Una trasmissione “radio” diffusa via Internet, scaricabile e archiviabile in un lettore MP3 o sullo smartphone. E’ questa la definizione da vocabolario che identifica il podcast. Al Festival Internazionale di Giornalismo di Perugia abbiamo parlato di questa forma comunicativa con Camilla Byk che ha co-fondato Podium.me nel 2012. La sua missione è sentire i giovani rappresentati e rispettati nei media. La piattaforma audio Podium fornisce ai giovani tra i 16 e i 25 anni le competenze e le opportunità per creare podcast e fiction ispirati alle loro vite ed esperienze. Camilla ha studiato italiano e francese alle università di Siena e Oxford e ha lavorato con la BBC, oltre che con enti di beneficenza e organizzazioni giornalistiche. È membro ed ex amministratore della Radio Academy. Nel 2022 è stata insignita di un MBE, Member of the Order of the British Empire, in occasione del compleanno della Regina per i servizi resi ai giovani e al giornalismo radiofonico.
Camilla, di cosa si occupa e com’è nata l’idea della piattaforma Podium?
Eravamo un gruppetto di amici e tutto è partito da un progetto che consisteva nel trovare e lanciare nuove voci radiofoniche. Beh, 10 anni fa ho avuto un’idea e non sapevo che l’avrei ancora fatto dopo tutto questo tempo, ma si trattava di registrare voci giovani e abbiamo iniziato con i ragazzini anche sotto i 18 anni. Ho fissato il limite dei 25 anni perché erano i giovani che, a quel tempo, ritenevo avessero davvero bisogno di avere l’esposizione che non stavano ottenendo, di avere una copertura mediatica positiva e volevo che si formassero per raccontare le proprie storie e per non essere vincolati ai grandi personaggi dei media, come i capi, le persone che dettano la linea editoriale per le storie, perché non possono decidere da soli. Quindi siamo una piattaforma audio. Abbiamo anche alcuni blog, ma principalmente usciamo con i nostri telefoni, registriamo le conversazioni e ci ascoltiamo a vicenda. Tutto ruota intorno alla voce e alla possibilità di produrre contenuti accessibili, facili da scaricare sul telefono, economici e veloci andando a coprire tutto ciò che non rappresenta il video.
Come dovrebbero approcciarsi i giovani al mondo del giornalismo?
Penso che il giornalismo sia come uno stile di vita, una mentalità. Penso che sapere come intervistare qualcuno in modo corretto porti molti benefici. Quando i giovani cavalcano una passione, come quella del giornalismo e iniziano a studiare magari non diventano giornalisti a tempo pieno, ma useranno queste abilità nel lavoro, nella carriera, nella vita. Quindi penso che il giornalismo sia davvero essenziale per parlare con le persone, perché è questa la missione.
Perché i giovani dovrebbero scegliere il formato audio per la fruizione delle notizie rispetto, per esempio, a TV o social media?
Il bello dell’audio è che puoi fare più cose allo stesso tempo, per esempio puoi riordinare la tua stanza, puoi essere multitasking, ma puoi anche uscire a fare una passeggiata, puoi usarlo come fonte di intrattenimento e informazione mentre fai tutto il resto.
Come spiega una grande concentrazione di potere nelle mani di pochi gruppi editoriali che fanno capo ai vari Zuckerberg, Elon Musk ed altri? Secondo lei potrebbero rappresentare un rischio un pericolo per la democrazia a livello mondiale?
Intanto non sono sopra le leggi, non possono essere sopra le leggi e non devono. A livello economico poi non c’è dubbio, ma questo è sempre valso per le grandi imprese. Per esempio quando l’Africa era ancora più povera di adesso chi gestiva le grandi multinazionali che agivano con le materie prime e prima ancora con gli esseri umani, era sicuramente più forte di interi Stati. La questione è un’altra. Non devono essere al di sopra delle leggi. Il sistema mondo deve essere in grado di essere superiore a queste grandissime realtà e saper imporre delle leggi che devono valere per tutti oltre che quelle del mercato che, come Musk ha sperimentato recentemente a sua volta, possono essere insidiose.
Come ci si prepara per tenere un podcast? Come si preparano l’ospite o gli ospiti che partecipano?
Tanta volontà, dedizione e dieta equilibrata. No, a parte le battute: dipende troppo da ciascuno e da ciascun podcast, non c’è una formula magica. C’è chi va completamente a braccio e ha bisogno a malapena di sapere di cosa parlare, e c’è anche chi ha bisogno di un copione completo di ogni passaggio. Io suggerisco di usare delle scalette, anziché dei copioni fatti e finiti.
Per quel che riguarda gli ospiti, dipende da chi sono e da quanta confidenza abbiamo con loro: il minimo è chieder loro di registrare senza la lavatrice che fa la centrifuga, o l’aspirapolvere, o il televisore acceso nell’altra stanza (giuro che le ho sentite, queste cose).
Secondo lei i podcast avranno ancora spazio in futuro?
Penso che il podcasting sia fantastico perché è un genere fluido, dinamico e non è ingabbiato da schemi rigidi. È così flessibile e mutevole. Quando abbiamo iniziato a fare podcasting, siamo stati tra i primi a farlo, e i podcast erano piuttosto lunghi. Erano molto simili a interviste. Ora ci sono molti altri tipi di podcast, audiodrammi, reportage audio sul giornalismo investigativo e altri ne nasceranno in futuro. A tal proposito, secondo una ricerca che abbiamo condotto, la pandemia ha rappresentato un fattore abilitante per l’adozione da “graduale” a “improvvisa” della voce, a tal punto che il 93% delle aziende ritiene che il passaggio alla voce non potrà che accelerare nel futuro, innescando un cambiamento nel modo di vivere delle persone. Infatti, la richiesta quanto il rinnovato interesse per i contenuti audio è strettamente collegata alla diffusione dei voice assistant e degli smart speaker che oggi rappresentano a tutti gli effetti dei facilitatori delle esperienze vocali.