Maltrattamenti, violenze, torture e abusi di potere sono alcuni dei reati che il gip, su richiesta della procura di Milano, ha contestato a 13 agenti penitenziari arrestati all’alba di lunedì 22 aprile. La detenzione è, al momento, il risultato di mesi di inchiesta basata sulle denunce di alcuni giovani detenuti dell’IPM Beccaria, oggetto delle violenze perpetrate dagli agenti del carcere minorile. 

Proprio intorno a questa ipotesi, oggi confermata da questa pista investigativa della procura di Milano, ruota l’inchiesta “Chi li ascoltera’?”, frutto di due anni di lavoro da parte di Selena Frasson e Claudio Rosa, ex allievi di questo Master. L’inchiesta è stata finalista al Premio Morrione 2023 e torna oggi di assoluta attualità.

«Gli arresti recenti sono la conferma di un sistema fallito da tempo»: commenta Selena Frasson che ha iniziato le sue indagini il 7 agosto 2022, quando è stata data notizia di uno stupro di gruppo avvenuto ai danni di un minorenne detenuto, all’interno dell’istituto minorile Beccaria, 

Quel caso di violenza, secondo Frasson, è solo la punta di un iceberg, un tassello di un sistema detentivo che presenta moltissime falle, in un clima di sostanziale omertà. A dicembre 2022 Frasson e Rosa iniziano ad archiviare materiale utile a ricostruire quanto accaduto quella notte di inizio agosto e recuperano l’ordinanza di custodia cautelare in cui erano descritti gli avvenimenti di quel giorno: «Lì abbiamo capito – spiega la giornalista – che qualcosa non tornava perché c’era un buco di due ore. Il ragazzo violentato, minore straniero non accompagnato, riportava problemi di inserimento all’interno del contesto penitenziario e, nonostante questo, è stato spostato nella cella con i suoi carnefici, come si legge nell’ordinanza, per ragioni organizzative urgenti». Di quelle due ore e mezza  di buco non c’è traccia. Non è il primo caso del genere: in ambienti così bui la violenza è recidiva e a far tacere detenuti, amministratori, volontari e testimoni è la paura di ritorsioni. Nessuno, tra voci dal carcere e voci istituzionali, era disposto a parlare: «Quando abbiamo iniziato a dire che avremmo voluto fare un lavoro di approfondimento nell’IPM, abbiamo trovato alcune persone disponibili a testimoniare. Dal momento in cui il progetto è stato selezionato dal Premio Morrione per il giornalismo investigativo, tutti i teste, per paura, si sono tirati indietro», conclude. 

E quindi, si riparte da zero. Ricominciare un lavoro investigativo vuol dire trovare una nuova storia da seguire, nuove fonti e nuovi testimoni. Selena Frasson entra così nel carcere Beccaria ma, questa volta, nei panni di una volontaria e senza menzionare il progetto: «In questo modo sono riuscita a parlare con alcuni ragazzi e altri colleghi dell’associazione. Sebbene non mi abbiano raccontato specificatamente ciò che è accaduto il 7 agosto, ho inteso che qualcosa non andava. L’ho capito da alcuni sguardi di attenzione, altri di diffidenza, da alcuni commenti carpiti qua e là che confermavano che dietro quelle violenze c’era qualche complicità in più». 

L’inchiesta Chi li ascolterà? va avanti per sei mesi. Un percorso ad ostacoli, dove ad ogni passo in avanti se ne facevano due indietro. «Avevamo il sospetto che sotto ci fosse qualcosa di ancora più grave», racconta Frasson. Così era, e a rivelarlo sono stati proprio alcuni detenuti, ormai maggiorenni, che a volto scoperto hanno denunciato la loro esperienza in carcere. Altra testimonianza fondamentale è stata quella degli educatori come Daniel Zaccaro e Piero Buretti che hanno sentito la responsabilità di raccontare ciò che accade nell’Istituto Penitenziario Minorile Beccaria. 

E mentre alcuni detenuti iniziano a confidarsi con i volontari come Frasson, altri prendono coraggio e iniziano a segnalare i maltrattamenti al Garante dei Minori che, da fine dicembre 2022, apre un fascicolo a carico di diversi agenti della polizia penitenziaria del Beccaria. Come spiegato dalla questura di Milano, le indagini si sviluppano  “attraverso diversi servizi tecnici di intercettazione e acquisizione di telecamere interne all’istituto, che hanno permesso di raccogliere indizi di reato per diversi episodi di violenze ai danni dei minori ristretti”. Le indagini si sono concluse con l’arresto, lo scorso 22 aprile, dei 13 agenti coinvolti. Le accuse che ha mosso la Procura di Milano sono maltrattamenti a danno di minori, aggravati dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; concorso nel reato di tortura, anche mediante omissione, aggravato dall’abuso di potere del pubblico ufficiale; concorso nel reato di lesioni in danno di minori, aggravate dai motivi abietti e futili, dalla minorata difesa e dall’abuso di potere; concorso nel reato di falso ideologico ed infine una tentata violenza sessuale ad opera di un agente nei confronti di un detenuto.

«La volontà politica di coprire i fatti – prosegue Frasson – ha chiaramente ostacolato anche il nostro lavoro. Le notizie sull’arresto degli agenti non sono altro che un racconto di un fallimento di un intero sistema nel quale ci sono molti complici». L’obiettivo della video inchiesta che ha anticipato una realtà oggi ben visibile a tutti era che «qualcuno ascoltasse il grido di questi ragazzi indotti a non denunciare e rimanere in silenzio», come suggerisce il titolo. Oggi, a diversi mesi dalla pubblicazione dell’inchiesta, sappiamo che qualcuno li ha ascoltati veramente e questo potrebbe essere un saldo punto di partenza per iniziare a contrastare un sistema detentivo fallimentare che necessita di una riforma strutturale e rieducativa.