Giacomo Scotti è uno scrittore italiano che dal 1947 vive tra Trieste, l’Istria e Fiume. Eppure adesso ha paura ad uscire di casa, perché c’è chi in Croazia lo vuole morto. «Già a Zagabria o a Spalato non posso mettere piede – ci racconta – perché, se mi riconoscono, mi fanno fuori». Infatti, tra i nemici dei neo-ustascia, estrema destra croata, prima di Stipe Mesić, l’ex capo dello Stato, e di Ivo Josipoić, attuale presidente, tutti definiti “filocomunisti”, viene Giacomo Scotti, che adesso ha 85 anni e alle spalle più di cento pubblicazioni, tra narrativa, saggistica e poesia.
Nelle sue parole più che la preoccupazione, c’è amarezza. Su internet abbondano i commenti degli estremisti croati. Un esempio: “i croati devono sbarazzarsi di questo vampiro, topo di fogna e scarafaggio”. «La mia colpa – dice Scotti, scrittore e giornalista (da sempre collaboratore de Il Manifesto) –, è di aver scritto un libro, un diario di guerra, quando la guerra era già finita, su tutto quello che avevo visto. Nella Krajina, che fu liberata in 80 ore, dopo che quasi tutta la popolazione serba era fuggita, rimasero solo gli ammalati, i vecchi, quelli del comitato per la pace. Questo è quello che ho visto. Ma ormai hanno gettato lo slogan: “bisogna cacciare via Giacomo Scotti, perché è un filo-serbo”».
Si tratta di Croazia, Operazione Tempesta, sottotitolo “La ‘liberazione’ della Krajina ed il genocidio del popolo serbo”. “Genocidio” perché in quegli anni – scrive Scotti -, «in Croazia fu cacciata quasi interamente la popolazione serba che vi abitava da secoli e fu attuata una radicale e sanguinosa pulizia etnica».
Lo sostiene anche il Tribunale dell’Aia, che nel 2010 condanna in primo grado il generale Ante Gotovina e il capobrigata Mladen Markac, a 24 e 16 anni di reclusione, per crimini contro l’umanità e per aver fatto parte di un’associazione a delinquere finalizzata alla rimozione della popolazione serba durante l’Operazione Tempesta, coordinata dai più alti vertici politici di allora, tra cui anche l’ex presidente Franjo Tuđman.
Nonostante questo, «l’estrema destra croata è da 15 anni che dichiara dappertutto, con pubblici manifesti, sui muri, sui giornali, che Gotovina e Markac sono eroi della patria». E oggi hanno un ulteriore legittimazione a farlo, perché qualche mese fa al processo d’appello i due generali sono stati scagionati per insufficienza di prove. Al loro rientro in patria, i croati li hanno accolti come eroi nazionali, con feste e acclamazioni. Qualche giorno dopo, il 29 novembre 2012, sulla pagina Wikipedia di Giacomo Scotti in lingua croata, compare un nuovo paragrafo: “Govor mržnje i propaganda” – “incitamento all’odio e propaganda”. Da quel momento in poi le minacce si fanno sempre più forti. Sul portale del settimanale ultranazionalista Hrvatski List, Scotti viene definito “il più grande nemico della Croazia al di qua e al di là del fiume Drjina” e per questo viene chiesta la sua epurazione, lustracija.
«Dopo la liberazione dei loro eroi popolari gli estremisti hanno indirettamente rivelato la loro essenza. Nella città di Vukorav, che è stata bombardata e quasi interamente distrutta nella guerra tra serbi e croati e poi reintegrata nella Croazia, nell’ultimo censimento del 2011, i cui risultati sono stati resi noti una poco tempo fa, c’è una presenza di serbi di oltre il 30%. Ebbene, in base alle leggi bisognerebbe ripristinare il bilinguismo, anche se la lingua è quasi la stessa. Però le scritte delle strade, delle scuole, degli uffici, devono essere per legge bilingue, cioè scritte sia nell’alfabeto cirillico che latino. È scoppiata una mezza rivoluzione: i croati si sono subito contrapposti e nelle dichiarazioni hanno detto: “per cosa abbiamo combattuto?”. Vale a dire “noi abbiamo combattuto per cacciare via i serbi e per sterminarli e oggi ce li troviamo di nuovo tra i piedi”. Sono loro stessi, quindi, a rivelare per quale motivo hanno fatto questa guerra».
È il 1991 quando la maggioranza serba dell’area compresa tra la Craina e la Slavonia si autoproclama Repubblica Serba di Krajina, staccandosi di fatto dalla Croazia. È il periodo della dissoluzione dell’ex-Jugoslavia, del riaccendersi del nazionalismo croato e dell’elezione nel 1990 di Tuđman, che vara una costituzione che indica la Croazia come “Stato dei Croati”, con l’inevitabile reazione dei serbi, che hanno sempre vissuto nel paese. È l’inizio di una guerra che dura fino al 1995, quando l’esercito croato, con il coinvolgimento del Pentagono americano, intraprende le operazioni militari denominate Fulmine e Tempesta, che portarono alla cancellazione della Repubblica Serba di Krajina e all’esodo in massa della popolazione serba. Si parla di centinaia di migliaia di profughi e migliaia di morti in pochi giorni, la più grande operazione di pulizia etnica della guerra balcanica.
Per circa 50 anni lo scrittore e giornalista ha vissuto su queste terre, vessate da nazionalismi di entrambe le parti, movimenti revanscisti e odio etnico. Per circa 50 anni ha diffuso la cultura slava in Italia, con traduzioni, saggi ed articoli. Ora non si sente più libero neanche ad uscire per strada: «Ormai faccio la spola tra Trieste e l’Istria, che è rimasta l’unica regione dove si può respirare, dove le forze dell’estrema destra non hanno mai vinto neanche le elezioni comunali e ancora c’è tolleranza etnica, un’attenzione plurilinguistica e multiculturale – è tutta un’altra atmosfera che si respira. Forse anche a Fiume, dove ancora la gente mi saluta». Dalla città di Fiume, Scotti aveva addirittura ricevuto un premio per l’opera omnia in letteratura e per “aver contribuito all’amicizia tra i popoli delle due sponde dell’Adriatico”.
Non è la prima volta che lo scrittore, nato a Saviano in provincia di Napoli, riceve minacce del genere. «Trent’anni fa avevo scritto un libro su ustascia, condannando i campi di sterminio gestiti da Pavelić, per ammazzare tutti coloro che non erano croati, con metodi molto peggiori di quelli dei tedeschi. Da allora, per loro, questa è la prova che io sono anti-croato». E chiosa: «Ma non sono dispiaciuto per le minacce, mi dispiace che queste persone mi accusino di essere irredentista, comunista, fascista. Sono di sinistra, sì, ma l’unica mia dottrina è quella di battermi per i più deboli e per le vittime, che siano vittime dei fascisti o dei comunisti, degli italiani, degli ustascia croati o dei tedeschi».