«I dati non devono semplificare, devono chiarire. Semplificare è pericoloso». È questo l’imperativo di Alberto Cairo (@albertocairo), docente alla School of Communication dell’Università di Miami, intervenuto venerdì scorso a Bookcity Milano.

«Il giornalismo non è una task umanistica, ma una task informativa», ha spiegato Cairo, luminare del data journalism e curatore del sito The Functional Art. «Quindi non c’è contrapposizione fra numeri e discipline umanistiche», che possono e devono integrarsi. Quello dei dati è un nuovo linguaggio, che porta con sé nuovi interrogativi: «I giornalisti e i designer sono in grado di leggere un mondo così complesso e così pieno di numeri, codici e formule? Ne hanno gli strumenti?». Per il professore dell’università di Miami, la risposta è no.

Persiste ancora un gap culturale: «I giornalisti vanno fieri della loro mancanza di conoscenza della matematica ed è un errore. Devono conoscerla per leggere la realtà». Secondo Cairo, la missione del data journalism è nobile: analizzare e interpretare i dati, al fine di dare un’informazione che renda migliore la vita delle persone.  Mettere insieme i dati non basta: è importante tenere conto del contesto per spiegare i fenomeni

Non si cada però nell’errore di considerare il grafico uno strumento facile da costruire. Mettere insieme i dati non basta: «È importantissimo che tenere conto del contesto per spiegare i fenomeni», ha sottolineato Cairo. «La complessità del mondo è sempre maggiore ma volerla semplificare non è la soluzione. Raccontare diventa un lavoro che richiede sempre maggiore attenzione ai processi informatici: informare è rendere tutto questo più chiaro, senza voler annullare le differenze e le eccezioni dovute alla complessità».

Se la realtà è sempre più complessa, dunque, il visual non può assumersi il ruolo di rappresentarla con approssimazione. Così, gli ospiti della conferenza – con Cairo c’erano Paolo Ciuccarelli del Politecnico di Milano e Daniela Piscitelli dell’Associazione Italiana Progettisti – si sono interrogati sul livello di approssimazione delle infografiche che troviamo oggi, sempre più diffuse, su testate online e cartacee.

Proprio Piscitelli ha sottolineato come il progetto grafico e il digitale «aprano a nuove possibilità. Si tratta solo», ha spiegato la presidente dell’Aiap, «di imparare un nuovo alfabeto, che non sia quello lineare composto da lettere, ma uno fatto di numeri, codici e logaritmi».