L’avvertimento è decollato da Conway ed è atterrato a Bruxelles. Sotto forma di aneddoto, dal palco in cui ha tenuto un comizio elettorale in South Carolina, Donald Trump l’ha recapitato ai quartier generale della NATO e dell’Unione Europea. «Signore, se non paghiamo e veniamo attaccati dalla Russia, lei ci proteggerà?», gli avrebbe domandato, sentendosi tra le mire di Vladimir Putin, un capo di stato o di governo di un «grande Paese», presumibilmente, aderente al Patto Atlantico e bagnato dal mar Baltico. La sua replica sarebbe stata: «No, non vi proteggerò. Anzi, li incoraggerei a fare quello che diavolo vogliono. Dovete pagare».

Trump vs Nato

Il quarantacinquesimo Presidente degli Stati Uniti ha inscenato una conversazione per ribadire l’intenzione di frantumare i legami con l’Alleanza atlantica – che sta preparando il suo settantacinquesimo compleanno (4 aprile) – e l’Unione Europea, se rientrerà alla Casa Bianca. Se si concretizzasse, come desidera dalla sua prima campagna elettorale per le elezioni presidenziali (2016), ricadrebbe sui rapporti con gli Stati del blocco occidentale, inclusi i 27 appartenenti all’UE, che sarebbe sprovvisto dell’ombrello nucleare di Washington. Li contesta – in alcuni casi a ragione – di non contribuire alla spesa per la difesa con il 2% del Prodotto Interno Lordo (PIL), che – secondo le stime – l’anno scorso è aumentata.

 

Al momento, solo 11 su 31 sono in linea con l’obiettivo del 2%, come è stato stabilito nel vertice dell’organizzazione, a Newport, nel 2014; i restanti, con scadenze differenti, dovranno raggiungerlo. Entro il 2025, la Francia; tre anni più tardi, l’Italia. The Donald, in più, sostiene che il comportamento dei membri della NATO stia costando «un sacco di soldi» alla Nazione per proteggerli, che è seconda per la spesa in rapporto al PIL, alle spalle della Polonia.  

 

La sua opinione sull’impegno statunitense nell’Alleanza atlantica e sui legami con l’Unione Europea, che cozza con quella dei suoi concittadini, non è riducibile solo alla questione economica. Lo spiega, a Magzine, David Bachman, professore della Scuola di Studi Internazionali “Henry M. Jackson” dell’Università di Washington: «Trump vede la NATO potenzialmente trascinare gli Stati Uniti in una guerra con la Russia. Ha una vena isolazionista, e non vuole vederle il Paese sfruttato, dal suo punto di vista. La sua “strategia” è avere la massima libertà d’azione per stringere accordi con gli altri, in particolare con i leader autoritari che, si presume, possano richiedere l’approvazione parlamentare o congressuale delle azioni esecutive in modi diversi dai sistemi politici democratici».

Alla presidenza, e al comando del personale militare più vasto al servizio della NATO (1,35 milioni) schierato anche in Italia, Trump dovrebbe affrontare un ostacolo che gli impedirebbe di concretizzare la sua aspirazione, come è accaduto nel suo primo mandato (2017-2021): «Ha già fatto i conti con molte resistenze nella sua scorsa amministrazione all’idea di lasciare l’Alleanza atlantica. Questa volta, tuttavia, ha promesso di mettere solo persone “leali”. Ma il Congresso ha approvato una legge secondo la quale dovrebbe ottenere la sua approvazione per abbandonarla. Sebbene ci sia il caso della Corte Suprema, Goldwater contro Carter (1979, ndr), che ha stabilito che il Presidente ha il diritto di ritirare il Paese dai trattati», ricorda Bachman.

 

 

L’assist all’Unione Europea

A Bruxelles, il progetto del 45° Presidente degli Stati Uniti è noto. Nel quadriennio in cui l’UE si è dovuta misurare con l’inquilino della Casa Bianca, che l’ha inserita nella lista dei «nemici», le collisioni sono state continue, soprattutto, nel settore commerciale. Questa volta, però, la contesa potrebbe non essere il conto delle esportazioni e delle importazioni, bensì la collaborazione sulla sicurezza e la difesa. I dazi, dunque, non sarebbero la soluzione.

Le parole di Trump hanno rispolverato un proposito nell’agenda dei 27: l’esercito europeo. È discusso, dal 2013, nell’ambito dell’«autonomia strategica europea» e, nei giorni scorsi, è riapparso nelle dichiarazioni e nei tweet dei rappresentanti sia delle istituzioni comunitarie, come Charles Michel (presidente del Consiglio europeo), sia dei governi nazionali, tra i quali Antonio Tajani (ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale). Incoraggiati, oltreché dal proseguo del conflitto tra l’Ucraina – finanziata e armata – e la Russia che ha comportato l’incremento record della spesa militare nell’UE (+6%, 240 miliardi), dallo scenario in cui le oltre 65mila truppe a stelle e strisce – se sono aggiunte 20mila dall’invasione russa –  fossero ritirate dall’Europa.

«L’esercito europeo è un progetto indispensabile. La difesa europea serve a restituire una sovranità ai cittadini. All’inizio sarà duale, con una piccola forza europea e una capacità di coordinamento delle forze militari nazionali. Permetterà l’aumento della capacità di difesa, la possibilità di contribuire alla stabilizzazione dell’area di vicinato e l’impatto positivo sull’innovazione industriale. Potrà essere la gamba europea della NATO, trasformando l’Alleanza atlantica in una “equal partnership” che permetterebbe di rafforzare l’Europa e l’Occidente di fronte alle sfide attuali», sottolinea, a Magzine, Roberto Castaldi, politologo e direttore di CesUE ed EURACTIV Italia.

Al completo, l’esercito europeo potrebbe schierare 1,3 milioni di militari (1,4 sono quelli statunitensi), ma sta incontrando delle opposizioni. Le hanno espresse, per esempio, i ministeri della Difesa spagnolo («L’idea è irrealistica o insostenibile nel prossimo futuro») e danese («La difesa rimane una questione di sovranità nazionale»). E le conferma Castaldi: «Le resistenze sono di varia natura. C’è chi teme di indebolire la NATO e chi di dover “cedere” la sovranità nazionale sulla difesa. Ma la difesa europea non comporta conseguenze negative strutturali, solo costi di aggiustamento. E le difese nazionali sono inutili e uno spreco perché gli Stati dell’UE insieme hanno la seconda spesa militare mondiale, senza alcuna capacità di deterrenza, e spendono circa il 35% degli Stati Uniti con una capacità del 10%».

La minaccia di Trump potrebbe trasformarsi in una condanna o in un’opportunità per l’Unione Europea.