Si intitola Abwab, che in arabo significa “porte”: è il primo mensile edito in Germania interamente scritto in arabo.

Il suo fondatore, al-Asheq, è un rifugiato Siriano-Palestinese che, dopo la guerra con la Giordania è stato trasferito illegalmente al campo profughi Al-Yarmouk, a sud di Damasco, per poi essere arrestato e deportato al campo profughi Al Zataari; è riuscito a fuggire dopo quattro mesi e per qualche tempo ha vissuto, dietro uno pseudonimo, in Giordania, sotto la protezione del governo tedesco. Finché, nel 2014, è arrivato a Colonia, come richiedente asilo, grazie a una sovvenzione della Heinrich Boll Foundation. Attualmente è ricercato sia dal governo Siriano, sia da quello Giordano.

Giornalista, poeta, attivista, ricorda con gratitudine chi lo ha accolto: «Un giorno, ho ringraziato Cristina, la madre e moglie della famiglia [che mi ha dato ospitalità], per tutto quanto. Lei mi ha risposto, “Non ringraziarmi. Ho soltanto aperto la porta”».

Sono state queste parole a dargli l’idea per il titolo del giornale che ha deciso di mettere in piedi: scritto da rifugiati e rivolto ai rifugiati, è stato lanciato il 1 dicembre 2015 in una tiratura di 25 mila copie e distribuito nei centri di accoglienza di tutto il Paese. Il successo è stato tale che si sono dovute stampare ulteriori 10 mila copie. La seconda edizione, prevista per i primi mesi del 2016, verrà data alle stampe già in 45 mila copie.

Abwab vuole essere un aiuto per i rifugiati appena arrivati da chi ci è già passatoIl periodico, edito da New German Media, vuole essere un aiuto per chi sta attraversando la fase da cui chi scrive è già passato. I nuovi arrivati hanno difficoltà con la lingua tedesca e si ritrovano catapultati in una cultura, una società e un assetto politico a cui sono completamente estranei. Abwab è una sorta di manuale d’istruzioni per cominciare una nuova vita in Germania.

Sulla copertina del primo numero campeggia una foto della cancelliera Angela Merkel ed il titolo: “Merkel: L’obiettivo è risolvere il conflitto siriano senza Assad”. Seguono articoli che parlano di storie di integrazione riuscita, come quella della prima orchestra di rifugiati, del coro di bimbi che cantano in arabo, della partecipazione di artisti siriani a un festival a Colonia. E poi pagine di informazioni legislative per aiutare chi vuole richiedere asilo a districarsi nella burocrazia. Un articolo titola: “Siamo razzisti?”. Il tentativo è quello di spiegare ai Siriani la forte sensibilità dei tedeschi al razzismo, prodotto del traumatico ricordo degli orrori nazisti.

Per finire, il decalogo “Dieci passi verso l’integrazione”: tra i consigli, apprendere il tedesco, mantenere una mentalità aperta, adattarsi alle prassi quotidiane, cercare di ottenere informazione diretta, essere amichevoli e cercare il contatto con i tedeschi.

In quella che verrà ricordata come una delle peggiori emergenze umanitarie della storia, parlare ancora di immigrazione e rifugiati è sempre più difficile, se non si vuole scadere nella retorica.Secondo la UN Refugee Agency, il numero di rifugiati sbarcati in Europa dall’inizio del 2016 ha già superato le diciottomila persone Quindi può essere utile riflettere su alcuni dati: il numero di esseri umani in fuga dalla guerra arrivati in Europa nel 2015 ha sfondato la soglia del milione. Nella prima metà di gennaio del 2016 la quota è già arrivata oltre i diciottomila, come attestato dalla UN Refugee Agency.

E se già il tentativo di approdo ai Paesi europei è un’odissea, per la difficoltà del viaggio per mare in condizioni precarie e del superamento dei confini strettamente controllati, ancor più complicato è l’integrazione nel territorio.

L’approccio di Abwab è fondato sull’apertura e il dialogo: c’è chi suggerisce che il giornale dovrebbe essere stampato anche in lingua tedesca, per mostrare ai cittadini lo sforzo positivo che i migranti sono propensi a fare. Ciò è ancor più vero nei giorni successivi alle denunce delle violenze subite la notte di capodanno da un numero di donne che continua a crescere. I movimenti islamofobi e i gruppi di estrema destra non hanno esitato a prendere a pretesto le accuse rivolte ai profughi per esplodere in manifestazioni e ritorsioni violente.

Il caso di Abwab, come molte altre iniziative, deve essere l’arma con la quale difenderci dalle facili generalizzazioni e dalle pericolose conseguenze di queste. Affinché possa esistere un’integrazione  reale, fatta di consapevolezza, tolleranza e cultura.