“Lei ha vinto il Premio Pulitzer” è per un giornalista la frase più sognata della propria carriera. Il 6 maggio quella che viene considerata la più alta onorificenza per il mestiere giornalistico verrà consegnata, come ogni anno, dalla Columbia University. Chi volle che questo premio venisse istituito era Joseph Pulitzer, magnate della stampa statunitense vissuto nel XIX secolo. Ma chi era questo personaggio e qual è l’importanza del premio che oggi porta il suo nome?
Joseph Pulitzer: una figura controversa
Nato nel 1847 in Ungheria, Joseph Pulitzer emigra giovanissimo negli Stati Uniti, dove combatte nella Guerra di Secessione americana. Terminato il conflitto comincia la carriera giornalistica, che lo porterà prima a St. Louis, dove dirigerà il St. Louis Dispatch, e poi a New York. Giunto nella Grande Mela acquisterà il New York World, con cui rivoluzionerà completamente il mondo giornalistico statunitense.
All’alba della penny press, quando il giornale diventa accessibile a tutti, il pubblico a cui Pulitzer si rivolge è soprattutto quello degli immigrati. Come racconta il professor Roberto Gozzini, storico del giornalismo: «Il World pubblicava tutto ciò che poteva essere utile a queste persone, che all’epoca rappresentavano la stragrande maggioranza della popolazione, come annunci di lavoro e di case in affitto, e avere in mano una copia del giornale per loro equivaleva a esibire una sorta di status symbol, quasi un certificato di cittadinanza». Nel supplemento della domenica spiccava inoltre la pagina dedicata al fumetto Yellow Kid, che raccontava le avventure di questo ragazzetto figlio di immigrati, rasato, con orecchie a sventola e vestito di giallo che raccontava le storie dei bassifondi della città: «Yellow Kid scimmiottava anche il linguaggio degli immigrati, riportando volontariamente i loro errori di pronuncia. In questo modo queste persone si sentivano meno escluse dalla società, perché vedevano il loro modo di parlare riportato sul giornale», aggiunge Gozzini.
Un altro aspetto fondamentale è che per Pulitzer un reporter non doveva essere uno spettatore imparziale. Doveva agire ed essere protagonista, tanto che il World accoglierà tra le sue file alcuni pionieri del giornalismo investigativo, tra cui spiccherà Nellie Bly, pseudonimo di Elizabeth Cochran, che condurrà una famosa inchiesta sulle spaventose condizioni dei pazienti nei manicomi americani, facendosi internare in uno di essi per dieci giorni.
Ma la reputazione di Pulitzer è anche legata ad eventi più oscuri. Il magnate del World è infatti famoso anche per la famosa guerra di diffusione con l’altro editore statunitense William Randolph Hearst e il suo New York Journal. Una guerra condotta a suon di titoloni e notizie ingigantite al limite della falsità, soprattutto durante il periodo del conflitto ispano-americano. E proprio in riferimento al fumetto Yellow Kid, la sua reputazione verrà collegata a quello che divenne noto come “giornalismo giallo”, termine a cui oggi è preferito quello di “stampa scandalistica”.
Il premio Pulitzer
L’eredità più importante lasciata da Pulitzer è il premio che oggi porta il suo nome, che viene assegnato ogni anno dal 1917, quando l’editore era morto già da sei anni. Il magnate aveva donato 250mila dollari alla Columbia University, dove sorge la scuola di giornalismo da lui stesso voluta, perché li distribuisse ogni anno a quei giornalisti che si fossero distinti per i migliori servizi. Inizialmente di tradizione statunitense, oggi il Pulitzer è un premio che può essere consegnato anche a giornalisti e testate non americani, di fatto divenendo un’onorificenza internazionale.
Il premio consiste in una somma di 15mila dollari ed è considerato oggi la massima onorificenza a cui un giornalista possa aspirare, quasi una sorta di Nobel, e oggi arrivano a 24 le categorie per cui viene assegnato, che includono miglior reportage internazionale, fotografia, servizio pubblico ma anche musica, romanzi e biografie. Celebri sono i premi assegnati al Washington Post per la sua inchiesta sullo scandalo Watergate, al Boston Globe per le sue scoperte sugli abusi sessuali nella Chiesa Cattolica e al New York Times per le sue rivelazioni sulle violenze sulle donne perpetrate a Hollywood. Tra i romanzi premiati si annoverano Via Col Vento di Margareth Mitchell e il Vecchio e il Mare di Ernest Hemingway, mentre tra le fotografie che sono rimaste nella storia sono incluse La bambina e l’avvoltoio di Kevin Carter e The Terror of The War, che mostra gli effetti di un bombardamento americano in Vietnam.