Radio Sportiva sbarca nell’etere il primo dicembre 2010: è un’emittente a interesse nazionale e racconta fatti ed eventi sportivi 24 ore su 24.  Per la prima volta in Italia una radio si rivolge ai tantissimi appassionati di sport con notizie ed approfondimenti in real time su tutte le realtà calcistiche della serie A, B e C, e news dai principali eventi di tutti gli altri sport. Le voci e le opinioni degli ascoltatori hanno particolare rilevanza nel palinsesto della radio. “Microfono Aperto” è infatti un appuntamento che si ripete più volte nel corso della giornata in cui gli ascoltatori possono intervenire in diretta e interagire con gli opinionisti, mandare sms, whatsapp e dire la loro sui numerosi temi trattati e i sondaggi proposti. Dal 2017 il noto giornalista radiofonico e televisivo, Michele Plastino ne è il direttore. Il motto della radio è “raccontiamo emozioni”, ma in un momento difficile anche per lo sport e per tutti i suoi appassionati come si può continuare a farlo?  Il direttore Plastino ce lo ha spiegato.

Quali ostacoli avete incontrato al proseguimento delle dirette e della trasmissione quotidiana?
Principalmente la sanificazione del locale. Abbiamo lavorato in emergenza, cioè ci siamo spostati nell’azienda dell’editore che era già stata sanificata. Abbiamo trasmesso da lì con una sola persona e da casa. Io ero collegato tutte le mattine. Poi abbiamo cominciato a trasmettere da casa, e adesso anche se è tutto sanificato, siamo comunque ridotti, si va a turni, per evitare il più possibile i contatti. Questo è un deficit che però ci sembra necessario per la nostra salute. Per quanto riguarda l’argomento Coronavirus: io come direttore sin dal primo momento ho detto “signori noi non entriamo nei meriti specifici”. Credo che questo sia di competenza di scienziati, medici e ricercatori che ne sanno molto più di noi. Noi siamo bravi a spiegare il 4-3-3, ma non a parlare di altro. La linea ferma che non ci sbilanciassimo in cose mediche è stata presa fin dal primo momento.

Michele Plastino: “Noi siamo bravi a spiegare il 4-3-3, ma non a parlare di altro. Quindi, la linea ferma fin dal primo momento della pandemia è stata: noi non parliamo di medicina, non ne abbiamo le competenze”

Avete apportato modifiche al palinsesto e alla programmazione?
No, non di molto. Abbiamo ridotto di due ore la diretta per poter effettuare la turnazione sia dagli studi che da casa, però per il resto no. Noi comunque siamo una radio allnews per cui bene o male la direzione, che è quella della velocità delle notizie, la manteniamo.  Ci sono molte notizie sportive anche in questo momento particolare, basta pensare a tutte le discussioni: Olimpiadi sì o no, il campionato quando riprende, annullato Wimbledon, e così via. Ci sono tante notizie ogni giorno e poi abbiamo mantenuto il “Microfono Aperto”, quindi l’idea del lavoro non è cambiata molto, però è chiaro che i temi sono cambiati spesso e volentieri.

Gli ascoltatori che interagiscono durante il “Microfono Aperto” hanno un ruolo importante per la radio? Come è cambiato il rapporto con loro?
Inevitabilmente è cambiato, nel senso che l’attenzione di tutti è rivolta ad altre cose, come è giusto che sia. Ci sono meno chiamate da parte degli ascoltatori, ma molti messaggi in più. Io ho dato un’interpretazione a questo, però non so se è vera. Magari la verità è che in questo periodo la gente segue meno lo sport, vale per noi (Radio Sportiva), vale per lo sport in televisione, vale per tutto quello che è “effimero”. Però c’è anche un altro risvolto, ovvero che per distrarsi magari si vorrebbe chiedere all’opinionista in diretta “chi compra l’Inter?”. Però, una cosa è scriverlo e un‘altra è addirittura dirlo. Credo che ci sia anche qui una sorta di pudore e allora ecco che ci sono tantissimi messaggi, più di prima, però meno voci ed è per lo stesso pudore che abbiamo anche noi che comunichiamo.

Con lo stop a tutti gli sport è più difficile dare varietà agli argomenti. Come si mantiene alta l’attenzione di un ascoltatore che è prima di tutto un appassionato di sport?
Non so se ci riusciremo, anche perché – lo dico non solo da direttore, ma anche da giornalista – noi ci proviamo sempre, ma con quel pizzico di pudore, rendendoci conto che ci sono cose più importanti dello sport al momento. Però un servizio importante ritengo sia anche quello di distrarre un po’. Oltre al Coronavirus io sono anche sempre angosciato per quella che è un’altra grande malattia dell’anima e della mente: la tristezza.  Magari erroneamente possiamo anche chiamarla “depressione collettiva” usando un termine un po’ forte, “tristezza collettiva” è più adatto. Anche per quella qualche medicina ci vuole, e lo sport può essere una medicina da questo punto di vista, un minimo ovviamente.