Con i tempi che corrono e la tecnologia che avanza come possiamo essere davvero sicuri che chi ci legge o chi si interfaccia con noi sia davvero una persona reale e non un bot generato con l’intelligenza artificiale?

Il confine è molto più sottile di quanto si possa pensare. Già anni fa Twitter (ora X) proponeva lo stesso tipo di contenuto a centinaia di migliaia di utenti, i quali si prestavano a ripostarli con qualche modifica, inoltre l’algoritmo cercava di portare le persone a comportarsi come dei veri e propri bot. I contenuti che l’algoritmo proponeva ai suoi fruitori erano sempre gli stessi, quasi come se fosse un loop tendente all’infinito. Tre anni fa la Dead Internet Theory, esplicitata in un saggio di Kaitlyn Tiffany sull’Atlantic, suggerisce come ormai internet sia controllato dall’intelligenza artificiale. L’assunto da cui si parte è del 2021, ma ad oggi risulta sempre più attuale. Si parlava di una vera e propria morte di internet proprio perché l’aggressività dell’algoritmo incitava le persone a comportarsi come bot nel modificare e ricondividere un contenuto dato in partenza dallo stesso social. Oggi, nel 2024 la situazione appare ribaltata: i robot hanno imparato a postare come le persone. Il confine tra l’essere umano e la macchina si fa sempre più sottile, o anzi, quasi invisibile.

Dopo che Elon Musk ha rilevato l’ex Twitter, è cominciato anche uno schema di monetizzazione intorno all’app, a cominciare dalla possibilità per le migliaia di utenti sulla piattaforma di poter comprare la famigerata “spunta blu”, normalmente ottenuta da account con un numero elevatissimo di seguaci o vip. Da quel momento chiunque poteva ripostare contenuti e renderli virali, forti della spunta blu. Adesso il social paga gli utenti che hanno il verificato, alias spunta blu, per i post che arrivano a essere virali: insomma una battaglia a colpi di bot tra account.

ChatGpt dall’altra parte sta sostituendo alcune funzionalità di Google: rispetto a Chrome è in grado di fornire un risultato in un secondo. Le persone e di conseguenza anche le pagine web sono in competizione tra di loro per accaparrarsi le prime posizioni nei risultati di ricerca. Ovviamente questo richiede un gran dispendio economico. Tale investimento, inoltre, sottrae risorse al contenuto all’interno. Per risolvere questo problema si affida la scrittura ai Chatbot. Le prime posizioni però assumono un valore se a visitare quei siti sono degli esseri umani e non dei bot. Dall’altra parte però su Internet, i bot costituiscono almeno il 50% del traffico in rete. Questi si dividono in “cattivi” e buoni”: i primi tentano di frodare o hackerare gli utenti, mentre i secondi “lottano” per non finire nella prima schiera.

Naturalmente anche le immagini generate con l’intelligenza artificiale possono trarre in inganno. Tra tutte queste incognite, però si salvano i così detti “social privati” come WhatsApp e i server Discord.

 

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