Milano, 1974. Sono anni di shock petrolifero, i rifornimenti di greggio non sono più garantiti in modo sicuro e a prezzi contenuti, così la città sperimenta le domeniche senza macchine e i milanesi si riappropriano delle piazze e degli spazi pubblici.

Proprio quell’anno nasce il Boscoincittà, il parco alla periferia ovest di Milano. «In quegli anni – racconta Luisa Toeschi, Presidente Italia Nostra Nord Milano – tutte le raffinerie attorno a Milano funzionavano 24 ore al giorno, con grave inquinamento dell’aria. Il verde poi era considerato il tallone d’Achille del capoluogo lombardo. Eravamo all’ultimo posto in Europa come dotazione di verde pubblico. Un giorno, noi di Italia Nostra, decidemmo che protestare e promuovere campagne su questi due grandi temi ambientali non bastava più. Era arrivato il momento di rimboccarsi le maniche e realizzare un grande polmone verde in città. Così, giovani, entusiasti e incoscienti, scrivemmo una lettera al sindaco Aldo Aniasi: se il Comune avesse assegnato a Italia Nostra un terreno in comodato d’uso, già destinato a verde pubblico, noi ci saremmo impegnati a piantarlo su un progetto approvato dal Comune e lo avremmo restituito alla città trasformato in parco».

L’inizio è stato tutto in salita. «La prima cosa che i visitatori chiedevano era “ma dov’è il bosco?”, perché era veramente una landa desolata. La prima area che ci è stata assegnata era molto piccola. Abbiamo piantato un vivaio di 15.000 piantine alte 30 centimetri dove prima non c’era nulla. Si trattava di un luogo di sfasciacarrozze abusivi da cui si portavano automobili rubate. Prima si è dovuto fare molta pulizia e risolvere situazioni di profondo disagio. Poi il Comune ci ha concesso un altro terreno con una cascina, e una dote per avviare i lavori di restauro di quello che era in realtà un rudere in rovina e di sviluppo del parco.

Quattro decenni, sette km di rogge, canali e fontanili, 200 parcelle di orti urbani e 120 ettari di terreno dopo, Boscoincittà è diventato un modello da esportare. «Oggi il parco è diventato una meraviglia, un pezzo di Scozia a Milano. Nel tempo abbiamo creato una solida rete di volontari, ognuno col suo compito specifico. Alcuni vengono solo nelle domeniche di lavoro al parco, altri vengono tutte le settimane, altri ancora stanno tutto il giorno, perché uno spazio così grande e curato ha bisogno di attenzioni costanti. Trenta volontari, guidati da un tecnico, curano il giardino d’acqua, un’area interna con stagni, ninfee e piante acquatiche, e altri venti curano il frutteto. Organizziamo passeggiate nella natura, corsi di orticoltura e apicoltura, pic nic e animazione per 5.000 bambini delle scuole. Un parco di questa ampiezza e gestito con questa professionalità senza interventi dell’ente pubblico non esiste da nessun’altra parte, né in Italia né all’estero».

Il parco ha appena compiuto 40 anni ma non vuole smettere di crescere. «L’obiettivo è una bella triplicazione del verde nella sola zona ovest per connettere il Bosco col Parco delle Cave e il Parco Trenno, estendere il verde fino alla cintura metropolitana e immergervi sempre di più la città. Il centro di Milano ormai è costruito, e non si può fare molto di più. Ma si può ragionare sull’area metropolitana, preservando l’agricoltura dove ancora resiste e destinando quei terreni utilizzati male o per niente alla realizzazione di nuovi polmoni verdi».