ipossia da azoto. E’ condannato per la morte di Elizabeth Sennett, uccisa nel 1988. Il corpo della donna fu ritrovato da suo marito, il reverendo Charles Sennett. Sin dalle prime fasi del processo, le prove indiziali hanno stabilito che fu proprio il reverendo a reclutare un certo Billy Gray Williams, che a sua volta reclutò Smith per uccidere sua moglie. Perché Charles Sennett avrebbe voluto ucciderla? Perché era sommerso da debiti e su di lei aveva stipulato una grande polizza assicurativa. Una settimana dall’omicidio della donna, dopo l’inizio del processo, Sennett si è suicidato.
Nel corso degli anni il caso ha fatto discutere sin dall’apertura del processo. All’epoca la giuria che si occupò di esaminare la questione, con 11 voti favorevoli su 12, condannò l’imputato all’ergastolo. Nel 1996, però, in un secondo processo il giudice sovvertì la richiesta e lo condannò alla pena capitale. Da quel momento Smith vive nel braccio della morte.
Questa tipologia di pena capitale è considerata da organizzazioni umanitarie e internazionali, “feroce e inumana”. In Italia si è mobilitata la Comunità di Sant’Egidio con una intensa campagna pubblica e una lettera inviata alla governatrice dello Stato dell’Alabama
La sua prima esecuzione, prevista per il 22 novembre 2022 attraverso il metodo classico dell’iniezione letale non è andata a buon fine. Dopo diverse ore trascorse immobilizzato su un lettino operatorio nel tentativo di effettuare un’iniezione endovenosa, l’equipe medica che avrebbe dovuto occuparsi dell’iter sanitario ha interrotto la procedura e Smith ha fatto ritorno nella sua cella. Lo stato dell’Alabama ha quindi deciso di optare per una nuova procedura, approvata anche dal Mississippi e dall’Oklahoma: l’ipossia da azoto. L’azoto, che è presente nell’aria che respiriamo, se inalato in mancanza di ossigeno può causare danni irreversibili all’organismo e nei casi più gravi provoca la morte del soggetto. Secondo quanto riportato dal Protocollo di esecuzione formale per ipossia da azoto emesso lo scorso agosto dall’Alabama, il condannato all’esecuzione – in questo caso Smith – verrà immobilizzato su una barella e, attraverso una maschera facciale antigas, sarà costretto ad inalare forzatamente l’azoto fino al completo soffocamento.
Le principali organizzazioni mondiali per i diritti umani si stanno mobilitando per affermare il proprio dissenso in merito all’esecuzione. Il mondo si muove intorno al carcere Holman, Alabama, per ascoltare il grido silenzioso e rassegnato di Kenneth Smith. La scorsa settimana ha voluto chiamare la redazione del The Guardian durante i suoi 15 minuti di concessione telefonica. “Non sono pronto per questo, non in questa maniera”, ha confessato al giornale inglese. Il medico australiano Philip Haig Nitschke, fondatore di Exit International e sostenitore della proposta di legge sull’eutanasia legale nei Territori del Nord Australia, in un’intervista riportata dal New York Times ha espresso la sua preoccupazione per l’esecuzione di Kenny. Nitschke ha testimoniato nell’ultimo tentativo della difesa per evitare la pena capitale e per denunciare la poca affidabilità della procedura per asfissia ad azoto: il dottore e disegnatore australiano ha infatti progettato un sistema che diffonde la sostanza letale in una camera o in una capsula e garantisce l’assopimento del condannato prima che l’azoto raggiunga gli organi interni. Nitschke ha assistito e supervisionato circa 50 morti per suicidio assistito in questo modo. Anche la portavoce dell’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite Ravina Shamdasani ha richiamato l’attenzione sul caso evidenziando come i metodi di questa procedura siano inumani e tendenti alla tortura: “È un metodo non testato e abbiamo la preoccupazione che infrangerà il divieto di tortura o altri trattamenti e punizioni crudeli, inumani o degradanti”. Nella stessa conferenza a Ginevra risalente al 16 gennaio scorso Ravina Shamdasani ha aggiunto: “L’esecuzione in questione non prevede che il condannato venga sedato prima della somministrazione dell’azoto, al contrario di ciò che avviene per gli animali di grande taglia che subiscono la stessa pratica venendo prima sedati, come riporta l’associazione americana dei veterinari”. L’Onu si è schierata contro la pena di morte in qualsiasi Stato e contesto sociale nel mondo.
In Italia la comunità di Sant’Egidio ha preso posizione su quello che secondo Mario Marazziti, coordinatore internazionale della Campagna mondiale per la Moratoria universale e l’abolizione della pena di morte, sarebbe ‘un nuovo standard al ribasso di umanità, in un barbaro mondo delle esecuzioni capitali’. La comunità di sant’Egidio ha inviato in queste ore alla governatrice dell’Alabama Kay Ivey un appello internazionale dei leader di diverse religioni e organizzazioni per fermare questa esecuzione. Anche Marazziti ha insistito su come non sia accettabile regredire allo stadio di ‘chi uccide in maniera più barbara utilizzando un metodo che è considerato inumano per uccidere gli animali che mangiamo’. Ha parlato anche del paradosso di trasformare l’accanimento terapeutico, the healing fury, in un accanimento omicida, chiamato the killing fury: “In questa vicenda ci sono già tre morti ma evidentemente non bastano. L’Alabama vuole entrare nella storia per uccidere la seconda persona sopravvissuta a un’esecuzione capitale. Hanno riportato Smith nel posto in cui hanno provato a ucciderlo due anni prima per più di quattro ore. È una tortura inimmaginabile”. Marazziti pretende dall’Europa e dall’Italia una posizione netta sul tema: “Pe la comunità di Sant’Egidio, se andrà avanti questa esecuzione, l’Italia e gli Stati europei dovranno disincentivare il turismo in Alabama e ricollocare investimenti di società italiane ed europee altrove”.