È la mattina del 16 febbraio e in un’area del cantiere dell’Esselunga di Firenze sono al lavoro otto operai. È in costruzione una grande opera edile che, proprio per la sua importanza economica, è sottoposta a frequenti controlli. Quel venerdì, durante i lavori di routine, una trave cede, precipita per dodici metri, rompe due solai e seppellisce sotto il proprio peso otto persone, uccidendone cinque e ferendone tre

Quando in una strage sono coinvolte più vite, l’attenzione mediatica tende a salire: il tema delle morti sul lavoro emerge particolarmente nel dibattito pubblico quando si parla dei “sette manutentori investiti dal treno” o dei “cinque operai seppelliti dalle macerie”. I dati parlano chiaro: anche se nel silenzio, in Italia muoiono sul lavoro più di tre persone al giorno

La strage a Firenze ha riportato i sindacati del lavoro in piazza: Cgil e Uil hanno organizzato manifestazioni a Milano e in tutti i principali capoluoghi italiani. Nelle sale di Palazzo Chigi, il Consiglio dei Ministri ha affrontato il tema e ha annunciato nuove misure in termini di sicurezza e lavoro.

Mentre i riflettori restano accesi sul caso di Firenze, il registro delle vittime sul lavoro, che considera solo i lavoratori regolari, continua a crescere, raggiungendo il picco in soli due mesi. L’ultimo incidente, quello dell’operaio 52enne schiacciato mortalmente da un macchinario nello stabilimento Stellantis, in provincia di Avellino.

Una diminuzione apparente del fenomeno

Per capire le statistiche bisogna fare un passo indietro nel 2019, dove il report Inail registra 783 morti sul lavoro, escluse le morti in itinere ovvero gli incidenti mortali avvenuti nel tragitto casa lavoro. Nel 2020 si raggiunge il numero di morti più alto dal 2010: si ha un picco di 1056 vittime, che tenderanno a scendere negli anni successivi. Nel 2021 si registrano 973 morti, calano di duecento nel 2022. Lo scorso anno non si allontana da queste cifre, e conta 799 deceduti sul lavoro al 31 dicembre 2023.

Dal 2020, quindi, c’è un’effettiva diminuzione di morti sul lavoro. Eppure, in quell’anno, la maggior parte dei settori più colpiti come attività manifatturiere, trasporti, magazzinaggio erano fermi a causa della pandemia, ad eccezione chiaramente della Sanità. Il motivo per cui  risultano così tante vittime nel 2020, è che in quel calcolo erano stati conteggiati come morti sul lavoro anche i lavoratori deceduti a causa del Covid. Quindi, dal 2021 in poi, non si può determinare con certezza una vera diminuzione del fenomeno legata ad un miglioramento della sicurezza o dell’ispettorato. 

Morti bianche, morti in nero

Le morti sul lavoro vengono definite morti bianche, dove l’uso dell’aggettivo bianco allude all’assenza di un diretto responsabile dell’incidente. Ma una responsabilità, secondo alcuni, c’è sempre. «Se si può definire bianco qualcosa nelle morti sul lavoro, forse è la pagina del documento di valutazione dei rischi, che doveva permettere a quell’impresa di capire il rischio a cui gli operai erano sottoposti» spiega Giulio Fossati, segretario della Cgil Lombardia Un altro tema emerso con la strage a Firenze è il lavoro in nero. Tre dei cinque operai morti erano infatti senza permesso di soggiorno e quindi senza contratto in regola. Anche qui, la responsabilità cade direttamente sulle imprese: «Le aziende sono le prime a non voler rispettare le regole. Gli operai in nero a volte sono terrorizzati: arrivano qui in Italia e preferiscono essere sfruttati e costretti a guadagnare poco, anche con contratti irregolari, perché devono mantenere economicamente la famiglia che magari si trova altrove, in contesti che noi neanche ci immaginiamo», conclude Angelo Lo Presti, rappresentante dei lavoratori in ambito di sicurezza territoriale.

Sciopero Cgil e Uil a Milano, lo slogan sullo striscione 'basta con i morti sul lavoro, basta con la precarietà. Credits: Ilaria Cavaliere

La “Carta di Lorenzo” 

«Lorenzo era un ragazzo come tutti i diciottenni […], così normale che non voleva diventare una bandiera», così Dino Parelli ricorda suo figlio, che il 22 gennaio 2022 è morto a 18 anni durante il suo ultimo giorno di tirocinio in un’azienda in provincia di Udine. «Le moto erano la sua passione e amava passare il tempo con gli amici». Quello di Lorenzo è stato un episodio che ha segnato profondamente l’opinione pubblica: non si tratta solo di un’altra vittima, ma di uno studente delle superiori con una vita davanti a sé che stava terminando il percorso di alternanza scuola-lavoro. Secondo Dino, il tema delle morti sul lavoro va affrontato da un punto di vista culturale: «Quanto accaduto a Lorenzo e quanto accade in generale non è dato solo dalla politica, ma anche dagli atteggiamenti, da una generale assenza della cultura sulla sicurezza». A tal proposito, lui e la moglie Maria Elena hanno scritto la “Carta di Lorenzo” insieme agli studenti della Consulta di Udine. Il testo è stato promosso dalla regione e presentato anche all’apertura del concerto del 1° maggio dello scorso anno: «Il principio basilare della carta è l’attenzione alla persona, prima ancora della regola». Da allora, Lorenzo è il simbolo della giornata nazionale dei lavoratori.  

Pene più severe e maggiori controlli  

Già all’indomani della strage a Firenze, la ministra del Lavoro Calderone aveva annunciato che per il 2024 è previsto un aumento delle ispezioni del 40%. Il governo sbloccherà quindi le assunzioni all’ispettorato nazionale in modo da poter incrementare il numero di dipendenti e quindi aumentare i controlli in Italia. C’è anche l’intenzione di introdurre pene più severe. Per le imprese di cui si accerta la responsabilità penale in reati di salute e sicurezza si propone la sospensione, da due fino a cinque anni, dagli appalti pubblici; per le imprese irregolari invece, l’esclusione dai benefici fiscali. Alla proposta di introdurre il reato di omicidio sul lavoro avanzata dai sindacati il ministro della Giustizia Nordio si è invece detto contrario.

 

Nelle sale di Palazzo Chigi, la ministra del Lavoro Maria Elvira Calderone ha ribadito anche i numeri negativi registrati l’anno scorso. Per esempio, il livello di irregolarità registrato dall’Asl nel settore edile è stato pari al 76,5%, con un tasso che arriva all’85,2% nel caso di aziende che hanno usufruito del superbonus 110. Inoltre, dopo il periodo della pandemia, l’Asl del centro Italia ha registrato circa il 50% di cantieri fuori norma in più rispetto al 2019. Numeri e statistiche che non promettono bene, ma che spingono i sindacati a pretendere in maniera concreta sicurezza, regolarità e diritti dei lavoratori.