Musica, fuochi d’artificio, strombazzate e tante lacrime: stavolta allo stadio Maradona e per le vie di Napoli la festa scudetto è iniziata davvero. Alla squadra di Spalletti è bastato un pareggio con l’Udinese per centrare con 5 giornate d’anticipo un traguardo che inseguiva dall’aprile del 90, l’anno dell’ultimo scudetto. Ora è tutto vero, il Napoli è campione d’Italia per la terza volta nella sua storia.

Una serata tutt’altro che semplice per la squadra di Spalletti, che nei primi minuti sembra accusare il peso specifico della gara. L’Udinese, invece, parte alla grande e passa in vantaggio al 13 con Lovric, sfiorando il raddoppio in un paio di occasioni. Si va all’intervallo con un po’ di paura, la festa scudetto rischia di essere nuovamente rovinata. Nella ripresa, però, il Napoli scende in campo con un piglio diverso e dopo pochi minuti grazie al solito Osimhen pareggia i conti. La partita diventa via via sempre più confusionaria, il ritmo cala e agli azzurri va bene così. Abisso fischia tre volte e il sogno per il Napoli diventa realtà.

Una vittoria annunciata da tempo, ma già posticipata un paio di volte. Sì, perché sabato scorso in un Maradona tutto esaurito, la squadra di Spalletti illude tutti andando in vantaggio con il gol di Olivera. La città, in estasi, è tinta di blu, lo stadio una bolgia, sconosciuti si abbracciano per strada ormai certi che il momento tanto atteso sia finalmente arrivato. Ma a ricordarci quanto folle, irrazionale e spettacolare sia questo sport è stata – come direbbe Paolo Sorrentino – la mano di Dio, o meglio, il piede di Dia, l’attaccante senegalese della Salernitana, che con un sinistro a giro batte Meret e gela una piazza intera. Non poteva esserci finale più cinematografico, prenda nota il presidente De Laurentiis. La sceneggiatura è già tutta scritta, non resta che farne un film.

“Mi dispiace per i tifosi napoletani che avevano voglia di festeggiare allo stadio” – aveva commentato Spalletti al termine del match contro la Salernitana – “ma io ci vedo del buono in questa festa mancata, possiamo allungare di qualche giorno il piacere, l’attesa, e questa cosa mi garba molto”. In realtà, stanotte allo stadio i tifosi hanno festeggiato lo stesso: il presidente De Laurentiis ha aperto i cancelli del Maradona e vi ha fatto posizionare 8 maxi-schermi sulla pista di atletica. Più di 60.000 gli ospiti paganti per vedere la partita di Udine in tv, ma soprattutto per sostenere, seppur virtualmente, gli eroi di Spalletti.

Un epilogo che lascia intravedere l’animo romantico e allo stesso tempo beffardo della sorte, che spesso si diverte a ritagliare dei pezzi di storia per riproporli con impressionante ciclicità. Ecco che allora a segnare il destino del Napoli torna l’Udinese, tanto cara a Spalletti che 18 anni fa la portò per la prima volta in Champions League; ma altrettanto cara a De Laurentiis. La prima vittoria del suo Napoli, costruito pezzo dopo pezzo dalle macerie del fallimento societario della precedente gestione, arriva proprio a Udine il due settembre del 2007. Un 5-0 che per il Napoli ha un sapore dolce: l’inizio di un nuovo ciclo, l’alba di una nuova era, che si chiude oggi, 16 anni più tardi sempre nello stesso luogo, a Udine, la terra promessa.

In realtà, lo scudetto il Napoli poteva vincerlo anche mercoledì sera con un pareggio tra Lazio e Sassuolo. Lo avrebbe festeggiato in ritiro, in un hotel di Udine vendicando così quello perso nell’aprile del 2018, sempre in albergo e dietro uno schermo, quello che proiettava Inter – Juventus. In fondo, meglio così. Cosa sono 24 ore in più per una piazza che stava aspettando da 33 anni. Meglio festeggiare in campo in un Friuli collegato virtualmente al Maradona, dove 60.000 persone, tra cui lo stesso De Laurentiis, sono pronte a cantare fino alle prime luci dell’alba. “Mi avete sempre detto di voler vincere. Ora lo abbiamo fatto tutti insieme. Oggi è il coronamento di un’aspettativa che durava da trent’anni. Questo per noi non è un punto di arrivo, ma di partenza”. “Mi avete sempre detto di voler vincere. Ora lo abbiamo fatto tutti insieme”, ha commentato il presidente del Napoli visibilmente commosso di fronte allo spettacolo del Maradona.  “Oggi è il coronamento di un’aspettativa che durava da trent’anni. Questo per noi non è un punto di arrivo, ma di partenza.”

La vittoria di questo Napoli stellare che ha convinto tutti con il suo calcio sempre divertente e propositivo è il frutto di un lavoro straordinario di società e allenatore. É un faro luminoso in un mare in tempesta, un modello da prendere come riferimento per colmare il gap che ci separa dalle altre big d’Europa. In un mercato che assomiglia sempre più a un oligopolio con i top club che si contendono a suon di milioni i migliori giocatori del pianeta, la strada da imboccare sembra solo una: quella delle idee. Ecco che allora il Napoli, partiti alcuni dei suoi pezzi più pregiati tra cui Insigne, Koulibaly, Mertens e Fabian Ruiz, li rimpiazza con Kvaratskhelia, Kim, Raspadori e Simeone. Vere e proprie occasioni di mercato colte al volo dal direttore sportivo Giuntoli, grazie anche ad un apparato di scouting competente e radicato in tutto il mondo.

La vittoria di questo Napoli – come ha sottolineato lo stesso De Laurentiis a fine partita – è quella di una squadra che in campo ha sempre potuto contare su undici leader, e non sull’individualità di un singolo fuoriclasse. La dedizione e il sacrificio di Osimhen e Kvara ne sono l’espressione più lampante. É la vittoria di Luciano Spalletti, un uomo forte dai destini forti – come direbbe lui stesso – un omaggio alla sua carriera. In Italia gli mancava giusto quel trofeo lì, quello scudetto che troppe volte gli era sfuggito all’ultimo secondo, e per il quale, spesso, gli davano del perdente. É la storia di un uomo che ha dato tutto sé stesso a Napoli e alla sua gente, spesso passando la notte su un materasso comprato e portato a Castel Volturno, per non perdersi nulla della sua squadra: “La mattina alle 7 vado a fare colazione con Ciro, il manutentore di Castel Volturno. Preparo la giornata. Il materasso? La storia dell’Italia del dopoguerra, del boom economico, è la storia di chi per ricostruire, parte dal dormire in azienda, basandosi sul lavoro, sulle idee e sul coraggio di metterle in atto. È il tempo che dedichi alle cose in cui credi il regalo più bello che puoi fare alle persone. Se ci credi, dedichi del tempo e io a Castel Volturno dedico tutto il tempo, lavoro a non accorgersi che viene notte”. Una cosa è certa: questa notte la gente di Napoli non se la dimenticherà mai.