A metà tra lo psicologo e il confidente, il tassista milanese è uno dei più particolari animali metropolitani. Silenzioso, discreto, cortese al punto giusto, si rivela spesso una spalla di rango per affrontare conversazioni funamboliche, traffici sentimentali, piccole commissioni, incarichi di responsabilità (non richiesti). Questione di vita o di morte, in certi casi.
Disponibile in 6 mila e più varianti, misura il battito della città col suo tassametro, raccogliendo (sempre non richiesto) storie da capogiro che meriterebbero un libro, o quantomeno un’antologia. Pochi come lui hanno a che fare con i travagli dell’animo umano: giusto preti e medici, che però si muovono a piedi, con altra velocità. Nel suo confessionale di pelle sintetica entrano distinti borghesi, ubriaconi, amanti clandestini, cantautori e vip, criminali sulla breccia e sportivi in declino. Pochi resistono alla tentazione di attaccare bottone.
Intervistandoli, si ha la sensazione che ai tassisti piaccia parlare del proprio lavoro. Noi, comunque, li abbiamo sempre lasciati parlare fino alla chiamata radio della centrale operativa, affascinati e divertiti. Le cartoline che trovate qui sotto sono una sintesi della loro filosofia, comunque uno spaccato di mondo. Che altro? Rumba!
Nemmeno per cinquecento dollari
Dove la porto signora? A una veglia funebre!
Quella soubrette sul viale del tramonto…
La Nazionale val bene una messa
Il problema è che tu sei pauroso