Il calcio è diventato negli ultimi anni un business di dimensioni colossali. Le squadre sono ormai delle vere e proprie aziende, gli investimenti hanno delle cifre nemmeno immaginabili e l’obiettivo è solo uno: mettere in bacheca il maggior numero di trofei possibili. Per farlo i soldi però non bastano: servono ottimi dirigenti che sappiano gestire al meglio il budget a loro disposizione, grandi allenatori e, naturalmente, giocatori forti. Sembrerebbe però che nella ricerca del successo e della perfezione ci sia un nuovo attore: l’intelligenza artificiale. La tecnologia sta infatti venendo in aiuto dei club in molteplici aree. 

Una prima applicazione: gli expected goals 

«C’è un percorso di maturazione dell’applicazione dei numeri nel mondo del calcio, dagli inizi in cui si applicavano soltanto delle tecniche contabili fino ad oggi dove ci sono delle statistiche molto più avanzate». Così racconta Gian Marco Campagnolo, docente di Science & Technology Studies presso l’Università di Edimburgo e autore del libro “Calcio e intelligenza artificiale. Che cos’è la football data analysis”. Quando al giorno d’oggi si sente parlare di AI applicata al pallone si fa riferimento «a tutte quelle metriche che iniziano con expected: expected goals, assists, eccetera – continua – gli expected goals oggi vengono sempre di più utilizzati dai media e dagli addetti ai lavori; gli allenatori a fine partita si giustificano spesso per un risultato negativo dicendo che, statistica alla mano, lo score finale doveva essere diverso». Cosa sono quindi gli expected goals? Come spiegato da Campagnolo, non sono altro che le probabilità che un tiro verso la porta si trasformi in rete: vengono analizzati centinaia di migliaia di tiri in situazioni, posizioni, angoli e distanza simili assegnando una certa percentuale di successo. 

Liverpool: il segreto è anche la data science 

La più recente applicazione dell’intelligenza artificiale nel calcio arriva direttamente dall’Inghilterra e dal Liverpool. I calci d’angolo sono infatti l’oggetto della collaborazione tra i Reds e i ricercatori del laboratorio di intelligenza artificiale DeepMind di Google. Il progetto prende il nome di TacticAI e l’obiettivo è sviluppare schemi e tattiche efficaci sui corner. La tecnologia è in grado di prevedere tre situazioni: quale giocatore ha più probabilità di ricevere la palla, la possibilità di un tiro in porta e le posizioni che i calciatori devono tenere per aumentare o diminuire la probabilità di un tiro verso lo specchio. Il sistema in dotazione ai Reds è stato addestrato su un dataset costituito da più di settemila calci d’angolo effettuati nelle sole partite di Premier League. Nel concreto sono stati ascoltati i consigli dell’intelligenza artificiale? Sembrerebbe di sì: secondo lo studio, lo staff di Jurgen Klopp ha preferito le indicazioni di TacticAI nel 90% dei casi.

Campagnolo non sembra però troppo entusiasta del progetto: «I corner sono dei calci piazzati e quindi sono dei problemi meglio definiti di un gioco in con 22 calciatori in movimento, è un po’ una delusione per me vedere delle menti così brillanti in ambito AI lavorare solo sui calci d’angolo come caso di studio principale – prosegue – vanno anche contro l’ambizione originaria dell’intelligenza artificiale che è capire il calcio più complesso». Nonostante i dubbi sulle recenti collaborazioni, l’esperto indica il reparto di data science del Liverpool che «ha raggiunto dei risultati davvero importanti ed incoraggianti per quanto riguarda lo scouting dei giocatori nonché dello stesso allenatore». La storia con cui Jurgen Klopp è arrivato a sedersi sulla panchina dei Reds ad ottobre 2015 (la lascerà al termine di questa stagione) è legata proprio all’analisi dei dati. Campagnolo racconta infatti che il tedesco fu assunto dopo una stagione molto deludente al Borussia Dortmund: il reparto di data science ha però consultato gli expected points (statistica in grado di dire cosa succederebbe se una partita venisse giocata 10mila volte) con i quali, al netto di un girone d’andata in campionato al di sotto delle aspettative, sarebbe stato secondo in classifica, decidendo così di portarlo in Inghilterra. Il resto è storia: una Champions League vinta nel 2019 (per non contare le due finali perse nel 2018 e nel 2022), una Supercoppa europea, un Mondiale per Club, una storica Premier League e molte altre coppe nazionali. 

