Nel 2019 Rolling Stone Italia sceglie di diventare una testata solo digitale, bloccando la stampa della rivista mensile. Nel 2020, lo storico magazine musicale londinese Q, nato nel 1986, dichiara il fallimento in piena pandemia e con l’ultimo numero di luglio chiude per sempre. La crisi del settore giornalistico musicale si protrae da tempo, da quando la musica è in streaming e si può ascoltare liberamente, e da quando non è più necessario affidarsi ad una recensione prima di acquistare un disco, posto che ci sia chi li compri ancora. La pandemia ha poi di gran lunga aggravato il processo irreversibile.
In questo panorama in declino la maggior parte delle riviste e delle testate online hanno dovuto stringere la cinghia dei propri investimenti. Tuttavia, nel 2019 c’è stata un’eccezione: NME. New Musical Express. Si tratta di una rivista settimanale britannica nata nel 1949, da sempre specializzata nella musica indipendente rock. Nel corso degli anni è sempre stata capace di prevedere le direzioni del mercato, ampliando la propria proposta. Tuttavia, nel 2018, dopo 66 anni, anche la rivista con sede a Southwark, Londra, ha dovuto annunciare lo stop al cartaceo. Le cose sono cambiate di nuovo pochi mesi prima dell’esplosione del Covid-19, quando l’intero compartimento è stato acquistato dal leader della compagnia tecnologica musicale BandLab, Kuok Meng Ru.
La prima mossa di BandLab è stata allargare il bacino all’Australia e al Sud Est Asiatico, aprendo una seconda redazione a Singapore
La salvezza non è arrivata grazie all’investimento finanziario, o perlomeno non è dipesa solo da questo aspetto. Una delle caratteristiche che ha sempre contraddistinto NME è la meticolosità nella ricerca di nuovi artisti britannici, tant’è che dagli anni Novanta si susseguono vari festival targati col nome della testata (scelta poi intrapresa anche dalla rivale americana Pitchfork dal 2011). La prima mossa della rivista è stata quella di allargare il bacino: Australia e Sud Est Asiatico. BandLab ha aperto una seconda redazione NME a Singapore ampliando la rosa dei redattori con giornalisti ed esperti provenienti dalle regioni della Malaysia e delle Filippine, oltre che dalla stessa isola. In contemporanea, sono state aperte una sezione NME Asia e una in Australia. Quest’ultima ha avuto fin da subito un successo incredibile, per certi versi quasi inaspettato, tanto che ha convinto i dirigenti a riaprire la stampa del magazine nel territorio. L’edizione australiana ha per ora una cadenza mensile.
Asia. La musica proveniente dal Sud Est Asiatico non è mai stata raccontata e pubblicizzata adeguatamente nel mondo occidentale. Fino a due anni fa rappresentava a tutti gli effetti un mercato sgombro da concorrenza, seppur complesso da esportare in Europa. Dal 2019 NME ha inaugurato una sezione del sito dedicata solo alla cultura asiatica ed è diventata una delle principali autorità a livello mondiale per quanto riguarda la musica pop e rock della regione. Il successo è dovuto anche a quella stessa apertura che l’aveva contraddistinta nei primi anni Duemila, quando per la prima volta iniziò a parlare di gaming e cinema. Con l’approdo in Asia e l’esplosione dei fenomeni seriali e cinematografici del luogo degli ultimi tempi (Squid Game, Parasite), senza considerare quelli musicali (BTS su tutti), New Music Express ha avuto un enorme ritorno e non è detto che a breve non seguirà una riapertura delle stampe proprio in Asia.
Perché ha successo? NME ha sfruttato e allargato la sua peculiarità, lo scouting di artisti e band musicali, a nuovi Paesi e settori. Lo streaming musicale ha di certo anche in questo campo giocato il ruolo di guastafeste: aprendo Spotify o, per i più esperti, piattaforme come Bandcamp, è possibile trovare quasi tutti gli artisti del globo e scoprirne a decine ogni giorno. Tuttavia, l’Europa ha sempre avuto un atteggiamento refrattario nei confronti dell’universo musicale e culturale asiatico e quindi ciò che NME ha sempre fatto con gli artisti britannici nella sezione Radar, ha incominciato a farlo con quelli del Sud Est Asiatico. Non solo una mossa di marketing intelligente e previdente, ma anche un contributo importante alla diffusione di un mondo culturale purtroppo ancora poco conosciuto.