A Milano esiste un food market in cui fare la spesa è un’esperienza realmente accessibile a tutti. ZeroPerCento è la bottega etica gestita da Teresa, Paola, Federica, Margherita, quattro giovani donne impegnate nella cooperativa sociale Namastè e nell’inserimento lavorativo di disabili, autistici, detenuti e migranti.

“Zero” ed “etica”: queste sono le linee guida della bottega, incentrata nell’azzeramento delle distanze tra le persone e nel rispetto della qualità di alimenti a filiera controllata e provenienti da cooperative italiane. Una missione che porta la bottega, ogni lunedì, dalle 14 alle 15, a trasformarsi in un luogo in cui tutti possono sentirsi a proprio agio.

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 Durante l’ora della spesa silenziosa le luci si abbassano, i suoni vengono ridotti, i telefoni privati di suoneria. L’atmosfera è ovattata, interrotta solo dal fruscìo lieve dei cestini in vimini, dall’incresparsi dei sacchetti di carta, dallo scoperchiare i barattoli in vetro contenenti prodotti sfusi . «A quell’ora lì, non ci interessa se passa una persona nuova e pensa che siamo chiusi al pubblico: cerchiamo piccole cose che rendano la bottega un luogo accogliente, per far vedere agli altri che un altro mondo è facile e possibile», sottolinea Teresa.

Nel quartiere Sarpi si apre una iniziativa all’insegna dell’accessibilità per persone disabili. Nata dall’esperienza diretta di una delle proprietarie, il silent market vuole essere un’oasi di tranquillità per persone autistiche e ipovedenti

Siamo nel multietnico e caotico quartiere di Paolo Sarpi. Oltre i mattoncini rossi della bottega di via Signorelli la vita scorre frenetica, in un quartiere vivace, da sempre simbolo dell’operosità. Le mura accoglienti di questo negozio custodiscono un’oasi all’insegna dell’accessibilità.

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Teresa ricorda come per fare la differenza per permettere anche a ipovedenti, disabili, autistici di recarsi in un posto pubblico del genere, basta veramente poco . La presidente della cooperativa ha abbracciato questo progetto sia perché «i temi della disabilità e dell’inclusione sono i nostri temi» sia a seguito di un delicato intervento agli occhi che le ha fatto realmente comprendere le numerose difficoltà che una persona disabile è costretta ad affrontare ogni giorno. L’iniziativa è a impatto zero ma è anche di grande importanza per le famiglie che possono finalmente portare anche i propri bambini disabili in un luogo del genere.

Teresa della cooperativa sociale Namasté: «A quell’ora lì non ci interessa se passa una persona nuova e pensa che siamo chiusi, cerchiamo piccole cose che rendono la bottega un luogo accogliente, per far vedere agli altri che un altro mondo è facile e possibile».

L’iniziativa, nata da meno di un mese, è già apprezzata, nel quartiere e non solo. Molte sono le persone che hanno trovato in questa bottega un punto di riferimento, dalla signora che abita di fronte al negozio a chi viene appositamente da altre zone come Porta Romana, tutte certe di trovare qui prodotti di qualità e condizioni di lavoro e acquisto totalmente incentrate sui bisogni dei cittadini disabili .

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Disabili sono anche i dipendenti della bottega che aiutano le quattro tutor ad occuparsi dei vari scaffali del locale, dalla zona alimentare a quella dedicata alla cosmesi, dai taralli e i biscotti prodotti nelle carceri di Trani e Verbania fino ai saponi artigianali. Il lavoro diventa così il canale per offrire non solo ai disabili ma anche a coloro che provengono da esperienze dolorose, dal carcere, alla migrazione fino alle case famiglia, di reinserirsi nella società ed imparare a gestire le proprie fragilità.

“Palestra più unica che rara” come recita il cartello all’ingresso che permette ai disabili di fare esperienza lavorativa, con l’obiettivo di crescere e diventare il più possibile autonomi. Spesso il passo successivo di questi lavoratori è l’inserimento in grandi aziende come accaduto ad una ragazza, assunta da una grande catena di supermercati e  ricordata con orgoglio da Paola, certa che per combattere la «ghettizzazione» di persone fragili sia necessario il binomio lavoro- integrazione.

Il lavoro può anche avere effetti terapeutici come accaduto ad un’altra ragazza, ex dipendente della bottega, che è riuscita per la prima volta a festeggiare il capodanno in un locale con un’amica.

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La spesa silenziosa è solo il primo passo, a costo zero, di un processo più ampio di inclusione che prevede una trasformazione radicale del locale. Dall’altezza e disposizione degli scaffali, al colore delle etichette degli alimenti, fino all’utilizzo di simboli appositi che rimandino senza mediazioni o spiegazioni al contenuto del barattolo: molti sono i suggerimenti raccolti da Teresa, che spera che siano adottati anche da altri negozi: «Siamo l’unica bottega in cui chiunque possa accedere ed essere autonomo, senza avere difficoltà rispetto ad altri. Vorremmo rendere le botteghe modelli di negozio accessibile a tutti».

Tra i prossimi passi anche la creazione di un sito web rivolto agli ipovedenti. Molte le iniziative con l’obiettivo costante di «rendere tutto ciò che facciamo accessibile a tutti».