Il metodo Moneyball

Il terreno di gioco dove l’intelligenza artificiale viene maggiormente utilizzata è quella del calciomercato e dello scouting. A giugno 2023 il Milan aveva messo alla porta i suoi dirigenti dell’area sportiva Paolo Maldini e Frederic Massara e li aveva poi sostituiti con Moneyball, un algoritmo che analizza e incrocia i dati di tutti i giocatori: statistiche, caratteristiche fisiche e possibilità di adattamento in un nuovo contesto tattico e ambientale. Il sistema nacque in uno sport diverso dal calcio, il baseball: Billy Beane lo brevettò per gli Oakland Athletics e fu un autentico successo. Oggi, quindi, chi si occupa di mercato ha un nuovo alleato che sostituisce i vecchi metodi di ricerca e osservazione di nuovi giocatori da ingaggiare. 

Secondo Campagnolo, un sistema come Moneyball rappresenta in Italia una grande sfida: «Abbiamo una grande tradizione di videoanalisi tattica. Prima che esistessero gli expected goals, il video era la possibilità più avanzata possibile per avere un resoconto oggettivo della partita – aggiunge – nel mio libro propongo che queste nuove metriche non vengano percepite come separate dalla tradizione di videoanalisi ma che si cerchi di capirne le complementarità». Affinché Moneyball sia efficace, per Campagnolo deve esserci «un rapporto più fluido e possibile fra la comprensione numerica e quella visiva del fenomeno calcio». 

Scouting e intelligenza artificiale trovano un punto di incontro in Ai Scout, una piattaforma di scouting calcistico basata sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale fondata nel 2018 dall’inglese Darren Peries. Ai Scout valuta gli atleti attraverso un’analisi delle loro abilità tecniche, atletiche e biomeccaniche. È attraverso il sistema di punteggio con il quale vengono classificati i calciatori che Ai Scout riesce ad indicare ai club l’investimento più adatto in base ai parametri precedentemente indicati. In Premier League, sono già due le squadre che hanno avviato una partnership con Ai Scout per il proprio settore giovanile: il Chelsea e il Burnley. A maggio 2023, invece, è arrivato il comunicato che annunciava l’inizio della collaborazione tra la piattaforma inglese e la MLS, il campionato di calcio statunitense. 

«Il discorso scouting è quello veramente un po’ più promettente nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Immagina di avere un’infinità di giocatori che puoi profilare secondo alcuni criteri di performance, come nel caso di Ai Scout. Ti dà il grande vantaggio di facilitare il compito estremo di un osservatore che è quello di andare a trovare i talenti. Da mille te li puoi far scalare a cento, successivamente a dieci. Ti crea una short list. E poi, a quel punto, interviene l’occhio, il giudizio umano, e dai dieci che sono stati selezionati vai a scremare sulla base dell’osservazione e di altre valutazioni», continua Campagnolo. 

«Diciamo che lavorando su grandi moli di dati ci sono meno dubbi sull’efficacia dell’intelligenza artificiale nel calcio. Il dubbio rimane sulla possibilità di scardinare la conoscenza tattica o nell’aiutare nella preparazione di una partita e nella comprensione tattica dell’avversario. Noi dobbiamo cercare di capire se l’intelligenza artificiale è veramente capace di capire il gioco del calcio, senza limitarci alla profilazione dei giocatori o all’analisi dei corner». 

Il calcio ha davvero bisogno della tecnologia?

