Ciak Mag | Profeti


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Profeti non è il classico film tratto da una storia vera, ma il frutto di un lavoro di ricerca condotto fino ai minimi dettagli. Alessio Cremonini, al suo terzo lungometraggio, continua il suo personalissimo percorso della prigionia. Dopo aver raccontato le ultime ore di vita dietro le sbarre di Stefano Cucchi con Sulla mia pelle, il regista abbandona di nuovo l’Europa e si sposta in Siria per narrare la storia di Sara, una giornalista italiana che viene rapita dall’Isis. Più che il termine “narrare”, sarebbe più corretto l’utilizzo del verbo “descrivere”: la stella polare dichiarata di Cremonini è Francesco Rosi e quel suo cinema d’indagine che mescola finzione e documentario.

La vicenda di Sara è ispirata a quella di Susan Dabbous, reporter italo-siriana rapita dai Jihadisti nel 2013, che ha partecipato alla scrittura della sceneggiatura. I dialoghi sono l’elemento attraverso cui il film riesce quasi a sfiorare il realismo più autentico. La protagonista Sara, dopo qualche settimana di prigionia solitaria, viene trasferita nella casa di Nur, la moglie del mujahid che l’ha catturata. Tra le mura dell’appartamento si consuma lo scontro – fatto di sussurri e parole misurate che aumentano di numero ogni giorno che passa – tra due visioni del mondo agli antipodi. Nur viene dall’Inghilterra, ma dopo essersi sposata ha abbracciato l’integralismo del Califfato e si è trasferita in Siria. La sua concezione della religione è solida e priva di dubbi: se esiste il male nel modo è perché la gente si è allontanata da Dio. Di fronte a lei c’è Sara, una donna che parla e si comporta come un uomo e che si dichiara atea.

Il rapporto tra le due donne evolve in maniera lenta. Senza l’ausilio di una colonna sonora vera e propria, ma con il solo rumore delle bombe, Cremonini scatta una fotografia e non esprime giudizi. Le inquadrature prive di movimento e i primi piani che si fanno via via più stretti trasferiscono i dubbi di Sara – che alla fine si converte all’Islam – allo spettatore. Nur, al contrario, non ha incertezze e la sua libertà si fonda su una fede incrollabile.
Profeti non è un film semplice, non c’è il trasporto emotivo di Sulla mia pelle; al suo posto è richiesto invece uno sguardo privo di pregiudizi. Il dubbio e la riflessione sono lo scopo principale, ma questo non va a discapito di una tensione che, nonostante tutto, è sempre crescente. Un film d’autore che segna il ritorno al cinema di uno dei registi più interessanti del panorama italiano degli ultimi anni.

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