Si può portare l’intelligenza artificiale nelle piccole redazioni? È la missione (quasi) impossibile che molte grandi aziende come Google mirano a realizzare. Non si tratta di guardare solo al futuro, ma soprattutto al presente, perché l’intelligenza artificiale sta rapidamente invadendo molti aspetti del mondo giornalistico.
Al Festival internazionale del giornalismo di Perugia è stata presentata la JournalismAI Fellowship, un progetto lanciato nel 2022 da Google che mira a far conoscere l’intelligenza artificiale nelle redazioni di piccole e medie dimensioni, attraverso finanziamenti e borse di studio dedicate a giovani aspiranti giornalisti.
Uno degli esperti del settore intervenuti nel corso del panel “Piccole redazioni e intelligenza artificiale: imparare a sperimentare” è stato David Dieudonné, da novembre 2019 direttore di Google News Lab in Francia, Italia e Spagna ed ex vicedirettore della redazione di Marsiglia di Agence France-Presse. Dieudonné è in prima linea nella formazione dei giornalisti con questo progetto incentrato sulle svariate potenzialità che l’intelligenza artificiale può avere nelle redazioni.
Come nasce questo progetto che mira ad aiutare e a formare i giornalisti?
Il nostro progetto è iniziato quasi cinque anni fa. Siamo partiti concentrandoci sulla disinformazione e sulla ricerca di un metodo efficace per combatterla. L’intelligenza artificiale in tal senso ha rappresentato una svolta. Rapportandoci con altri esperti del settore abbiamo capito però che il vero problema di questo ambito era la mancanza di alfabetizzazione da parte dei giornalisti a livello globale. La necessità era quella di capire prima di tutto quale fosse lo stato dell’arte dell’intelligenza artificiale nelle redazioni, per poi investire nella formazione, soprattutto per far crescere le piccole realtà. Questo progetto quindi vuole cogliere tutte le opportunità che questa nuova tecnologia porta con sé.
Quanto è difficile spiegare ai giornalisti che l’IA non è un nemico, ma un supporto?
È molto complesso, ma al tempo stesso scardinare le convinzioni di alcuni giornalisti rappresenta uno stimolo. La chiave sta nel cambiare il punto di vista: molti considerano l’intelligenza artificiale come una semplice aggiunta al proprio lavoro, quando in realtà si tratta di una tecnologia che potrebbe sostituire molte attività e snellire quindi il lavoro. L’IA deve essere concepita come un sostegno, ma anche come una parte fondamentale di una realtà editoriale.
Quanto è importante la formazione dei giovani giornalisti affinché questo tipo di tecnologia venga utilizzata in maniera efficace?
Investire sull’educazione dei nuovi giornalisti è la base per il futuro. Penso che sia fondamentale capire esattamente cosa può fare questa tecnologia e cosa non può fare, fino a che punto si può spingere l’intelligenza artificiale e come la si può integrare con le dinamiche giornalistiche. L’IA può garantire una marcia in più nella raccolta delle informazioni, ma anche nella produzione e nella distribuzione delle notizie. Per questo penso che le generazioni più giovani possano imparare molto sulle potenzialità di questa “macchina” per migliorare la qualità dei prodotti giornalistici.
I nuovi strumenti che ormai stanno spopolando e creando polemiche, come ad esempio ChatGPT, possono rappresentare una minaccia per le big tech come Google?
Credo sia presto per dirlo perché siamo ancora in una fase sperimentale. L’intelligenza artificiale è una tecnologia nascente, che però si sta sviluppando con grande velocità. Direi che è impossibile sapere con certezza i margini di sviluppo che potrà avere e per questo penso che ci vorrà ancora tempo per capire come utilizzarla. Quel che è certo è che non si può fare a meno dell’intelligenza artificiale, perché già ora si sta diffondendo in moltissime redazioni europee ed è destinata a permeare anche le realtà più piccole.