Indipendenza si, ma non fuori dall’Europa. È la tesi del milanese Gianni Roversi, presidente di Pro Lombardia, movimento che punta a un riconoscimento continentale della Regione, nato nel 2011. Dalla vicenda del Veneto alla visione europea di indipendentismo, Roversi racconta l’attività sul territorio dei 300 attivisti aderenti al movimento, la loro visione sul destino della Lombardia e il fallimento delle proposte leghiste. Quello del movimento è un profilo molto simile ai casi della Catalogna e del National Scottish Party.

Che movimento è Pro Lombardia?

È un movimento che fa molta attività sul territorio. Quello che ci proponiamo è arrivare all’indipendenza della regione Lombardia. Siamo arrivati a 300 attivisti ma le nostre adesioni sono destinate a crescere. Dal 2011, dopo una iniziale diffidenza nei nostri confronti, siamo riusciti a sensibilizzare i nostri conterranei sulla questione. È stato difficile portare il tema nelle strade e nelle piazze, soprattutto perché avevamo una visione diversa da quella della Lega.

Dove ha sbagliato la Lega?

Non ha rispettato nessuno dei suoi punti programmatici e ha impoverito il dibattito. Mi sono avvicinato alla politica nel ’94, quando il Carroccio sembrava poter veramente dire la sua in tema di fiscalità e autonomia regionale. Da quell’anno in poi non abbiamo visto nessun miglioramento. Quello che cerchiamo di fare, con l’attivismo dei nostri ragazzi, è quello che avrebbe dovuto fare il partito dei vari Maroni, Bossi e Calderoli. Il fatto che lo stato maggiore del partito si sia affiancato alla causa della Serenissima è un segno che l’elettorato sta cominciando a guardare verso altre realtà politiche, più concrete e capaci di muoversi sul territorio.

La questione lombarda può prendere una svolta simile a quella veneta?

Il Veneto e la questione del “tanko” sono una cosa diversa. In Lombardia ci sono molti più abitanti e non dimentichiamo che la città di Milano è una realtà internazionale e contiene una pluralità di voci che implica un atteggiamento diverso. Il referendum è stato senz’altro un segnale del disagio della popolazione veneta. È questo che va colto nel gesto degli indipendentisti.

Perché dire sì all’Europa?

Per capire bene il perché dobbiamo essere in Europa possiamo guardare al nuovo slogan degli indipendentisti catalani: “Catalona, new state in Europe”. Ottenere l’indipendenza non vuol dire scavare un fossato intorno ai nostri confini. La crisi ha dimostrato come gli stati europei siano lenti e impacciati quando si tratta di gestire delle emergenze. Le regioni sarebbero più agili e potrebbero manovrare più facilmente, in autonomia, le loro risorse. Per questi motivi la Lombardia ha parecchie potenzialità inespresse. Tutto ciò non vuol dire che bisogna uscire dall’Euro. Siamo per una Europa dei popoli e delle regioni.

A quale area politica vi sentite più vicini?

Non abbiamo un’area di riferimento. Se vogliamo ottenere il nostro scopo dobbiamo arrivare al 51% degli elettori: non possiamo porci vincoli, qualunque essi siano. Questo riguarda anche la critica al governo degli enti locali. Se domani Ambrosoli fosse eletto presidente della Regione, per noi non cambierebbe niente. Perseguiremo ugualmente il nostro scopo.

Perché Pro Lombardia e non Pro Padania?

Il nome Padania rappresenta un’entità generica, nata più per allargare il bacino elettorale che per ottenere lo scopo dell’indipendenza. La Lombardia nasce in una maniera molto simile a quella dei cantoni svizzeri: è un patto difensivo che punta a mantenere il massimo delle autonomie locali, tutelandole. Si tratta di radici culturali ben definite e non di una creazione per la campagna elettorale.

È possibile un dibattito serio sull’indipendenza nel nostro Paese?

Purtroppo si tende a brutalizzarlo. Si è puntato per anni alla pancia della gente. A dimostrarlo è il fatto che ancora si fa confusione fra indipendenza, autonomia e federalismo. Sono tre cose differenti. Tutto ciò è dovuto ad una sintesi estrema che è servita solo a confondere le idee dei cittadini. Ora, sentendo la parola indipendentismo, volgono tutti lo sguardo altrove.