Una domanda, però, sorge spontanea. Può esistere un calcio moderno senza tecnologia di qualsiasi genere? E soprattutto, come fa notare Campagnolo, «il calcio era davvero così disastroso da avere la necessità di adottare degli algoritmi di deep learning di questo potenziale? Io non credo. Si è andati in questa direzione perché il calcio ha una caratteristica unica, che è quella di essere un sport in cui si segna poco. In media si fanno solo due e mezzo punti a partita, lo score non rappresenta la performance, motivo per cui il calcio è lo sport in cui, in media, la squadra più debole vince più spesso. Nel tennis, così come nel basket, la numerosità dei punti è tale che ci sia una correlazione diretta con il punteggio finale di una partita. Nel calcio, gli algoritmi hanno cercato di risolvere questa limitazione e proporre una misura, come ad esempio quella degli expected goals, che sia più correlata alla reale performance di una squadra».

Come la tecnologia potrebbe aiutare il calcio femminile 

Forse non tutti lo sanno, ma il calcio femminile è da anni tormentato da una piaga, quella della lesione al legamento crociato anteriore del ginocchio. Nelle ultime stagioni, tantissime calciatrici hanno dovuto farci i conti, mettendo anche a rischio la propria carriera. «Si tratta di un infortunio che ha tolto un numero impensabile di campionesse dall’ultimo mondiale di calcio femminile», spiega Campagnolo. «C’è bisogno che la tecnologia venga in aiuto nella comprensione di questa piaga, ma purtroppo, ad oggi, nel calcio femminile non ci sono dati, il che rende impensabile un’applicazione dell’’intelligenza artificiale in tal senso. Nel mondo maschile, i dati si sono cominciati a raccogliere dagli anni ’90. Nel calcio femminile sono solo, se esageriamo, cinque gli anni in cui i dati sono di una quantità sufficiente. Una sfida che, da questo punto di vista, il calcio femminile lancia all’intelligenza artificiale è quella di cercare di capire come non sia solo la quantità di dati ad essere il criterio di base su cui si fonda la sua affidabilità dell’intelligenza artificiale, ma anche la qualità dei dati raccolti».

Il caso Football Intelligence

Se si parla di big data e della loro applicazione nello sport, non si può non nominare Football Intelligence, una realtà tutta italiana «nata dall’idea di un mio ex studente, Filippo Pauciullo, che mi propose, insieme a Bernardo Corradi, di iniziare un progetto sull’utilizzo dei dati nel mondo dello sport, in particolare del calcio», ci racconta Gianpiero Cervellera, fondatore dell’azienda. «Qualche anno fa eravamo agli inizi della rilevazione dei dati post partita: noi volevamo rendere quei macro dati utili a chiunque volesse analizzarli, studiarli, sintetizzarli per trarne vantaggio competitivo. La nostra mission è trasformare le statistiche prodotte nel mondo dello sport in informazioni utili agli allenatori ed i propri staff». 

Ma di cosa si occupa, nello specifico, Football Intelligence? «Analizziamo dati sportivi tramite algoritmi ed intelligenza artificiale allo scopo di aiutare gli addetti ai lavori nell’analizzare le proprie performance per un miglioramento continuo. Per il calcio abbiamo rapporti sia con gli staff, sia con i calciatori, sia con le direzioni sportive: per i primi due analizziamo performance e avversari per studiare o preparare le partite, con le direzioni sportive operiamo come un area scouting alla ricerca del giocatore obiettivo che possa aumentare il valore della squadra», continua Cervellera. «Siamo una tra le poche aziende che ha un sistema di valutazione del calciatore in grado di dare un valore economico reale tarato secondo le performance, la carriera, gli infortuni». 

Secondo Cervellera, il calcio moderno non può prescindere dall’uso della tecnologia di ultima generazione «come supporto per aumentare la competitività di chi la utilizza. La tecnologia non è la soluzione, ma un supporto guidato dall’uomo che può aiutare a vincere».