The past is never dead. It’s not even past. Con questo aforisma di William Faulkner si apre Spare, la biografia di Harry di Sussex che a sole ventiquattro ore dalla pubblicazione aveva già venduto oltre 400mila copie. Scritta da J. R. Moehringer, il celebre ghostwriter già autore di Open, ha fatto da subito discutere per il contenuto che ha fatto tremare la Casa Reale. Con Susanna De Ciechi, scrittrice e ghostwriter, abbiamo provato a scavare dentro questo mondo fatto di luci e ombre.

Come funziona il suo lavoro? Come sceglie i libri delle persone o personaggi vuole occuparsi? 

Ho il privilegio di poter scegliere le storie e i narratori: ricevo le richieste per la scrittura di un libro che quasi sempre prende spunto dalla realtà. Mi deve piacere la storia, mi deve prendere la storia, mi deve piacere il narratore perché concepisco questo lavoro come un matrimonio a tempo in cui uno dei due coniugi si svela all’altro, mentre l’altro resta del tutto misterioso. Se non c’è feeling, io dico sempre, mi tiro indietro. Non si può fare questo lavoro, per come lo concepisco io, se non c’è quell’empatia, quel fidarsi ed affidarsi tra narratore e scrittore. Per me, scivolare dentro la pelle di un’altra persona e vivere altre vite è un’esperienza : questo lavoro riesce bene solo se il narratore riesce a mostrarsi a me nudo, senza vestire la sua pelle. Non è vero che il narratore – poiché non scrive neanche una parola del libro – abbia una parte facile. No, è complicatissimo anche per lui. Anzi, di solito, se il narratore interpreta bene il suo ruolo ed è onesto,narrare la storia mi procura un grande sconquasso emotivo. Insieme, poi, facciamo un sacco di scoperte perché io percorro dall’inizio alla fine una vita che non conosco, dunque esploro situazioni ed emozioni che non ho mai vissuto, mentre il narratore rivive la propria storia. E poi chiedo sempre all’interessato che ci sia una certa distanza temporale rispetto ai fatti narrati: per fare delle scoperte occorre vedere le cose sotto un altro punto di vista, spostare l’angolazione di certi eventi. Così, ci si libera di colpe che fino ad allora si è creduto di avere oppure, al contrario, se ne assumono altre.

Non si può fare questo lavoro, per come lo concepisco io, se non c’è quell’empatia, quel fidarsi ed affidarsi tra narratore e scrittore. Per me, scivolare dentro la pelle di un’altra persona e vivere altre vite è un’esperienza : questo lavoro riesce bene solo se il narratore riesce a mostrarsi a me nudo, senza vestire la sua pelle

Parliamo di Spare. Innanzitutto, qual è il suo commento sia come lettrice che come addetta ai lavori? 

Amo moltissimo la scrittura del ghostwriter J. R. Moehringer; devo tantissimo a lui perché, nel momento in cui ho letto Open, è cambiato il mio modo di lavorare. Fa un lavoro egregio di scivolamento sotto pelle delle persone… Secondo me è un ottimo psicologo, cioè riesce a guardare dentro, a guardare oltre, riesce a scoprire delle cose e a conoscere le persone meglio di come esse stesse si conoscono. Apre degli squarci e ha un modo di scrivere le storie facendolo attraverso un filtro che è il suo ma, allo stesso tempo, è il loro. Quando una persona si apre con te, ti racconta la storia perché tu la scriva ma tu finisci per vedere cose che lui/lei non vede.

Quanto di ciò che leggiamo è frutto della penna del principe Harry, duca del Sussex della Corona britannica?

Un libro di questo tipo non è solamente il frutto di un racconto orale che lo scrittore mette abilmente assieme; c’è proprio l’impasto, c’è questo mescolare le cose. È vero che l’altro racconta, ma se l’altro si racconta con onestà si arriverà al momento in cui il libro è finito e il narratore potrà dire: “Ecco, se lo avessi potuto scrivere io, lo avrei scritto esattamente così”. Perché quello è il suo libro, è il libro del ghostwriter. Ed è l’effetto che lo scrittore vuole ottenere: che il narratore si senta a casa sua nelle pagine del libro. Deve sentirsi a proprio agio, deve essere un’esperienza condivisa in modo molto intimo.

Moehringer fa un lavoro egregio di scivolamento sotto la pelle delle persone: secondo me ed è un ottimo psicologo, cioè riesce a guardare dentro, oltre, riesce a scoprire delle cose e a conoscere le persone meglio di come esse stesse si conoscono

Il libro comunque ha avuto un grandissimo successo. Secondo lei è dovuto alla curiosità di conoscere gli scheletri di Casa Windsor oppure c’è stato anche un grande impatto causato dal fatto che l’autore del libro non è esattamente uno qualunque?

Credo che questo successo planetario sia dovuto sostanzialmente ad Harry. Certamente c’è una parte di lettori che amano Moehringer. A me interessa leggere, godermi la storia così come l’autore l’ha interpretata e mi piace scoprire come l’ha scritta. Noi professionisti del settore andiamo sempre a vedere quali sono i meccanismi, le tecniche utilizzate. Il successo planetario è sicuramente dovuto ad Harry come quando, nel caso di Open, il lancio di quel libro fu dovuto ad Agassi. Lì Moehringer è stato ancora più straordinario perché ha scritto lunghi racconti sulle partite di tennis e milioni di persone che non ha mai giocato a tennis si sono fermata a leggere quelle pagine.

Molto spesso, nelle biografie di personaggi celebri, il ruolo dello scrittore passa in secondo piano. In questo caso, però, si è dato peso anche allo scrittore e non solo alla storia in sé. Possiamo parlare di un cambio di passo?

La figura del ghostwriter ha avuto una prima svolta con Open, certamente tra gli addetti ai lavori. Adesso c’è stata questa svolta ulteriore. Teniamo presente che, nel mondo abbastanza chiuso di chi scrive, il ghostwriting è guardato con sospetto, con diffidenza, persino con sufficienza, perché tu scrivi le storie degli altri. Ma la scrittura è dello scrittore, e queste storie non esisterebbero senza lo scrittore che le scrive. Scrivere in modo condiviso presuppone avere delle qualità specifiche, una grande capacità di ascolto, sapere sopportare il carico di certe storie e, soprattutto, di certe situazioni. Ecco, lo scrivere in due presuppone davvero competenze diverse da quelle richieste per lo scrivere una storia da soli. Questa pratica letteraria ha una sua particolare dignità e dovrebbe, finalmente, essere apprezzata come merita.