Ci si sente infimi, impotenti, di fronte alle notizie di esplorazioni su Marte, scoperte nella Via Lattea, studi sui buchi neri. Questo senso di piccolezza si ingigantisce se si aggiunge la possibilità di accedere ad altre dimensioni attraverso la tecnologia. Da quando è stato lanciato il metaverso nell’ottobre 2021 da Mark Zuckerberg, le reazioni sono state molteplici e contrastanti soprattutto perché è difficile dargli una definizione conclusiva. Ma tutti, in un modo o in un altro, hanno tentato di entrarci e di adattarsi, annaspando per rivendicare il proprio spazio.

Dopo l’esperienza dello scorso anno, Decentraland, una piattaforma di realtà virtuale scaricabile sia su Windows che su Apple, ha provato a rilanciare la seconda edizione della Metaverse Fashion Week, dal 28 al 31 marzo. Per il gran finale, Over, un’altra piattaforma (tutta italiana) di realtà aumentata, renderà l’evento ibrido attraverso uno spazio allestito in piazza Duomo a Milano che verrà inaugurato oggi pomeriggio alle 16, pensato in collaborazione con Gucci e Balmain, due dei marchi che nell’ultimo anno hanno investito seriamente nel metaverso.

Rispetto all’edizione precedente, quando ancora non erano ben chiare le intenzioni né il concetto stesso di metaverso, l’idea di quest’anno è una grande fiera dove, all’interno dei propri padiglioni, i brand preferiscono organizzare diverse esperienze da vivere piuttosto che una lunga serie di sfilate per mostrare le nuove collezioni. Si rende esplicito l’enorme valore aggiunto del metaverso se l’industria della moda iniziasse a investirci seriamente.

A Milano va in scena per il secondo anno consecutivo la Metaverse Fashion Week, nata per incuriosire i “perrennials”: dentro lo spazio virtuale, brand di lusso come Balenciaga, Dolce&Gabbana, Bolt e Balmain propongono collezioni e linee create appositamente per l’evento. Ma non solo: il metaverso consente di giocare con linee, stili e identità possibili, lontane dal nostro corpo (e carattere) reali

“Fin dalla notte dei tempi, l’essere umano si veste in un certo modo per due motivi: per allinearsi alla società, al gruppo sociale a cui si vuole appartenere, oppure per fare l’esatto contrario, per distinguersi dalla massa”. Valeria Volponi, autrice di Moda e Metaverso. Costruire identità di marca tra NFT, communities e social commerce (2022, Franco Angeli Milano), inizia così il suo discorso. “Se questa esperienza nel mondo reale è già particolarmente interessante, perché ci sono miliardi di possibilità per esprimersi in un certo modo, nel metaverso questo numero diventa infinito”. Oltre alle possibilità che già esistono fisicamente si aggiungono anche quelle dell’avatar. Per accedere a Decentraland e agli eventi organizzati per la Metaverse Fashion Week, è necessario registrarsi (anche come ospite, quindi senza pagare) e creare un proprio alter ego digitale, a propria immagine e somiglianza, oppure completamente opposto, scegliendo fra diversi tipi di corpi, occhi, capelli, bocche, vestiti. “Io non vestirei mai Balenciaga. Sono un tipo molto più classico. Ma, per poter entrare in una determinata situazione, per esempio nella front row di una delle sfilate del metaverso, decido di riprodurre uno degli outfit delle Kardashian che nella vita reale non indosserei mai. Ma alla fine cosa mi cambia?”. Essendo un universo virtuale, lontano ed esteso, per il momento non è nemmeno rischioso. Continua Volponi: “Il concetto di identità, di corpo, di razza, di disabilità, viene continuamente ridefinito in un universo dove tutto è possibile. Poiché ognuno può scegliere il proprio avatar, può scegliere come e da chi farsi rappresentare”.

Che cos’è, quindi, il metaverso?

