Il giornalismo “a puntate” prende in prestito la forma della serialità tipica della fruizione della fiction come genere letterario, televisivo, radiofonico, e vive, oggi, una stagione di grande successo e di apertura all’innovazione e alla sperimentazione.

Il giornalismo seriale si pone l’obiettivo di creare contenuti che possano offrire al fruitore una visione più ampia e dettagliata della vicenda, senza mostrare una singola prospettiva dei fatti. Per farlo, si divide una storia in tanti piccoli episodi, in modo da poterla raccontare fedelmente senza “manometterla”.  Il fine ultimo è mantenere l’attenzione degli utenti a una soglia più alta rispetto a quella che avrebbero leggendo, ascoltando o guardando un blocco narrativo unico.

Una storia più breve risulta più facilmente fruibile. Ma questo, a volte, nasconde un problema di metodo: pur di produrre una notizia “semplice” e adatta ad essere letta in velocità si tende a semplificare la realtà, mostrando un’unica prospettiva dei fatti. Oppure si favoriscono abitudini poco virtuose come l’eccesso di titoli a effetto che suscitano il cosiddetto “clickbait” – ovvero la strategia dei giornali online che invogliano a cliccare sui link usando le parole chiave come esche per l’utente –, di notizie di gossip o, nel peggiore di casi, di notizie non verificate per mancanza di tempo e accuratezza.

Avere più episodi significa poter creare uno storytelling che incoraggi il lettore a passare all’episodio successivo, come succede con le serie di Netflix, di Amazon Prime e delle altre piattaforme oggi in voga, che includono più personaggi e sottostorie. Per ideare una serie servono elementi narrativi di valore. Il successo di queste piattaforme, e in particolare di Netflix, in un momento in cui le persone hanno trascorso molto tempo a casa davanti agli schermi come durante la pandemia, ha portato il mondo del giornalismo a porsi nuovi interrogativi riguardo ai vantaggi di una forma oggi così popolare di storytelling. E le stesse piattaforme di streaming a investire sempre di più in prodotti e documentari di taglio giornalistico.

La serialità nel giornalismo può essere, ed è, così applicata sotto forma di racconto visivo, scritto e audio. Tra gli esempi più noti ci sono le inchieste video del team Backstair di Fanpage, come Bloody Money: una serie di quattro episodi sui rifiuti e la politica. Ma anche il podcast Il Dito di Dio – Voci dalla Concordia di Pablo Trincia, un racconto in nove puntate sul naufragio della Costa Concordia del 13 gennaio 2012. Nell’ambito del racconto scritto, uno dei pionieri del giornalismo seriale in Italia è Slow News, una testata online che si discosta dalla ricerca delle breaking news per concentrarsi, invece, sull’approfondimento, pensato per una fruizione più lenta e ponderata da parte dei lettori. Quando morirò, ad esempio, è un racconto di Sofia Turati e Gabriele Cruciata che tratta il delicato tema dell’eutanasia in quattro articoli.