Nel senso antico e primitivo del termine, la musica non era una scienza particolare, ma comprendeva tutto ciò che si riferiva alle Muse: la danza, la poesia, ogni arte atta a svegliare l’idea di cosa gradevole e bene ordinata. Un intenso rapporto tra letteratura e musica è dunque sempre esistito, intensificandosi dal secolo scorso con la nascita di generi musicali più popolari. I punti di incontro tra queste due arti sono sempre di più e Book Pride, appuntamento per tutta l’editoria indipendente, ne ha rimarcato il connubio, mostrando le differenti modalità con cui la musica ispira e influenza la letteratura al giorno d’oggi.

Nicola H. Cosentino è uno scrittore, critico e collaboratore del Corriere della Sera. Poco più che trentenne, ha sviluppato l’amore per le parole grazie ai dischi che ascoltava passivamente negli interminabili viaggi nella macchina dei genitori, più che dai libri letti da ragazzo. Per lui, la musica è l’unica passione serena e priva di conflitti d’interessi e, nel suo ultimo romanzo Le tracce fantasma, per la prima volta si confronta con il tema anche a livello professionale. Lo fa nella maniera forse più classica, raccontando la storia di un ex chitarrista diventato un affermato critico musicale, diviso tra l’amore per due donne e l’invidia per il successo di quello che era il suo migliore amico. Tra sacrifici, sogni infranti e reminiscenze del passato, la musica del passato e del presente è protagonista della narrazione, ma a stupire è soprattutto la componente psicologica dei personaggi descritti, come sottolineato dallo special guest dell’evento, il cantautore Omar Pedrini, che in più tratti nel libro ha riconosciuto sé stesso e, in particolare, momenti della sua esperienza personale quando era il leader dei Timoria.

Scrivere di musica, così come comporre e suonare, non è tuttavia un’attività esclusivamente maschile, sebbene gli uomini abbiano sempre tenuto lo scettro senza mai cederlo. L’antologia Un lavoro da donne. Saggi sulla musica ribalta la prospettiva attraverso sedici racconti intimi e privati, scritti da altrettante musiciste, produttrici, giornaliste e narratrici che raccontano la musica che le ha plasmate e salvate. Una raccolta che apre gli occhi su numerosi bias cognitivi, simbolo di una parità di genere non ancora raggiunta appieno: dall’esplorazione della voce di Linda Sharrock, unica per la sua complessità, attraverso un linguaggio tecnico e quasi sorprendentemente ingegneristico, alle feroci recensioni ricevute in carriera da Ella Fitzgerald, bistrattata per il suo peso o per il sudore – il più distinguibile ma, solo per le donne, disdicevole elemento della fatica – che le macchiava l’abito o le arricciava i capelli.

Musica è salvezza anche per i giovani detenuti descritti dal rapper Kento nel suo diario di bordo Barre. Rap, sogni e segreti in un carcere minorile. Da dodici anni, l’artista svolge laboratori di scrittura rap in alcuni dei diciassette penitenziari per minori in Italia, dove insegna a scrivere strofe e ritornelli a quelli che con ironia e affetto chiama i suoi “ragazzacci”. Per l’abbondanza di tempo a disposizione, il carcere è sempre stato un luogo fertile per la produzione artistica: così, i giovani si confrontano con il più democratico dei generi, perché per rappare non serve sapere né suonare uno strumento, né leggere la musica. Bastano una cassa e un computer con le basi per permettere ai ragazzi di dare espressione alla loro creatività repressa. La maggior parte di loro ha desideri semplici come un lavoro, una famiglia e dei figli, segno di una normalità che nel breve arco della loro vita non hanno mai avuto: ecco perché ogni aneddoto raccontato, per quanto divertente, nasconde sempre un amaro contraltare. Nelle frequenti riflessioni che spezzano la narrazione, Kento punta il dito contro il classismo della società italiana con la speranza ultima che, fra qualche anno, superata l’epoca dei penitenziari con una nuova legge Basaglia, il suo libro serva solo a ricordare la disumanità nel rinchiudere un quindicenne in carcere.

La promozione di un libro non è uno strumento indispensabile per gli eventi di Book Pride, come dimostrano alcuni dialoghi in cui alcuni musicisti parlano del loro rapporto con la lettura. Per la fiera dell’editoria indipendente, dunque, sono altrettanto efficaci le testimonianze di artisti che non appartengono alle major discografiche, considerando che, per un cantautore, ciò che colpisce attraverso le righe è differente da quello che attira, per esempio, un critico o un romanziere. Dalla carriera da self-publisher di Dente, che da adolescente distribuiva i suoi racconti brevi in cerca di recensioni positive, alla storia del girovago Giorgio Poi, che ha avvertito la necessità di comporre in lingua italiana solo dopo avere lasciato il Paese a vent’anni. Se “nessun luogo è lontano” – questo lo slogan della settima edizione di Book Pride –, talvolta, come ammoniva lo scrittore Henry James, la distanza aiuta a comprendere meglio l’oggetto della propria attenzione.