Se vogliamo provare a dare un confine di massima, il metaverso è un sistema interamente virtuale di universi all’interno dei quali si potranno vivere esperienze che nel mondo fisico non potrebbero avvenire e in grado di dialogare l’uno con gli altri così da poter passare dall’uno agli altri senza problemi. Ma il grande problema che ci troviamo ad affrontare – tutti noi, consumatori finali e aziende – è proprio cercare di capire dove siamo ora per prevedere dove e in che modo si potrà evolvere il futuro. Quindi, la domanda dovrebbe essere: “Che cos’è il metaverso in questo momento?”. 

Che cosa potrebbe diventare?

Essendo un universo dove esperienze che non sarebbero possibili nel mondo fisico sono rese invece possibili, immersive e impattanti, le potenzialità di espansione sono infinite. Dipende dallo sviluppo della tecnologia e potrebbero esserci elementi come profumi, sapori, possibilità di avvertire il tocco di un’altra persona .

Come si inserisce il settore moda in un universo come questo?

Stando a queste risposte e alle precedenti affermazioni, la moda, intesa come espressione del proprio sé, trova nel metaverso uno strumento dalle potenzialità enormi. Ma finora in pochi hanno capito come utilizzarlo. Stando ai dati dello scorso anno, tutti più o meno hanno cercato di inserirsi, sia brand di lusso sia quelli fast fashion. Adesso c’è stata un po’ di selezione naturale: chi continua a investirci è perché veramente ci crede e ha capito che il metaverso non può essere un copia-incolla di tutte le altre situazioni che esistono già . Oltre al fatto che i consumatori sono sovrastimolati dai negozi fisici, l’e-commerce, il marketplace, i social, il metaverso è altro. Bisogna pensare a un team dedicato che si occupa di uno storytelling diverso. Altrimenti perché venirci?

Qualche esempio?

Gucci ha creato un metaverso proprio, chiamato Bolt, dove all’interno ci sono prodotti realizzati esclusivamente per questa piattaforma. Balmain ha creato una collezione in collaborazione con Barbie di abiti e accessori acquistabili attraverso Nft. L’anno scorso la collezione Genesi di Dolce&Gabbana è andata sold out in meno di un’ora ed è stata venduta all’asta per quasi sei milioni di dollari. La richiesta è una: vendimi qualcosa di unico, che non trovo da nessun’altra parte. Io lo compro, me lo tengo lì e poi magari un domani avrà un valore inestimabile .

Si può definire un target?

A livello di età, no. Il metaverso fa cadere le categorizzazioni classiche. Non si limita alla generazione Z. Anzi, sono i cosiddetti perennials, cioè un gruppo di persone trasversali che va dai 15 ai 75 anni accomunate dalla curiosità, dall’apertura mentale e da un certo tipo di approccio, anche globalizzato, al consumo .

Ci sono stati dei risultati concreti finora?

A livello di risultati economici, è molto difficile sia perché i dati non sono pubblici sia perché, secondo me, il metaverso in moda non può e non deve limitarsi a questo. Il mercato ancora non è abbastanza maturo. Per il momento mi interesserebbe di più capire che tipo di sentimento generano le campagne che vengono lanciate dentro il metaverso . Ho catturato la tua attenzione? L’hai trovata veramente diversa? Torneresti per vedere altro?

Potrà mai la Metaverse Fashion Week arrivare al livello di una settimana della moda fisica?

Secondo me, no. Invece, dovremmo chiederci: perché dovrebbe farlo? Rimarrà una esperienza di nicchia, ma giustamente anche perché raccoglie investimenti che sono più ridotti. Invece, credo che diventerà sempre più interessante, unico e diversificato. Per esempio, non credo affatto a chi dice che un domani vivremo solo nel metaverso. Il metaverso non nasce come una sostituzione della vita reale ma è un’integrazione. Sarebbe molto più interessante se le due esperienze si affiancassero, ma ognuna con la propria identità.