Appena aperti alle 15 a Milano i seggi elettorali per votare per le rappresentanze europee. Le elezioni occuperanno tutto il fine settimana e il Comune ha dovuto confrontarsi con un problema non nuovo ma impellente: la mancanza di scrutatori. Da giorni il Comune invita i cittadini a candidarsi presso l’ufficio elettorale oppure online per accogliere alle urne oltre 1 milione di milanesi.
Oltre a questo urgenza, il capoluogo lombardo sta facendo parlare di sé per un’iniziativa in tema diritti: l’invito del Comune ai presidenti di seggio di istituire una fila unica per l’inclusione, abbandonando la canonica suddivisione dell’elettorato per sesso.
SOS SCRUTATORI
Il Comune di Milano conta 1247 sezioni di seggio ordinario e 66 sessioni speciali. Per le ordinarie necessita di quattro scrutatori e un presidente, per le speciali due scrutatori e un presidente. In totale è necessario reperire 5120 persone.
L’albo degli scrutatori raccoglie 26mila persone. Nell’allestire le urne il Comune chiama in modo più o meno casuale le 5120 persone di cui ha bisogno attingendo da questo elenco, ma «è un classico che le persone rinuncino: spesso non si ricordano più di risultare iscritte», sottolinea Gaia Romani, assessora ai Servizi civici del Comune di Milano. A quel punto, anziché chiamare altre persone inserite in elenco, viene creato un link a cui i cittadini possono iscriversi per diventare scrutatori. «Da una parte questo meccanismo è utile – continua Romani – perché le persone che si iscrivono sotto data è meno probabile che poi rinuncino all’incarico, dall’altra allunga un po’ tempi. Io preferirei che ne venissero convocati il doppio o addirittura il triplo dall’elenco, così da avere un divario meno grande da colmare all’ultimo».
Analizzando l’andamento degli ultimi anni, Romani fa notare come questo metodo abbia di fatto funzionato fino alle ultime due tornate elettorali, le regionali e le europee, dove c’è stata una difficoltà maggiore nel reperire gli scrutatori. «Abbiamo avuto tante elezioni ultimamente: le amministrative nel 2021, il referendum, le politiche del 2022, le regionali del 2023 e adesso le europee. Se si facessero più elezioni insieme probabilmente la partecipazione sarebbe un po’ più sentita, mentre questo sistema con appuntamenti elettorali molto frequenti genera meno partecipazione».
Anche la fatica diventa un deterrente: scrutinare significa impegnare le persone due giorni in cui si lavora circa 30 ore per un compenso fisso di meno di quattro euro all’ora. «Tutti questi elementi insieme sono letali», evidenzia l’assessora e sottolinea come la sua parte politica sin dai primi anni dell’istituzione del sistema ha sviluppato consapevolezza del problema. Il Comune si è mosso con un’azione più strategica e di lungo periodo: ogni anno chiede ai rettori delle università di invitare gli studenti a lavorare durante le elezioni e dal 2022 invia un certo numero copie della Costituzione in regalo ai diciottenni, allegando una lettera d’invito. «Sicuramente potremmo coccolare un po’ di più gli scrutatori, magari creando un senso di appartenenza ad una comunità. Potremmo provare a stimolarli con degli aggiornamenti mensili o con delle informazioni». E, in tema di soluzioni, «magari alzare un po’ il compenso. Inoltre, se ai Comuni fosse lasciata la possibilità di creare degli incentivi, come dare un biglietto cinema o concenrto omaggio, l’interesse aumenterebbe».
FILA UNICA: UNA PROPOSTA “BANALE”
«Ci lamentiamo dell’astensionismo, ma poi non cerchiamo di rendere l’esperienza di voto più accessibile e serena per tutti» continua l’assessora Romani, questa volta affrontando un tema delicato e che troppo spesso passa sotto silenzio. Si tratta dell’iniziativa del Comune di Milano di istituire una fila unica per l’inclusione. Molte persone appartenenti alla comunità transgender, e più in generale chiunque si occupi di partecipazione e diritti civili, hanno sottolineato come l’esperienza di voto possa diventare motivo di disagio e forte imbarazzo.
