Il calcio fa sognare. Dietro a un pallone ci sono storie di vita e di speranza. Come quella di Fatim, una giovane ragazza del Gambia scappata dalla sua Africa per cercare un futuro migliore in Europa. Un futuro che purtroppo non ha mai raggiunto perché il barcone su cui viaggiava non ha mai toccato le coste dell’Italia. Il calcio le ha permesso di scoprire il mondo, di vedere cosa c’è fuori dal suo Paese. La giornalista e docente Mariangela Maturi, autrice di progetti di giornalismo sulle donne nello sport che hanno dato vita a produzioni per BBC e Al Jazeera English, ha raccolto la sua storia, l’ha raccontata e ha ripercorso il suo viaggio dal Gambia alla Libia nel suo libro, edito da San Paolo, “Solo un passo per spiccare il volo. Storia di Fatim: il sogno spezzato di una promessa del calcio”.

Com’è nato questo libro?

L’idea parte da un progetto più ampio che ho fatto con due colleghe. Avevamo avuto un finanziamento dallo European Centre e ci occupavamo di calcio femminile in giro per il mondo. L’intento era raccontare le contraddizioni e gli stereotipi che ci sono attorno a questo mondo. Siamo andate in vari Paesi: Danimarca, Brasile e Gambia. La nazione africana l’abbiamo scelta per la storia di Fatim perché ritengo sia emblematica. La sua è una storia non solo di calcio, ma di migrazioni e purtroppo anche di dolore. Abbiamo quindi visitato il Gambia dove la sua famiglia e le sue amiche hanno ricostruito la sua storia. Noi abbiamo poi cercato di ricostruire il percorso che ha fatto per scappare dal suo Paese.

Qual è la storia di questa ragazza?

Fatim era appassionata di calcio. Suo fratello ci ha detto che, per esempio, usciva di casa in abiti tradizionali, ma sotto aveva sempre nascosta la divisa e i pantaloncini, pronta a giocare da un momento all’altro. Trova posto in una squadra locale in cui lei inizia ad allenarsi. Il campo in realtà è uno spiazzo nel mezzo della città ed è pazzesco perché durante la partita passano ogni tanto delle macchine e loro si devono fermare. Poi succede un piccolo miracolo: queste ragazze riescono a qualificarsi ai mondiali under 17 in Azerbaijan. Questo risultato consente loro di viaggiare e uscire dal Gambia. È un sogno, Fatim si trova in un vero stadio a giocare una vera partita.

E poi cosa è successo?

Quando torna in Gambia la situazione è sempre la solita e lei soffre, nonostante la sua famiglia assecondasse la sua passione per il calcio. Tutto questo, però, non le basta e decide di partire per l’Europa per poter realizzare il suo sogno: diventare una calciatrice. Fa tutto di nascosto, non dice nulla a nessuno. Dal Gambia si sposta in Senegal e fa tutto il percorso che la porta fino alla Libia, un’esperienza devastante. Nella nostra ricostruzione piano piano si perdono sempre di più le sue tracce, come spesso accade in questi casi. Con la sua famiglia ci sono solo dei contatti molto veloci. Io e le mie colleghe siamo riuscite a trovare una testimonianza fondamentale: un ragazzo l’ha vista partire dalla Libia su un barcone che è poi naufragato, senza mai raggiungere l’Europa.

Questa storia risale al 2016, uno degli anni di picco delle migrazioni, e sembra più che mai attuale dopo quanto successo nelle ultime settimane.

Questa è solo una delle tante storie, lo dico sempre. Sentirla e raccontarla nei luoghi in cui è successa è molto diverso rispetto a leggerla su un quotidiano. Solo così possiamo capire quanto sono vicine a noi perché sono fatte di sogni, desideri, volontà e anche purtroppo di disgrazia e sfortuna.

Come è riuscita a ricostruire tutta la vicenda? 

È stato essenziale andare in Gambia. Lì abbiamo parlato con tutti quelli che hanno avuto contatti con lei prima della partenza. Infatti metà del libro è ambientato in Gambia, dove si racconta la sua vita prima di partire, mentre l’altra metà è dedicata al viaggio. Suo fratello è stata la persona che più di tutti ci ha aiutato e ci ha spiegato i momenti in cui lui ha avuto la percezione che sarebbe potuta partire, ma a cui non ha dato abbastanza peso. Una volta lei e una sua amica gli hanno chiesto un aiuto per scappare, ma lui ha risposto ad entrambe che erano matte e pensava non l’avrebbero mai fatto. Quando gli hanno detto che Fatim era sparita, se ne sono accorti perché lei non stava andando agli allenamenti e nella sua squadra sono molto rigorose. Notano che le sue scarpette sono rimaste al campo e allora iniziano ad allertarsi.

Il calcio fa sognare. Dietro a un pallone ci sono storie di vita e di speranza. Come quella di Fatim, una giovane ragazza del Gambia scappata dalla sua Africa per cercare un futuro migliore in Europa. Un futuro che purtroppo non ha mai raggiunto perché il barcone su cui viaggiava non ha mai toccato le coste dell’Italia

A quel punto cosa è successo?

In Gambia abbiamo scoperto che solo una ragazza sapeva sarebbero partite di nascosto ed è l’unica che le ha salutate. Fatim infatti è partita con una sua amica che però non giocava a calcio. Questa giovane gambiana ci ha aiutato a capire i suoi spostamenti e la rotta che aveva fatto. In Libia c’è stato un contatto con la sorella perché le avevano rubato il cellulare e le hanno chiesto dei soldi. Poi sempre lì c’è stato il contatto con il ragazzo che ci ha aiutato a ricostruire i momenti finali.

Com’è stato l’incontro con amici e familiari?

Molto toccante e secondo me è una delle cose più delicate del giornalismo. Quando si ha a che fare con certe storie bisogna ricordarsi che si toccano le vite e i sentimenti più intimi e profondi delle persone, per cui vanno trattati con estrema delicatezza. Non bisogna dimenticare che stiamo chiedendo a queste persone di aprire il proprio cuore e raccontare una delle cose più dolorose della loro vita: in quel momento bisogna dimostrare di saper fare il proprio lavoro. È poi importante verificare tutto ciò che viene raccontato, non basta esercitare una certa sensibilità, ma bisogna anche essere certi di quello che si scrive.

Come mai ha scelto il titolo “Solo un passo per spiccare il volo”?

Siamo partiti dal fatto che lei giocava in porta. Il portiere salta ed è come se spiccasse il volo. Allo stesso tempo però volevamo dare l’illusione che bastasse un passo in avanti per poter spiccare il volo anche nella vita, anche se purtroppo non basta solo quello. Un altro punto importante è il coraggio: volevo mettere in luce la sua voglia di emergere, di fare quello che voleva davvero, un tentativo fortissimo di cercare una vita migliore.

Visto che ha visitato il Paese, ci può raccontare com’è il Gambia?

Al momento non è in guerra, ma ha avuto comunque delle tensioni politiche e ha un sistema politico molto complesso. Il popolo gambiano è stato estremamente accogliente, Moltissimi giovani abbandonano il Paese per cercare un futuro migliore. Per esempio, il ragazzo che ha conosciuto Fatim in Libia ci ha raccontato che quello non era il primo tentativo di raggiungere l’Europa e che l’avrebbe rifatto ancora, pur di dare un futuro ai suoi figli.