La pandemia potrebbe modificare non soltanto il modo di realizzare il film, ma anche incidere sulle storie che verranno raccontate. Non è detto però che da adesso in poi saremo costretti a trovarci di fronte soltanto a un “cinema delle mascherine” . Insieme a Filippo Mazzarella, critico cinematografico (Corriere della Sera, Film Tv, Linus e molto altro), abbiamo provato a riflettere su quali strade potrebbero essere percorse da autori, produttori e cineasti nel futuro più immediato.

In che modo il cinema potrebbe raccontare il momento pandemico che stiamo vivendo? Quali sono gli scenari?

Per continuare ad alimentare il tipo di immaginario a cui siamo abituati sarebbe conveniente che il cinema retrodatasse le sue storie oppure le post-ponesse, evitando il contemporaneo. Su grande scala, il “cinema della pandemia” sarà invece una declinazione del genere catastrofico oppure un cinema che ci farà i conti a livello sociale ed economico, una specie di “neorealismo pandemico”, come è accaduto con i corti di Homemade su Netflix . Bisogna però trovare delle storie da raccontare all’interno della pandemia, non sarà possibile focalizzarsi soltanto sulle conseguenze dirette. La domanda che ci si porrà sarà se si vorrà vedere qualcosa che esorcizzi la pandemia oppure che alimenti il terrore. Mi immagino che nel cinema d’autore verranno realizzati film che rappresenteranno il presente per quello che sta succedendo, mentre per quanto riguarda le produzioni con grossi budget si tenderà a minimizzare o ad azzerare, e in questo senso non solo la fantascienza, ma anche il cinema d’animazione digitale, il fantasy o il cinema dei supereroi ci faranno i conti in maniera totalmente diversa . Non può cominciare a esistere un cinema che faccia della pandemia il suo unico motore narrativo, è impensabile.

“Non può cominciare a esistere un cinema che faccia della pandemia il suo unico motore narrativo, è impensabile. Ci chiederemo, invece, se si vorrà vedere qualcosa che esorcizzi la pandemia oppure che alimenti il terrore”.

Il trailer del film Songbird, che racconta di un mutamento devastante del virus, ha suscitato reazioni indignate sui social. Non sorprende però che il produttore sia Michael Bay.

Michael Bay è un “terrorista dei generi”. Il suo è un cinema furioso e totalmente superficiale, dove nell’assenza di morale ha creato un immaginario ipercinetico, iperdinamico e personalissimo che riflette in maniera (in)cosciente sulla deriva pazzesca del concetto di spettacolarità. Nei film di Transformers porta questa teoria al suo gradino più alto, ma aveva già cominciato a lavorare su questo tema in blockbuster come Armageddon e Pearl Harbor. Lui fa un cinema di sole superfici, che poi collassano. In questa maniera, rende conto di una sorta di Apocalisse visiva del contemporaneo. Da un punto di vista puramente formale, non è un caso che sia un regista con uno stile riconoscibilissimo.

Esiste un cinema della pandemia del passato?

Non ci sono dei film che abbiano rappresentato, per esempio, la “spagnola” negli anni Venti. Probabilmente ci sono documentari che sono andati persi oppure non sono rintracciabili, ma a livello di fiction non credo.Le grandi pandemie non sono state raccontate neppure a Hollywood, nel senso che magari sono state adombrate e poi risolte: penso a Virus letale, basato sull’ebola, che trasporta la dinamica di veicolazione del virus nella società americana e che si risolve però senza crisi internazionali e allarmi globali. Contagion di Steven Soderbergh non si focalizza sugli aspetti sanitari della pandemia, ma sulla gestione di essa da parte di un establishment che deve “piegarla” in relazione a quelle che sono le sue necessità.

A proposito di Virus letale e Contagion, molti li hanno riguardati come se fornissero delle istruzioni da adottare in una situazione pandemica. Esistono casi di film che siano riusciti non solo a raccontare ma ad anticipare la realtà?

Il cinema di genere ha sempre cercato di anticipare la realtà, fallendo. 2001: Odissea nello spazio di Kubrick ne è un esempio lampante, così come Blade Runner di Ridley Scott. Nonostante siano due capolavori, non ne hanno azzeccata una. Certo, oggi ci sono le possibilità di fare le videochiamate ma poco altro, i replicanti non esistono. In molti hanno provato a presagire il futuro, ma nessuno ci è davvero riuscito.La verità è che nessun film può dare le chiavi per affrontare quello che accadrà, seppur possa dare una configurazione più o meno plausibile. D’altronde, vorrei che non finissimo mai nel futuro di Mad Max. A tal proposito, mi auguro vivamente che 2022: i sopravvissuti sia destinato a rimanere un titolo da riscoprire nella storia del cinema e non un titolo di giornale.

Matrix però come nient’altro ha anticipato l’idea di una connessione costante.

Sì,Matrix è stato un film profetico sulla necessità di avere un device interiorizzato: il corpo come allungamento, o addirittura alloggiamento, di un device. Dopotutto, la nostra mano destra, o quella sinistra, è perennemente occupata da un cellulare o da un tablet, soprattutto nelle condizioni di oggi a cui siamo obbligati.