Anna Zafesova è una giornalista russa. Dopo esperienze con diversi giornali sovietici e italiani, dal 1992 scrive per La Stampa. Fino al 2004 è stata corrispondente del quotidiano torinese a Mosca, dal 2005 vive e lavora in Italia. Su Twitter è @zafesova

Lei abitualmente scrive di Russia ed ex Unione Sovietica, come è arrivata ad occuparsi di questa tematica?

Mi trovavo nel posto giusto (Mosca) al momento giusto (perestroika).

Quale social network usi (twitter, facebook, instagram, you tube, etc…) e perché?

Uso Twitter, Facebook, Instagram e Foursquare. Twitter per rapidità e quantità di informazione, Facebook come più dialogante e con contenuti più variegati

Usi i social solo per scopi professionali o anche come vetrina individuale?

Instagram e Foursquare solo per scopi privati. Twitter solo per scopi professionali, non faccio mai post o retweet che non sono inerenti alla mia specializzazione, anche se spesso la tentazione di partecipare alle polemiche è forte. Ma ritengo che chi mi segue mi segua come professionista, e si aspetta di avere da me un certo tipo di informazioni/commenti. Ovviamente si potrebbero creare due profili, pubblico e privato, ma sarebbe troppo complicato gestirli. Facebook lo uso in maniera mista, oltre ai post su Twitter che vengono pubblicati in modo automatico, pubblico link e considerazioni inerenti al mio lavoro e ai miei interessi professionali, ma anche contenuti privati come musica o foto di cani e gatti. Il motivo è che Facebook consente più privacy e chi decide di diventare mio amico – azione reciproca, cosa che su Twitter non è automatica – e quindi di condividere con me i suoi contenuti, accetta anche di avere da me contenuti che eventualmente possono interessare solo i miei amici veri.

Quanto i social hanno influito sul mondo dell’informazione?

Tantissimo, in un modo ancora tutto da scoprire. Hanno costretto l’informazione a diventare in tempo reale, tutta l’informazione, anche quella cartacea. Hanno creato un feed back che prima era impossibile e che, a sua volta, influenza i giornalisti. Hanno creato una opportunità di giudicare l’informazione, spesso spietata, ma il rapporto dei lettori con i media ha smesso di essere verticale. Hanno creato modi di diffusione impensabili prima.

Quanto usi social network per costruire la tua dieta informativa?

Tantissimo e sempre di più.

Che valore ha per il lettore l’informazione gestita in questo modo?

La selezione: un consiglio di lettura dato da una persona che già conosci per quello che fa e dice, ha una qualità più alta. E la possibilità di scegliere cosa seguire, ottenendo così accesso immediato anche a fonti altrimenti difficili da trovare (sapere che un articolo è stato pubblicato su un certo media, andarlo a cercare e compare ecc.)

Nell’atto della condivisione, pensi che pesi di più il tuo potere mediatico o la qualità dei link che posti?

Entrambi. Se posto link non interessanti la mia influenza mediatica scende.

Cosa succederà al tuo profilo social fra cinque anni?

Ci sarà qualcosa che non sappiamo ancora come è fatto e come si chiama. Fare previsioni a cinque anni in questo mondo è impossibile.

A chi ti ispiri, all’interno della tua categoria, nel costruire la tua immagine social?

A nessuno in particolare. Apprezzo molto il modo di costruire personaggi social di molti colleghi, l’abilità di mischiare temi alti e bassi senza mai scadere nel narcisismo di Christian Rocca, le fulminanti battute di Alberto Infelise, l’ottimo asciutto e preciso lavoro di informazione specializzata di Guido Olimpio, approcci totalmente diversi alla gestione di Twitter.