Paradiso è l’atto finale della trilogia di Tedua, il finale per eccellenza della sua Divina Commedia. L’opera di un’ora e dieci circa dell’artista ligure viene completata con le ultime otto tracce: tutte inedite eccetto una già edita: “Parole Vuote” (La Solitudine) con Capo Plaza. Le aspettative erano molto alte e le strade percorribili per il “Paradiso” erano due: fare qualcosa di totalmente diverso e stravolgente o mantenere una linea coerente. Tedua ha scelto la seconda: la coerenza non è solo nel sound ma anche nella disposizione della tracklist, tanto che il brano edito è disposto come penultima traccia nonostante fosse già uscito. La linea è chiara anche dalle copertine degli stessi album. “Inferno”: dai toni scuri, grigi, cupi; qui si vede il protagonista che cammina solitario per una strada, o meglio, attraverso un sentiero arso. “Purgatorio” e’ l’intreccio di anime che si uniscono a metà tra la luce e le ombre. “Paradiso”: ecco il tuffo nell’acqua cristallina dell’Eden; i colori sono vivi, accesi e la cornice del luogo è composta da una vegetazione selvaggia. Non c’è un distacco netto con i primi due album (Inferno e Purgatorio), anzi è impressionante la coerenza, soprattutto dal punto di vista delle sonorità musicali: sono molto vicine ad alcune tracce precedentemente uscite, ma c’è una dolcezza tutta nuova. Tedua ha attraversato tutti i gironi dell’Inferno, è stato nel Limbo e ora va verso l’Eden. Il viaggio del cantante è stato lungo, a tratti tormentato, ma certamente sempre molto congruo. Ad un anno di distanza dalla prima parte della “Divina Commedia”, Tedua ha rilasciato featuring ovunque, non per ultimo uno che a questo punto viene da dire contenesse un indizio. “Paradiso” di Mahmood feat Chiello e Tedua che contiene dei versi che recitano cosi':
Non so mai quando sia il caso di
Dirti di no, dirti di sì
E non potrai saper tutto di me
Non in un club, non in un dì (para’, para’, para’)
Non potrai saper tutto di me
Non in un club, non in un dì
Ad un orecchio attento, infatti, queste parole non risultano nuove, tanto è vero che si sentono anche nella prima traccia del nuovo capitolo pseudo-dantesco, ovvero “Paradiso II”. Probabilmente il fatto di chiamarlo “secondo” non è casuale e si riferisce appunto al sequel del pezzo con il collega e amico di Gratosoglio. Paradiso II è la prima traccia che apre questa nuova era. Il Paradiso era già stato citato nel titolo di un’altra canzone del medesimo long-album ovvero “Paradiso artificiale”, ma rispetto a quest’ultima ci passa un abisso, anzi ci passano Inferno e Purgatorio. Non solo Paradiso II riprende il testo, ma anche alcuni, se non tutti, i beat nel sound. L’arrivo del cantante verso l’Eden è ricco di introspezione, presa di coscienza e soprattutto di amore, declinato sotto diversi aspetti e in modi anche trasversali. Il Paradiso è paradossalmente già all’interno del viaggiatore. L’inizio del viaggio della Divina Commedia, – l’Inferno – ha decisamente un mood arrabbiato, che sparisce totalmente con l’approdo in Paradiso. Anche le sonorità sono decisamente più dolci e più pop, ma con un rimescolamento urban.
Una intro calma con la chitarra acustica apre “Al limite”, canzone nata con la collaborazione di Tony Boy. Nonostante l’incipit fin troppo tranquillo per le sue corde, Tedua apre in pieno stile rap contrastante, ma mantenendo di sottofondo l’instrumental. La traccia prosegue verso sonorità decisamente pop e commerciali. Passato e presente si uniscono. tanto che Tony Boy cita volutamente nelle sue barre una frase presa da “Lingerie”, pezzo storico di Tedua e Sfera Ebbasta di ormai sette anni fa.
“Kill bill” è la traccia che è stata un po’ spoilerata in precedenza dallo stesso Tedua con un reel su Instagram: forse è la traccia con il sound più originale, da una parte, perché in certi ritmi ricorda un sound iberico. Tedua ritorna alle origini: i riferimenti alla madre, alla Liguria – il suo luogo di nascita – e al suo passato. Gli stessi temi sono stati ripresi in “JollyRoger”. Nell’Inferno Dante parla di Dite, una città immaginaria; Tedua in Paradiso parla di Genova e lo fa con tutti i suoi colleghi accumunati dal fatto di provenire dagli stessi posti. Con Izi, Disme, Bresh e Vez Tè, i cinque del Drilliguria hanno composto il nuovo inno per il capoluogo ligure. I portici, le vele, la stessa Genova, infatti, non sono riferimenti casuali.
“Mare calmo” è un grido di dolore e speranza. Di seconde occasioni e di ricordi, ma anche di crescita e di consapevolezza di se stessi per poter andare avanti. “Riprovarci ancora sembra un tuffo nel passato/ oggi, volto pagina che ciò che è stato, è stato”. Insomma, in questa canzone Tedua tira un po’ le somme.
Due sono le voci femminili che entrano a gamba tesa in due tracce. La prima è quella di Annalisa che in “Beatrice” ha costruito il brano con Tedua come un vero e proprio dialogo a botta e risposta. Due amanti che comunicano, che litigano e che combattono l’uno per l’altra. La dolcezza nelle parole è la stessa che ricorda nostalgicamente “Red light”. Delusione, paure, insicurezze, ricordi e speranze arricchiscono il testo. Le parole riescono a far immedesimare chiunque: la canzone parla a tutti gli innamorati. È sicuramente il brano di maggior impatto, che resta in mente anche a distanza di meno di 24 ore dall’uscita.
L’altra voce, che chiude il viaggio dantesco e quindi anche l’ultima canzone dell’album, è quella di Angelina Mango. Non è un segreto che il suo sia un timbro vocale dolce, fresco e giovane. La base al pianoforte ci fa vedere le porte del Paradiso che si aprono. Le voci dei due, apparentemente molto distanti, si mescolano benissimo e rendono bene la chiusura che ci si poteva aspettare per questo viaggio. Il contrasto tra i due timbri vocali è ovviamente netto, ma funziona proprio per questo. L’elemento dell’angelo è stato più volte ripreso nei testi e nei titoli della versione Delux dell’album: da “Angelo all’inferno” ad “Angelo custode”. È “un viaggio verso la consapevolezza, metro di misura della coscienza”. Tedua lo aveva già promesso dall’Intro, prima di partire.