É passato poco più di un anno da quando Vladimir Putin, in una fredda notte di febbraio, ordinò all’esercito russo l’invasione su larga scala dell’Ucraina. Un’operazione speciale – come l’hanno definita i Russi – che si sarebbe dovuta concludere in pochi giorni con la vittoria del Cremlino. Così non è stato: l’esercito ucraino, forte anche di una rilevante spinta popolare, ha mostrato una resilienza che nessuno – compreso lo stesso Putin – poteva immaginare.

A dare manforte alla resistenza dell’Ucraina è stata sicuramente anche l’efficiente risposta del settore della cybersecurity. Decisive, in questo senso, le tecnologie applicate sul campo, come i droni commerciali – impiegati per la sorveglianza e l’acquisizione di immagini del campo di battaglia – o come i software di controllo. Tra questi rientra Starlink, la rete satellitare di Space X, grazie alla quale i soldati ucraini sono riusciti a comunicare senza dipendere dalle infrastrutture di comunicazione locali, spesso bersaglio di attacchi da parte dei russi.

Di questo e di molto altro si è discusso al panel del Festival Internazionale del giornalismo di Perugia “Russia-Ucraina, il fronte della cyberguerra”, nel quale ha preso parola Francesca Bosco, senior advisor del Cyber Insitute di Ginevra.

Francesca, le chiedo: di cosa si occupa la sua organizzazione?

L’organizzazione è una Ngo, quindi siamo una no profit che è basata a Ginevra ma che ha mandato globale. Il nostro obbiettivo è quello incrementare la conoscenza e la consapevolezza delle persone in materia di cyber security. Ci rivolgiamo soprattutto a quelle fasce di popolazione e a quei settori che possono risultare più vulnerabili, come gli attori o le infrastrutture critiche (sanità, trasporti, sicurezza…)

Rispetto a una decina di anni fa, pensa che l’esposizione ad attacchi informatici sia aumentata, oppure il fatto che ci sia più consapevolezza in ambito di cybersecurity, ci porta oggi ad essere più protetti?

In realtà, vedo una direzione parallela di entrambe le cose. Da un lato c’è più consapevolezza. Dall’altro, l’esposizione senza alcun dubbio è aumentata notevolmente. Il processo di digitalizzazione, infatti, impatta sempre più settori, anche quelli che non nascono digitali – quello delle infrastrutture critiche è sempre un buon esempio – e che dunque non sono in possesso di un sistema di security adeguato. Poi non ci dobbiamo dimenticare che c’è una parte di mondo – i paesi in via di sviluppo su tutti – che ha un accesso a Internet e ai device mobili diverso dal nostro, e che dunque risulta più esposta sul fronte informatico.

É sempre più evidente come una parte importante del conflitto si stia combattendo sul fronte cyber. Come sta rispondendo l’Ucraina?

Incredibilmente bene. Possiamo dire che di certo non arrivavano impreparati. Sono ormi diversi anni che l’Ucraina è vittima di attacchi informatici da parte della Russia. Tutto è partito nel 2014 con l’attacco alle elezioni per l’annessione della Crimea, al quale sono seguiti con cadenza regolare una serie di altri interventi sempre volti a intaccare le infrastrutture critiche del paese. Quindi, diciamo che la consapevolezza e la preparazione degli ucraini erano in formazione già da tempo. L’aspetto sicuramente più rilevante di questa risposta è stata la solidarietà e il supporto che le autorità ucraine hanno ricevuto dagli altri Stati, ma soprattutto da parte delle società private. L’aspetto sicuramente più rilevante di questa risposta è stata la solidarietà e il supporto che le autorità ucraine hanno ricevuto dagli altri Stati, ma soprattutto da parte delle società private.

In questo senso, fondamentale è stato l’apporto fornito dalla Cyber defense Assistence Collaborative, un gruppo volontario di aziende e organizzazioni occidentali di cybersicurezza, che ha fornito intelligence, tecnologia, formazioni e consulenze alle istituzioni ucraine.