Come si sta evolvendo la professione del giornalista? Quali scenari si aprono nell’informazione del futuro?

Lo abbiamo chiesto a Jacopo Barigazzi (@jacopobarigazzi): giornalista, co-fondatore di Linkiesta ed ex vice direttore di Pagina 99, ha fondato e coordina Ventuno Lab. Dopo essersi specializzato in giornalismo economico all’università della City di Londra, ha lavorato nella redazione di Reuters, di Adnkronos e ha scritto per sei anni per il settimanale americano Newsweek. Attualmente tiene una rubrica su The National e collabora con il Sole 24 Ore.

Qual è il futuro prossimo della professione giornalistica?

La softwarizzazione del mestiere porterà a mio modo di vedere un chiarimento maggiore delle funzioni del giornalista. Già ora il 30% delle notizie di Forbes sono scritte dal software ma il lavoro di società come Narrative Science, che per ora si limita a generare automaticamente storie da set di dati precostituiti soprattutto nei settori dello sport e della finanza, è appena iniziato. Il giornalismo di fonti, tipo la cronaca giudiziaria, quello di gran penna o quello di gran macchina, non ne saranno travolti. Insomma chi fa davvero giornalismo non è ancora sostituibile, anche se i compensi saranno sempre più bassi. “La softwarizzazione del mestiere chiarirà meglio le funzioni del giornalista”Per il resto ci penserà la macchina. In molti casi il giornalista è come il musicista che non guadagna più dai dischi ma dai concerti. Il disco fornisce visibilità, i concerti i soldi.

Come la tecnologia influenzerà i contenuti e le modalità di lavoro nelle redazioni?

La tecnologia per il giornalista sta al computer come il computer stava alla macchina da scrivere. O la sai usare o ti travolge. Se uno avesse lanciato un giornale nel 2006 non avrebbe saputo dell’esistenza di Twitter. I linguaggi (visivo, animato, dato, grafico e scritto) dovranno fondersi fra loro in modo da diventare come i colori di una tavolozza, usi ogni singolo colore in base alla forma che devi rappresentare. Le competenze necessarie ora non sono più nelle redazioni e questo le modificherà di parecchio. Un tempo andavi in una redazione e imparavi tutto. Ora si compete anche con le competenze del lettore.

Alla ricerca del Sacro Graal della sostenibilità: dai paywall al native advertising, quale via per salvare le testate?

Le aziende editoriali non possono più essere aziende che hanno un giornale e una parte digitale. Devono diventare aziende digitali che hanno un giornale. Chi ha prodotti di qualità potrà puntare sugli abbonamenti (il Financial Times fa adesso oltre il 60% dei ricavi in questo modo) ma sono pochi casi. Gli altri dovranno puntare tutto su talenti, tecnologia, community ed eventi continuando a innovare e sperimentare. C’è una pluralità di risposte, inutile cercarne una sola. Ma senza ricambio generazionale è tutto molto più difficile.

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