Come in molte città italiane, anche a Milano il ventennio fascista ha lasciato le sue tracce sull’architettura e sull’assetto urbano, manifestando le diverse  – e per certi aspetti opposte – tendenze che lo animavano: da un lato quella creativa, modernista del razionalismo (da Casa Rustici di corso Sempione, di Giuseppe Terragni, al minimalismo di Villa Figini, di Luigi Figini); dall’altro lato quella autocelebrativa del monumentalismo littorio, a cui si rifanno imponenti edifici come la Stazione Centrale, il tribunale, l’ospedale Niguarda, che hanno fortemente ridisegnato l’urbanistica della città.

In ogni caso, fra sperimentazioni e contraddizioni – l’Arengario fu terminato solo molti anni dopo la caduta del fascismo, e per il suo stile esplicitamente “di regime” suscitò critiche e imbarazzi -, a Milano lavorarono alcuni dei più illustri architetti del tempo, come Terragni e Piacentini. Questo è quello che resta della loro opera.