«Sotto questo stesso cielo, per cinque giorni e cinque notti, ogni anno convivono i più grandi autori di tutto il mondo»: con questa immagine il direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro di Torino Nicola Lagioia ha scelto di inaugurare questa trentacinquesima edizione, l’ultima da lui curata. Un’occasione in cui la città si trasforma nella capitale dell’editoria, mirando a rappresentare un «polo dell’Europa e non soltanto dell’Italia», come ha ribadito anche il sindaco torinese Stefano Lo Russo in occasione dell’evento inaugurale di giovedì mattina nella Sala Oro di Lingotto. La dimostrazione concreta di questo obiettivo è la scelta regolare di accogliere un Paese ospite: quest’anno l’invito del direttore è stato rivolto all’Albania, che con l’Italia ha condiviso un’ampia porzione della propria storia. «È una possibilità per tutto il mondo di vedere il nostro Paese attraverso gli occhi degli italiani – il ministro della cultura albanese Elva Margariti, presente all’inaugurazione, crede profondamente nello scambio di conoscenza che passa attraverso il libro –. Tra Italia e Albania ci sono moltissime collaborazioni, che non si limitano alla traduzione dei rispettivi scrittori, ma che spaziano nel campo della ricerca. L’invito per questo Salone è riscoprire i legami tra i due Paesi, attraverso il libro letterario e storico».

Lo stand dedicato all'Albania, nel padiglione 1 del Salone Internazionale del Libro di Torino.

Lo stand dedicato all’Albania, nel padiglione 1 del Salone Internazionale del Libro di Torino.

E attraverso le voci di un canone di autori che, alternandosi nello stand “Albania, chronicle in stone” allestito nel padiglione 1, contribuiscono a ricreare la storia e le tradizioni del popolo shqipetaro: da Fatos Kongoli a Anilda Ibrahimi a Ylljet Aliçka, da Ornela Vorpsi a Lea Ypi a Ermal Meta. Le loro opere creano un ponte tra due realtà che la prossimità geografica ha avvicinato anche dal punto di vista storico e linguistico.

«Quando me ne sono andato dall’Albania avevo tredici anni, per questo non avrei mai potuto scrivere questo romanzo in albanese: la lingua della crescita, con cui ho sviluppato un pensiero critico, è stato per me l’italiano». Il cantautore Ermal Meta sale sul palco del Lingotto e per la prima volta ad accompagnarlo le parole cantate cedono il posto a quelle scritte. Il suo esordio narrativo Domani e per sempre (La Nave di Teseo) è un romanzo in cui l’autobiografia si nasconde dietro l’universalità della storia: «è stato per me un modo di pagare un debito nei confronti di un Paese che era il mio e da cui me ne sono andato».

Il cantautore Ermal Meta con il ministro della cultura albanese Elva Magariti al Salone del Libro di Torino.

Il cantautore Ermal Meta con il ministro della cultura albanese Elva Magariti al Salone del Libro di Torino.

Meta è uno dei tanti protagonisti di quei flussi migratori che, nel corso degli anni ’90, trasportarono attraverso il Mar Adriatico migliaia di individui in fuga da un’Albania reduce dalla dittatura, arretrata nell’economia e lacerata da dissesti politici e sociali. Il regime comunista di Enver Hoxha aveva gettato il Paese in un incubo destinato a durare dalla fine della Seconda Guerra Mondiale alla morte del suo leader nel 1985. Proprio da questo scenario muove l’attività letteraria di numerosi autori albanesi, direttamente testimoni del trauma della dittatura e, spesso, della conseguente scelta migratoria.

È il destino comune di Ornela Vorpsi e Lea Ypi, insieme protagoniste dell’incontro “L’infanzia nello specchio: testimoniare e raccontare”. Per le due scrittrici, ora entrambe residenti all’estero, la scrittura è stata il mezzo con cui elaborare uno dei momenti più delicati e controversi della propria storia nazionale, segnato dal passaggio dal comunismo all’apertura verso il resto del mondo. Un passaggio che per entrambe assume la forma e il sapore della Coca-Cola, quel bene di consumo così diffuso nella sfera capitalista, eppure estraneo all’Albania. «Quando vivi sotto una dittatura non puoi palesare il tuo attivismo e l’unica resistenza che puoi esprimere è quella silenziosa che avviene nel tuo intimo: la manifestazione di un oggetto del mercato che lo Stato non ti permetteva di avere era l’unico modo per annunciargli che non eri d’accordo». Per Ypi il richiamo al mondo del commercio non esprime un desiderio di uniformità con l’Occidente, ma la libertà interiore dell’individuo.

Le scrittrici albanesi Ornela Vorpsi e Lea Ypi in dialogo durante l'incontro “L’infanzia nello specchio: testimoniare e raccontare”.

Le scrittrici albanesi Ornela Vorpsi e Lea Ypi in dialogo durante l’incontro “L’infanzia nello specchio: testimoniare e raccontare”.

Anche nei romanzi di Vorpsi compare la logica della réclame, ma la sua spiegazione è meno filosofica e più «golosa: se ho fatto riferimenti a oggetti commerciali, come la coca cola, è perché desideravo veramente provarli, ero curiosa. Non era solo sete di Occidente, era sete di tutto: di quel mondo che a noi era precluso».