Siamo in Italia e sono le due di notte quando una forte scossa di magnitudo 7.9 colpisce la Turchia provocando un disastro. Hanno sentito il terremoto milioni di persone in Siria, Libano, Grecia, Israele e Cipro. In Italia, invece, l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e la Protezione civile hanno fatto scattare l’allarme tsunami alle prime ore dell’alba, temendo un possibile arrivo dell’onda lungo le coste calabresi intorno alle 6:30 del mattino. Per questa ragione, a scopo cautelativo, la circolazione ferroviaria è stata interrotta in Sicilia, Puglia e Calabria anche se, un’ora dopo, l’allarme è stato revocato. «Il sisma interessa una struttura molto lontana dal sistema geologico italiano, pur sempre molto attivo. Ora dobbiamo stare attenti al rischio frane», ha spiegato il presidente dell’Ingv Carlo Doglioni.
Un maremoto è un’onda anomala che interessa tutta la colonna d’acqua e che può superare anche i 30 metri di altezza: l’equivalente di un palazzone di otto/nove piani. Secondo il Centro allerta tsunami (Cat), in Italia il rischio di un’onda anomala è basso, anche se presente soprattutto in Sicilia, Calabria, Taranto e nel Salento. Impossibile prevedere uno tsunami: l’unico segnale premonitore è il ritiro della acque che precede l’onda
Cos’è successo in Turchia la notte del sei febbraio? Dall’Ingv fanno sapere che la scossa è avvenuta sulla faglia Est Anatolica, nel punto in cui il blocco anatolico si incontra con quello arabico e con quello africano. «La placca araba si è mossa di circa tre metri lungo una direzione Nordest-Sudovest rispetto alla placca Anatolica, un po’ come se la Turchia si fosse mossa relativamente alla placca araba verso Sudovest», ha chiarito Doglioni. E poi ha continuato: «La faglia si è attivata per almeno 150 chilometri. È successo tutto in pochi secondi, irradiando questo terremoto di 7.9 che viene chiamato maggiore». Secondo l’Istituto geologico degli Stati Uniti (Usgs), il sisma in Turchia ha avuto ipocentro a 25 chilometri di profondità ed epicentro nella provincia di Gaziantep. Dopo la prima scossa, ce ne sono state molte altre di assestamento: la più forte, 11 minuti dopo la prima, ha registrato 6.7 di magnitudo. Le prime immagini dal satellite hanno poi confermato come la faglia sia arrivata a deformare la costa sia in Turchia che a Cipro, facendo scattare l’allerta tsunami anche in Italia.
Ma cos’è uno tsunami? E come si previene? Questa parola giapponese significa “onde sul porto”, ma non si tratta di normali onde marine generate dal vento e che coinvolgono solo la superficie del mare. Un maremoto, infatti, è un’onda anomala che interessa tutta la colonna d’acqua e che può superare anche i 30 metri di altezza: l’equivalente di un palazzone di otto/nove piani. L’Ingv ha chiarito che uno tsunami può verificarsi per una frana o per un’eruzione vulcanica sottomarina, ma la verità è che il 90% dei fenomeni è causato proprio da terremoti sott’acqua. Un ricercatore dell’Ingv ha spiegato che le faglie “si muovono di continuo e possono comprimersi tra loro oppure distanziarsi”. In ambedue i casi, quando lo spostamento è di notevoli dimensioni, la massa d’acqua viene spinta verso l’alto o verso il basso innescando la scintilla che dà origine prima al terremoto e poi all’onda anomala. Secondo il Centro allerta tsunami (Cat), in Italia il rischio di un’onda anomala è basso, anche se presente soprattutto in Sicilia, Calabria, Taranto e nel Salento. Ad oggi “prevedere un maremoto è impossibile e informare tutta la popolazione della costa è sempre complicato”, fanno sapere dal Cat. L’unico vero segnale premonitore resta il progressivo ritiro delle acque che, circa otto minuti prima, preannuncia l’arrivo dell’onda.