Per la prima volta, Google e Facebook dovranno pagare gli editori per ogni notizia pubblicata sulle rispettive piattaforme. A deciderlo è una legge, voluta dal parlamento australiano, discussa la scorsa settimana e che punta a supportare gli interessi del giornalismo.
La proposta nasce da un bisogno di regolamentazione: i colossi del web, infatti, da anni incamerano buona parte delle revenue pubblicitarie dei media tradizionali. L’Australian Competition Consumer Commission (Accc), principale autorità regolatoria in materia della concorrenza, ha ravvisato uno squilibrio nei rapporti tra piattaforme online e redazioni e ha proposto di istituire un codice di contrattazione che assicuri alle redazioni una remunerazione adeguata al lavoro che svolgono. Lo stesso squilibrio caratterizza la divisione della raccolta pubblicitaria. In particolare, ogni 100 dollari investiti in pubblicità, 49 vanno a Google e 24 a Facebook. Alle testate vanno i rimanenti 27 dollari.Il codice ha lo scopo di mettere queste ultime in una posizione negoziale migliore.
Se da una parte il governo si è mostrato bendisposto nei confronti della proposta di legge, dall’altra, le piattaforme digitali non hanno reagito altrettanto bene. Zuckerberg ha minacciato di bloccare le condivisioni di notizie dei propri utenti su Facebook e Instagram. Google, invece, ha condotto una campagna pubblica contro il codice di contrattazione tra redazioni e piattaforme. Ciononostante, il parlamento australiano non si è fatto spaventare. La risposta di Google è arrivata agli inizi di febbraio con il lancio di Google News Showcase, una piattaforma in cui è al centro sia l’interesse delle testate sia quello dei lettori: le prime (tra le testate che hanno aderito troviamo Canberra Times, Illawarra Mercury, Saturday Papere Crikey) vengono pagate per produrre contenuti online, mentre ai secondi viene offerta una migliore panoramica degli stessi contenuti giornalistici. Questa mossa è stata letta come un ammorbidimento della posizione da parte del colosso del web, il cui fine ultimo era quello di raccogliere più partnership possibili prima che la legge entrasse in vigore.
Ad oggi, la legge deve essere ancora approvata al parlamento, ma il primo ministro australiano Scott Morrison e il ministro del tesoro Josh Frydenberg si sono mostrati propositivi al riguardo. Secondo la nuova legge, il compito del ministro Frydenberg sarà quello di verificare che ciò che si ricava dal codice venga investito nel giornalismo e non finisca nelle tasche degli azionisti.
Per saperne di più, continua a leggere su The Guardian