C’è chi alla penna preferisce la matita, quella che serve ai disegnatori per illustrare le storie messe nero su bianco dai giornalisti. Il rapporto tra immagine e parola è in continuo divenire, due linguaggi paralleli che senza incontrarsi si arricchiscono a vicenda. L’ultima manifestazione di questa coppia sono i racconti giornalistici illustrati e a fumetti. L’obiettivo è tenere insieme il rigore dell’approfondimento e l’estro del disegno, con un racconto spesso schierato.
Giuliano Cangiano, illustratore e fumettista, ha iniziato come vignettista su il Corriere della Sera e l’Unità e nel 2013 ha pubblicato Ilva, comizi d’acciaio, probabilmente il suo lavoro più famoso. Nel 2021 ha vinto insieme a Danilo Deninotti il bando della Review Dessinée “Where will we be in 2030?”, per raccontare le ombre della green economy.
Storie con un punto di vista forte e schierato, frutto di approfondimento e collaborazione tra professionalità diverse. Cangiano: “I nostri lettori sono quelli che non comprano più i quotidiani e sono stanchi dei titoli clickbait sul web”
Come si sceglie il tema di un racconto illustrato?
Non c’è una risposta univoca. Quando inizio a lavorare a un racconto illustrato o a un fumetto il tema che scelgo di trattare è quasi sempre un argomento che sento vicino. Per questo è naturale che io faccia trasparire il mio punto di vista. In questo senso un racconto per immagini è sempre un racconto partigiano.
Un racconto di parte, però, non può prescindere dalla linea editoriale della rivista dove viene pubblicato.
Spesso, però, il progetto editoriale coincide con il singolo racconto illustrato. Tutto si apre e si chiude tra la copertina e la quarta di copertina del libro e l’autore può prendersi una certa libertà, pur nei limiti stabiliti dalla collana in cui viene pubblicato. Nel caso dei lavori per la Revue Dessinée viene prestata particolare attenzione all’accuratezza del racconto giornalistico e spesso l’editore chiede precisazioni sulle informazioni che vengono pubblicate.
Come si sceglie il punto di vista da cui raccontare la storia?
Faccio un esempio. Ora sto lavorando a un reportage sull’iter per ottenere l’asilo politico. Insieme a Danilo Deninotti ho scelto un approccio molto emotivo. Ci siamo messi in contatto con il direttore di un centro accoglienza, poi con alcuni operatori abbiamo fatto le interviste. Come voce narrante e punto di vista abbiamo scelto un operatore di un centro di accoglienza perché era la meno prevedibile e come contenuti era quella meno in linea con le nostre aspettative.
Quale è il rapporto tra immagini e parole?
Non basta che un racconto giornalistico illustrato faccia vedere quello di cui parla. La linea narrativa deve guidare il lettore attraverso le immagini. Soprattutto i disegni non possono ricalcare le parole e il disegno deve compensare le informazioni giornalistiche che non si trovano nelle parole scritte. Nei miei lavori cerco di raccontare a livello visivo ciò che non trova spazio nel testo, aggiungendo un’altra parte del racconto.
Chi è che legge questi racconti?
Il prototipo di lettore è una persona appassionata di fumetto, di solito un po’ in là con gli anni e soprattutto già interessata all’informazione. Poi c’è anche il pubblico che non compra più i quotidiani e non si accontenta dei titoli acchiappa click dei social e dei siti internet e cerca di informarsi altrove, scegliendo di approfondire temi che già gli stanno a cuore in modo alternativo.
I reportage illustrati e a fumetti necessitano di giornalisti e disegnatori. Come si sviluppa la collaborazione?
Tutto inizia dal lavoro di ricerca. Riprendendo l’esempio sul lavoro che racconta l’iter per ottenere l’asilo politico, è da più di un anno che abbiamo iniziato a raccogliere testimonianze e documentazione. In questo senso il racconto giornalistico illustrato è una forma di slow journalism. Giornalista e illustratore devono collaborare in un processo necessariamente lento, che passa per esperimenti e tentativi.