«Come giornalista cerco di capire come posso svolgere il mio lavoro sopra le parti, anche se è molto difficile, perché oltre che giornalista sono anche cittadino. Cerco di farlo scegliendo quali storie raccontare e a quali persone dare voce». Ilia Krasilshchik è un giornalista russo, fondatore di Helpdesk.media, una startup editoriale che aiuta i suoi connazionali a evitare la chiamata alle armi e gli ucraini a sopravvivere durante il conflitto. Per mettere a tacere il suo impegno contro le fake news diffuse dalla propaganda russa il Cremlino ha emesso nei suoi confronti un mandato di arresto internazionale. Oggi, 3 maggio, giornata mondiale dedicata alla libertà di stampa, Ilia ha portato la sua testimonianza al Giardino dei Giusti di Milano, un palcoscenico adibito in nome della libera espressione e della giustizia, dove ogni albero ricorda giornalisti e dissidenti politici. Un luogo non casuale, che sorge sul Monte Stella, laddove risiedono le macerie della Seconda Guerra Mondiale e oggi simbolo di vita e rinascita. Proprio qui giornalisti e attivisti ucraini, russi e bielorussi si sono incontrati per trasmettere al pubblico la propria visione di una guerra da loro vissuta in prima persona, ma che tocca tutta l’Europa da vicino. Tra gli alberi del Giardino dei Giusti si innalza un racconto intessuto non solo di parole, ma anche di immagini, attraverso gli scatti raccolti all’interno della mostra fotografica Inversione curata da Danila Tkachenko. Anche su di lui, artista e fotografo russo, pende un mandato di arresto a causa delle sue azioni in contrasto al conflitto organizzate in diverse regioni della Russia.
Le dodici immagini dell’installazione illustrano il lavoro di fotografi, non solo ucraini, ma anche francesi, portoghesi e messicani, che rischiano la vita per documentare l’aggressione militare russa che da quasi un anno e mezzo sta distruggendo l’Ucraina. Proprio la distruzione è il minimo comune denominatore che lega ogni foto, con l’obiettivo di suscitare nell’osservatore un effetto immersivo e proiettarlo in una realtà solo apparentemente lontana. Mariupol, Irpin, Izium, Borodyanka sono città lacerate dai bombardamenti, le cui macerie abbandonate raccontano una guerra che penetra con violenza e ferocia nella quotidianità degli individui. Le immagini esposte mostrano l’intimità violata di palazzi sventrati, mutilati nelle loro fondamenta e resi vulnerabili dal crollo delle mura spazzate via dall’artiglieria nemica. «L’idea è di scavalcare questa bolla – spiega la giornalista russa Anna Zafesova, ospite all’inaugurazione – e spezzare l’effetto mediatico per cui tutto avviene in un mondo lontano dal nostro e quasi inesistente». Per questo le immagini della mostra non trovano spazio all’interno dei tradizionali musei, ma si inseriscono volutamente nel paesaggio aperto. «Non sono state scelte immagini di vittime umane per evitare uno shock troppo cruento: l’esposizione sarà infatti itinerante e vuole essere pensata per un pubblico ampio, aperto anche ai bambini».
Mariupol, Irpin, Izium, Borodyanka sono città lacerate dai bombardamenti, le cui macerie abbandonate raccontano una guerra che penetra con violenza e ferocia nella quotidianità degli individui.
Gli occhi dei reporter ucraini diventano così lo sguardo del visitatore, invitandolo ad uscire dalla visione circoscritta dei social media: «siamo abituati ad assorbire il mondo attraverso questo “formato francobollo” che esce dai nostri telefonini – spiega il curatore –. Con questa mostra abbiamo voluto riportare queste immagini a una scala reale, con una crudezza tale da entrarci negli occhi e imprimersi sulla nostra retina, per rendere la guerra fisica e palpabile. Per capire che non è qualcosa che accade soltanto nei nostri smartphone, ma che esiste ed è qui accanto a noi».
Dopo la “tappa zero” con cui ha esordito a Milano, la mostra sarà riproposta nei prossimi mesi nelle principali città europee, da Roma a Venezia, da Praga a Berlino, da Parigi a Londra, percorrendo un itinerario finalizzato a sensibilizzare l’Europa intera nell’aiuto all’Ucraina. Sottolineare l’interesse comune di questa guerra e il conseguente obiettivo comunitario di metterla a tacere è il compito a cui quotidianamente adempiono attivisti e giornalisti. «Proveniamo dalla Russia, dall’Ucraina, dall’Europa, ma alla fine, quando c’è un intento comune, poco importa la nazionalità del passaporto – ha sottolineato Ilia Krasilshchik al termine del suo intervento –. Mi rincuora sapere che ci sono persone come noi di tante provenienze e ruoli diversi, ma unite da questo scopo, a prescindere dalla propria origine». «Pensiamo che la guerra non possa mai scoppiare, ma non è cosi: può arrivare da un momento all’altro ed è quello che è successo in Ucraina».