L’emergenza siccità è tornata a riempire le pagine dei quotidiani nelle ultime settimane. Le immagini dei fiumi in secca e dei laghi svuotati hanno portato il governo a discutere di un decreto per gestire il problema. Tuttavia, forse si tratta di un’esagerazione.
Ad oggi la situazione non è grave, ma stiamo ancora soffrendo per la siccità dell’anno scorso“Ad oggi, non mi sento di dire che la situazione è grave”, ci spiega Massimiliano Zanet, ingegnere idraulico e direttore generale Consorzio di Bonifica Cellina-Meduna (Pordenone): “Ovviamente, se nei prossimi mesi, cioè quando nel nostro territorio ci sono le piene primaverili, non si verificheranno piogge allora la situazione sarà grave”. I dati di quest’anno sembrano essere piuttosto ordinari: “Per il Friuli Venezia-Giulia, febbraio è statisticamente il mese meno piovoso dell’anno; quindi, il fatto che nella nostra zona non stia piovendo non è per niente eccezionale. Anzi, dal punto di vista delle precipitazioni, dicembre e gennaio sono risultati in linea con le medie climatiche”. Come ci racconta Zanet, stiamo ancora soffrendo per i danni causati dalla siccità dell’anno scorso: “È stata un unicum, la più grave degli ultimi trent’anni, e speriamo quindi rimanga un caso isolato”. Le falde acquifere sono rimaste danneggiate e, affinché si riprendano dal colpo dell’anno scorso, ci vorrà ancora del tempo in condizioni piovose normali: “Una situazione simile l’abbiamo vissuta nel 2003. Stando ai dati Osmer, in quel caso il regime delle acque sotterranee si è riequilibrato nei tre/quattro anni successivi”.
L’agricoltura ha sofferto molto l’anno scorso e il Consorzio, assieme agli agricoltori, ha dovuto prendere delle scelte: “Nella zona del torrente Meduna – ci spiega Zanet – siamo riusciti a bagnare con turnazioni ridotte fino al 15 di agosto. Al termine della stagione abbiamo eliminato alcune colture cerealicole per cercare di far tesoro della poca acqua che c’era, destinandola alle colture pluriennali come la vite e i frutteti”. La scelta di rinunciare ai cereali è dovuta al fatto che la semina avviene annualmente, mentre se si rovinassero piante come la vite comporterebbe un’enorme perdita di raccolti e, quindi, di soldi.
È cambiata la distribuzione delle piogge durante l’anno, ma la disponibilità i bacini – in co-uso con le società idroelettriche – non è stata adeguataTorniamo al giorno d’oggi. Secondo Zanet, “non siamo in situazioni critiche: un po’ di acqua c’è, ma deve assolutamente piovere, così possiamo affrontare la stagione estiva con più serenità”. Il problema non è il quantitativo di pioggia annua, che negli anni è rimasta invariata, bensì la distribuzione nei dodici mesi: “Mentre prima la pioggia cadeva soprattutto tra la tarda primavera, l’estate e l’autunno, al giorno d’oggi è principalmente concentrata in quest’ultimo”. Quindi, tutta la parte che era vitale per l’agricoltura è sostanzialmente sparita. Nonostante la zona del pordenonese abbia dei bacini, questi sono in co-uso con la produzione idroelettrica e gli accordi in vigore non sono stati adattati ai cambiamenti. L’acqua che viene incamerata con le piogge autunnali dovrebbe servire a coprire la scarsità di precipitazioni nel periodo primaverile ed estivo, ma in inverno i bacini sono a disponibilità d’uso dei gestori idroelettrici. Secondo Zanet, gli accordi che regolano queste concessioni devono essere rivisti: “La moderna agricoltura richiede acqua già da inizio marzo perché il doppio raccolto è sempre più diffuso, e quindi le aziende agricole non concentrano più le esigenze irrigue solamente nel periodo estivo”.
Vista l’importanza del settore primario in Friuli Venezia-Giulia, la ricerca sta puntando molto sul trovare soluzioni a possibili siccità future: “L’università di Udine e l’Ersa stanno portando avanti studi sul mondo della vite in condizioni di stress idrico”, ci racconta Zanet. Sarebbe emerso che pur riducendo notevolmente il rapporto di irrigazione, le viti – ovviamente trattate e fatte crescere in un certo modo – sono in grado di produrre esattamente tanto quanto in condizioni normali, ottenendo ottimi risultati sia in termini qualitativi che di produzione. “Ad esempio, l’anno scorso le colture di uva sono state notevolissime e il risultato delle cantine è stato ottimo anche qualitativamente parlando: gli studiosi hanno spiegato che questo è avvenuto perché le piante si sono aggiustate in base all’acqua che c’era a disposizione”.
Il caso del Friuli Venezia-Giulia sembrerebbe essere analogo quasi tutte le regioni italiane. Ma il fatto che la situazione di quest’anno, ad oggi, non sia critica come quella del 2022 non significa che vada abbassata la guardia: nei prossimi mesi deve assolutamente piovere affinché anche quest’anno la situazione non sia critica.