È la ricerca dell’Amore (che move il sole e l’altre stelle) a spingere Dante Alighieri a compiere il suo viaggio attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso; questo stesso Amore è quello che va cercando il Dante di Andrea Ortis, regista di Divina Commedia Opera Musical, mentre ripercorre le tappe fondamentali dell’opera letteraria, incontrando i personaggi chiave delle tre cantiche in un’ambientazione fedelissima a quella originale, eppure estremamente moderna.

Virgilio e Dante

Virgilio (Andrea Ortis) e Dante (Antonello Angiolillo)

Mettere in scena un’opera della portata della Commedia ha richiesto uno stretto processo di sintesi e selezione: «In ogni campo per fare sintesi devi conoscere. E la conoscenza mi ha permesso di fare un’altra operazione importante: quello che definirei un reset intellettuale. Se io, infatti, chiedo al pubblico come si immagina l’Inferno, il pubblico mediamente risponde “Rosso, con il fuoco”, però invece no. Perché Dante il punto peggiore dell’Inferno lo fa bianco, ghiaccio, dove è confitto Lucifero è tutto ghiacciato. Quindi il reset intellettuale mi ha permesso di immaginare un mio panorama, una mia visione».

La molteplicità degli ambienti danteschi viene resa grazie a fasci di luce proiettati su un velo di tulle che divide a metà il palcoscenico: l’effetto è quello di sentirsi completamente immersi nelle scene. In questo senso, una delle rappresentazioni più riuscite è il canto di Ulisse: colpevole di essersi spinto oltre le Colonne d’Ercole, viene colto da una tempesta che fa naufragare lui e tutto il suo equipaggio. La sensazione dell’acqua che si chiude sopra la nave è stata resa in scena dalla proiezione di alcune onde che, sovrapponendosi una all’altra, nascondono al pubblico la vista del palco. «Ho voluto mettere in risalto come la “canoscenza” umana oggi può spingersi molto avanti ma quando si va oltre a tutto, quando non c’è più etica, allora c’è la devastazione, il crollo, l’affondamento del “folle volo”. E anche la barca che ho fatto disegnare, è una barca che si solleva ma ha già la fattezza della sconfitta, è un sogno che ha già in sé il seme del fallimento».

Il regista Andrea Ortis: «Ho voluto mettere in risalto come la “canoscenza” umana oggi può spingersi molto avanti ma quando si va oltre a tutto, quando non c’è più etica, allora c’è la devastazione, il crollo, l’affondamento del “folle volo”».

Virgilio Ortis

Virgilio

Il lunghissimo studio ha coinvolto non solo il regista, che è anche interprete della figura di Virgilio, ma il cast tutto, tecnici compresi. «La lettura a tavolino del copione io non l’ho fatta solo con gli interpreti, ma anche con il corpo di ballo, i macchinisti, i tecnici, in modo che il grande racconto della storia umana di Dante partisse anche da una “canoscenza” di tutti. Perché poi cambiano i modi, cambia la delicatezza, l’attenzione: se conosci puoi amare, ma se non conosci difficilmente ami. Se conosci, puoi sollevare quella barca in una maniera differente, capendo quello che fai. Se sai che dopo c’è Ugolino e sai chi è Ugolino, allora quando smonti tutta quella barca lo fai con il silenzio corretto, sapendo che quel silenzio prelude a quel traditore, al dramma di quella ghiaccia nella quale i traditori stanno».

E la richiesta di Ortis non si è limitata alla lettura dei canti, ma allo studio dello scenario storico, dell’ambiente fiorentino, del sistema politico e religioso di allora. Ma oltre al mero studio, c’è una forte sovrapposizione umana «perché quei vizi e quelle virtù sono nostre, quei peccati sono i nostri».

(Photocredits: Divina Commedia Opera Musical)