Alfredo Macchi, classe 1967, a 13 anni voleva diventare giornalista. Oggi può sicuramente dire di avercela fatta. Dopo varie collaborazioni negli anni giovanili (Corriere, L’Espresso, Radio Popolare, Rai), a 25 anni sbarca a Mediaset dove lavora come inviato dai principali scenari di crisi. Kosovo, torri gemelle, Afghanistan, le devastazioni dello tsunami nel Tamil Nadu (India), Libano, Iraq, Haiti e primavere arabe: Macchi ha testimoniato con i suoi servizi e reportage i fatti più tragici del nostro tempo. Nel 2009, dopo aver tentato varie volte, vince il Premio Alpi per il miglior reportage breve italiano.

Che valore ha o ha avuto il Premio Alpi nella realtà giornalistica italiana?  

Per chi fa il giornalista televisivo in Italia è sicuramente il riconoscimento più prestigioso e un punto di riferimento per seguire l’evoluzione nel modo di raccontare in tv la realtà italiana e internazionale. Prima di riuscire a vincere nel 2009 con un reportage sui ragazzi afghani che a Patrasso si nascondono nei Tir per venire in Italia avevo inviato diverse volte i miei lavori.

Che ricordo hai di Ilaria o, se non l’hai conosciuta, dell’episodio della sua morte?

Purtroppo non mi è capitato di conoscere Ilaria di persona. Ricordo però il momento in cui ho avuto la notizia della sua morte: avevo da pochi anni iniziato il mestiere di giornalista e ne rimasi fortemente scosso. E’ per me uno di quei ricordi che restano indelebili, come la notizia del rapimento di Moro o dell’uccisione di Giovanni Falcone.. 

Quali sono i valori dell’operato e della professionalità della Alpi che senti anche tuoi?

Innanzitutto la voglia di andare sul campo a vedere con i propri occhi quello che succede per poterlo raccontare. Poi la caparbietà nell’andare a cercare la verità oltre l’apparenza, il non accontentarsi delle versioni di comodo che spesso vengono fornite ai giornalisti, il coraggio di indagare nelle storie fino in fondo e di riportarle poi con equilibrio, completezza, e tutti i punti di vista.

Quali sono le doti fondamentali che deve avere un giornalista per realizzare un buon reportage?

Curiosità e capacità di raccontare. Seguire storie interessanti non basta se non si sanno poi riportarle agli altri, senza cadere nei luoghi comuni o nella retorica, con tutte le loro sfumature, persino con i rumori, gli odori, le emozioni vissute. Ogni storia può essere interessante se si riescono a cogliere gli elementi essenziali, quelli che ci raccontano l’umanità. Per farlo serve esperienza, equilibrio e anche misura, perché se si eccede si fa un danno ai protagonisti di una storia e a chi l’ascolta.

Vantaggi e svantaggi del lavoro da free lance?

In teoria la libertà di scegliersi le storie da seguire e di avere il tempo per farlo. In Italia però non è così: i free lance sono così poco considerati dai giornali e dalle tv che devono incessantemente scovare notizie e storie da vendere a tutti i costi. Vengono pagati pochissimo e spesso non rientrano neppure delle spese sostenute.

Vantaggi e svantaggi nel lavorare con una redazione forte alle spalle?

Se riesci a sganciarti dal lavoro di routine in redazione, dove ormai si chiede ai giornalisti l’assemblaggio di notizie fornite da altri, allora avere una forte struttura alle spalle è importante, soprattutto se vai in zone di crisi o di guerra. Per me, che sognavo di fare il giornalista da quando avevo 13 anni e che continuo a farlo con passione, resta questa la parte bella del mestiere, girare il mondo e raccontarlo. Anche se è sempre più difficile farlo.

Che futuro ha il reportage nell’era di Internet?

La potenza del mezzo audio-visivo nel raccontare una storia resta imbattibile: immagini, sonoro e musica sono ancora il modo migliore per trasmettere testimonianze, emozioni e coinvolgere l’ascoltatore. Il web sta diventando fondamentale con i social network per diffondere reportage televisivi di qualità ad un pubblico mirato, interessato, che non è quello che fa audience sulle tv generaliste. Cominciano poi ad esserci interessanti esperimenti di reportage multimediali, in cui assieme al video si fa un uso intelligente di fotografia, audio, e informazioni aggiuntive, come mappe e link. Il potenziale più interessante di Internet è però quello di poter coinvolgere gli utenti nel tuo lavoro di inchiesta, facendoti aiutare (e correggere) da un vasto pubblico.

Quali sono i pregi e i difetti del reportage televisivo rispetto a quello classico?

Se per classico intendiamo il reportage scritto le differenze sono sostanziali. Un articolo di giornale deve essere ben scritto per far lavorare la fantasia e l’immaginazione del lettore, ma lo puoi fare anche sentendo le persone al telefono e restando in hotel. Un buon reportage televisivo deve avere prima di tutto le immagini di quello che racconta e quindi serve essere al posto giusto nel momento giusto. Poi deve avere ritmo, essere coinvolgente, saper partire da piccole storie per raccontare grandi avvenimenti. Se ben fatto è però molto più incisivo.