«Milano è casa, è la mia culla, la mia fonte di ispirazione. Mi ha aiutato molto per scrivere le mie canzoni». È innegabile il legame tra il capoluogo lombardo e l’arte di Mahmood, nella vita Alessandro Mahmoud, il giovane 26enne vincitore del 69esimo Festival di Sanremo che, nato e cresciuto a Milano, nel quartiere Gratosoglio, ha sempre usato la città per comporre le sue canzoni, traendone delle preziose good vibes. Milano good vibes non è solo il titolo di una delle canzoni che compongono l’album Gioventù bruciata, ma anche dell’incontro di ieri sera al Rocket durante il quale il sindaco Beppe Sala ha intervistato il cantautore. Una location perfetta quella dei Navigli, perché luogo fisico che ritorna nell’arte di Mahmood. Ne Il Nilo nel Naviglio il ragazzo di Gratosoglio cerca il fiume egiziano nel corso milanese: sembrerebbe un grido di rimpianto e malinconia, ma Mahmood è italiano e scrivere delle sue origini – è nato da padre egiziano e madre sarda – è per lui uno sfogo, un racconto autobiografico che, però, non ne annulla l’italianità. «Dopo Sanremo mi sono sentito dare dell’immigrato, ma dagli adulti e non dai giovani che hanno, invece, una mentalità più aperta», ha commentato il cantante quando il sindaco gli ha chiesto quale aspetto di Milano sia necessario migliorare per i giovani. Mahmood: «I giovani hanno una mentalità più aperta degli adulti»«Sto dalla parte del diritto alla vita – continua – inteso in senso generale. Spero che in futuro ci possa essere un’attenzione maggiore su questo aspetto». Un «dovere morale» ha risposto il sindaco intervistato a sua volta da Mahmood per una breve battuta. Il cantante, infatti, applaudito dai giovani presenti, non ha esitato a chiedere come i ragazzi possano avere fiducia nel governo. «La politica – ha risposto Sala – deve essere capace di mettersi dalla parte delle persone. Io cerco di capire cosa pensano i miei concittadini. Per far sì che la politica sia vicina ai giovani e dia loro spazio provo a essere giovane anch’io, ma ho un’età che mi porta a occupare una posizione di tutor e guida». Per il sindaco Beppe Sala la politica deve avvicinarsi ai giovani e dar loro spazio

Tra i temi più importanti di cui, secondo il sindaco, non si parla mai ci sono la questione ambientale – rappresentata dalla sedicenne svedese Greta Thunberg, promotrice delle marce dei giovani per il clima e proposta come Nobel per la pace – e l’equità sociale: «Le due cose vanno a braccetto», ha commentato Sala.

Una gioventù, quindi, tutt’altro che “bruciata”, per citare il titolo dell’album di Mahmood che accomuna i temi delle sue canzoni e la folla che ieri ha riempito il Rocket. Ad accoglierlo c’erano bambini e adolescenti di ogni età che stringevano il suo cd in mano in attesa di un autografo: «Compravo sempre i dischi degli artisti che mi piacevano davvero», ha raccontato il cantante. Oggi, però, è proprio lui il ragazzo di cui i giovani comprano la musica: «La mia vita è cambiata radicalmente – risponde Mahmood – ovviamente in positivo. Era il mio sogno e poter promuovere le mie canzoni a chi viene agli instore è una grande gioia. Ho aspettato 26 anni questo momento, ora me lo voglio godere a pieno». «Ho realizzato il mio sogno e ora me lo voglio godere»

Aveva, quindi, torto Alessandro a scrivere Se sei un ragazzo ambizioso in un sistema corrotto/Non puoi fare il botto e non uscirne più sporco in Sabbie mobili: lui che ha scongiurato il rischio di rimanere impantanato in un sogno irrealizzabile è arrivato, perché «non bisogna pensare “non tutti ce la fanno” – ha replicato al sindaco contrario al buonismo gratuito –, ma piuttosto “non ce la fanno quelli che non ci credono abbastanza”».

Mahmood ci ha creduto ed è arrivato per merito, a suo dire, della periferia: «Sono di Milano sud – come scrive in Mai figlio unico, ndr – e trovo che questo mi abbia aiutato. In periferia nasce l’arte, ho molti amici competenti che non vengono dal centro», commenta il cantautore originario di un quartiere che è «sempre uguale negli anni, non è peggiorato». Il talento, però, non è prerogativa esclusiva del capoluogo lombardo: «Riconosco in Milano – ha aggiunto – un potenziale di ispirazione, ma l’arte non proviene solamente da qui. Semplicemente ci sono i mezzi utili e necessari. L’ispirazione, però, è anche fuori».

La creatività, infatti, per Alessandro è tanto milanese quanto egiziana, araba e sarda: è insulano «anche Salmo – ha ricordato – e a Napoli stanno emergendo molti cantautori capaci».

Tornando alla canzone che ha dato il titolo all’incontro, in Milano good vibes Mahmood scrive Togliamoci lo stress per la cattiveria che regaliamo/Giudicare il prossimo non ti rende un saggio, né un sultano/Sopravviviamo in una città arida dal mattino/Ma che sopravvivi a fare se vivere è un casino, un pensiero che sa un po’ di provocazione e un po’ di autobiografia. Alessandro, infatti, ama Milano, ma ammette che è diventato il Mahmood di oggi grazie alla periferia che garantisce quel “bellissimo deserto” della città tanto aperta e libera, quanto stressante e frenetica. Le canzoni del vincitore di Sanremo, quindi, ne rappresentano la vita e lo spirito, confermati dall’umiltà con cui si è presentato sul palco a parlare da giovane per e con i giovani. Così, il clima che si respirava ieri conferma il sogno futuro del cantante. Alla domanda “Come vedi Milano nel 2030?”, Alessandro non ha esitato a rispondere: «La immagino come la stiamo descrivendo, abitata da ragazzi che sanno dove mettere a fuoco le proprie energie. Una città semplice e ancora più aperta. Sono fiducioso, perché siamo sulla strada giusta».