«La condizione in cui sono organizzati i seggi elettorali – fila per le donne e fila per gli uomini – espone in maniera obbligata le persone transgender, quantomeno quelle che sono più definite da un punto di vista binario, a raccontare il motivo per il quale l’anagrafica rappresentata sul documento si discosta dall’immagine. Per loro c’è una sovraesposizione di dati costante e continua», spiega Gianmarco Negri, avvocato e sindaco di Tromello (PV), primo sindaco transgender d’Italia. «Facciamo un esempio. Io con la barba mi metto nella fila degli uomini arrivo a votare mi dicono “Ah no. Ma come? Ma qui c’è un documento femminile?” e intanto dietro di me ci sono cinquanta persone che sto bloccando, che si innervosiscono e alle quali sto facendo sapere tutti gli affari miei. Per contro, se mi metto nella fila delle donne, perché ho un documento femminile, mi dicono “Ma guardi che ha sbagliato fila” e io sono nuovamente costretto a spiegare».
«Dovremmo prendere in considerazione tutt* – sottolinea Negri -: le persone non binarie, che non si sentono nè caratterizzate in senso esclusivamente femminile, nè nel senso esclusivamente maschile, infatti, non hanno nemmeno la fila nella quale allinearsi[/mark]. Allarghiamo ancora di più il cerchio: le persone cisgender, che nel 2024 non si sentono così stereotipatamene donna o stereotipatamene uomo: per tutte queste persone, potere trovarsi in un’unica fila senza essere guardate male perché si discostano da ciò che maschile e da ciò che è femminile, sarebbe ottimale. Dovremmo essere resi tutti liberi di esprimerci in maniera libera”.
Del resto, siamo tutti consapevoli di cosa avviene quando si va a votare: il nome viene letto e ripetuto più volte a voce alta. Ad oggi, una persona T – soprattutto nel caso in cui c’è una forte discrasia fra l’immagine riportata sul documento e l’aspetto della persona – può trovarsi nella condizione di dover informare il presidente di seggio del suo percorso o farsi accompagnare da testimoni che possano confermare l’identità. «Sono situazioni che generano un fortissimo imbarazzo. Ci sono molte associazioni che offrono servizio di assistenza nelle giornate di voto, soprattutto nei grandi Comuni. Un consiglio pratico è quello di non andare da soli, di farsi accompagnare».
Ci si trova in un momento di grande fuga dal voto, di forte disinteresse alla politica e astensionismo. Per queste europee a Milano si calcola di avere un’affluenza di circa il 50-55%. La fila unica potrebbe essere un passo per rendere l’esperienza di voto più accessibile. E per i giovani che vivono la tematica della fluidità può avere un valore enorme.
«Ci vuole anche un po’ di intelligenza pratica: è vero che i registri non sono aggiornati, però magari possiamo evitare di fare i cartelli rosa con scritto “donne” e quelli blu con scritto “uomini”. Mettere i due registri vicini, fare una fila unica è un primo passo verso una soluzione», sottolinea Gaia Romani, che dall’inizio del suo assessorato ha avuto a cuore il tema. « Noi non possiamo obbligare i presidenti di seggio ad organizzare il seggio in questo modo – continua – però siamo a Milano, siamo la politica e abbiamo un ottimo rapporto con le associazioni: noi invitiamo i presidenti di seggio e diamo questo suggerimento su larga scala. Ci sarà chi lo seguirà e chi no in questi giorni di elezioni, però, passo dopo passo, si può migliorare: già durante le elezioni regionali molti seggi hanno accolto la proposta delle file uniche».
«Milano in questo senso può diventare un esempio», conclude fiducioso anche il sindaco Negri. «Il fatto che lo faccia una città così grande serve da deterrente verso entità comunali più piccole che si rifiutano di farlo, argomentandone le difficoltà. In questo modo, magari non nell’immediato ma per il futuro, le cose potrebbero cambiare».