La sensibilità dell’opinione pubblica è sempre più concentrata su quali potrebbero essere le alternative per sostituire la carne, la cui produzione implica notevoli problemi in termini di sostenibilità ambientale, salute dei consumatori ed etica. Se da un lato gli scaffali dei supermercati sono sempre più colmi di proposte vegetali e vegane, che cercano di imitare i tradizionali prodotti animali, dall’altro, procede la ricerca per creare alimenti sempre migliori dal punto di vista nutrizionale, del gusto e della consistenza. Proprio con questo intento è nata la carne stampata in 3D.
La prima azienda a proporre la carne 3D è Novameat, una startup di Barcellona che nel 2018 ha lanciato una “bistecca” interamente plant-based
La prima azienda a proporla è stata Novameat, una startup di Barcellona che nel 2018 ha lanciato una “bistecca” interamente plant-based, composta per il 60-70% di acqua e per il restante 20% di proteine vegetali di soia e piselli, ceci, barbabietola, lieviti nutrizionali e grasso di cocco. L’intuizione di sfruttare la tecnologia della stampante 3D per imitare i tessuti animali è stata del fondatore e CEO dell’azienda Giuseppe Scionti, esperto di ingegneria dei tessuti e biomedicina. «Utilizzo tecniche normalmente impiegate per la carne coltivata, prese in prestito dal bioprinting e adattate per l’uso con materiali per la carne di origine vegetale- ha dichiarato a El Pais-. Prima si deve studiare come sono organizzate le fibre muscolari e poi si deve cercare di replicare il tutto con ingredienti di origine vegetale che non sono stati modificati geneticamente». Per rendere possibile la procedura, viene creato un modello tridimensionale del taglio, che viene poi realizzato attraverso un processo di stampa “a microestrusione”, che combina e dispone in modo preciso i diversi ingredienti.
Dopo Novameat, è stata la volta dell’azienda israeliana Redefine Meat, che nel 2020 è riuscita a lanciare cinque diversi formati di “carne”. Dal 2021, le bistecche stampate hanno iniziato ad essere anche a base di cellule e fibre animali grazie alla startup israeliana Aleph Farms, che ha scoperto come produrre un bio-inchiostro utilizzabile in un processo di bioimprinting 3D. Sulle prospettive future del settore stanno sorgendo molte critiche. In particolare, gli elevati costi di produzione rendono questi prodotti inaccessibili ai più. Ci sono poi le remore di molti consumatori, che sono restii a sostituire la tradizione con un prodotto che percepiscono come “sintetico” o artefatto. La ricerca, nonostante tutto, continua inarrestabile.
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