Pierluigi Pardo è un giornalista di Sport Mediaset. Oltre ad occuparsi delle telecronache delle partite, da settembre 2013 conduce su Italia1 il programma di approfondimento calcistico Tiki Taka - Il calcio è il nostro gioco.

Perché preferisci Twitter agli altri social network?

Perché Twitter, a differenza degli altri social network, è quasi un giornale online, quindi è perfetto per il mio lavoro. Volendo semplificare, si potrebbe dire che Twitter è pubblico, mentre Facebook, l’altro social network principale, è privato.

Usi Twitter solo per scopi professionali o anche come vetrina individuale?

Per me Twitter è quasi come un ufficio stampa, perciò lo utilizzo per dire la mia su ciò che accade nel mondo, non solo in ambito sportivo. Se voglio chattare con gli amici vado su Facebook.

Quanto i social hanno influito sul mondo dell’informazione?

Moltissimo: personalmente sono un convinto sostenitore di Twitter, credo che sia diventato uno strumento importantissimo per chi fa il giornalista. Ovviamente, è uno strumento che presenta degli aspetti critici (fake, provocatori, ecc…), ma penso che i pro siano di gran lunga superiori ai contro.

Quanto è importante per te Twitter come fonte di informazione?

Per me è fondamentale: lo seguo costantemente, esattamente come faccio con i siti dei giornali più importanti.

Che valore ha per il lettore l’informazione gestita attraverso i social network?

Credo che per i lettori si tratti di un valore aggiunto: ovviamente, data la quantità di informazioni che circola sul web, è indispensabile saper distinguere le notizie vere dalle bufale. Comunque non bisogna mai dimenticare che Twitter è semplicemente un mezzo, ciò che conta davvero è la capacità di fare del buon giornalismo, per fortuna.

Credi che un social come Twitter, che obbliga a stare entro i 140 caratteri, possa finire con l’appiattire l’informazione, “uccidendo” la complessità?

Su questo punto non sarei catastrofista: in alcuni casi l’obbligo di sintesi può rappresentare un ottimo esercizio di scrittura, specie per i giornalisti. Dipende sempre dall’argomento di cui si vuole parlare: in certi casi 140 caratteri sono anche troppi, altre volte le notizie sono talmente complesse da richiedere ben più di un tweet per essere spiegate a dovere.

Nell’atto della condivisione pensi che pesi di più il tuo potere mediatico o la qualità dei link che posti?

Penso che le condivisioni siano dovute, più che alla mia autorevolezza, all’importanza dell’argomento trattato: personalmente non ci tengo a diventare una sorta di guru, quando scrivo su Twitter voglio semplicemente essere me stesso e scrivere ciò che voglio.

Quando non hai connessione come reagisci?

Piuttosto bene: Twitter mi piace molto, ma non sono così dipendente da non poter stare un giorno senza scrivere niente.

A chi ti ispiri, all’interno della tua categoria, nel costruire la tua immagine social?

Non c’è un collega che rappresenti un modello per me, ce ne sono invece molti che seguo con piacere perché sono molto bravi nell’utilizzare Twitter: ad esempio Andrea Vianello, oppure Lia Celi, che scrive sempre dei tweet molto divertenti.