Novantaquattro mila metri quadrati di fabbrica, una distesa di 60-70 metri di polvere bianca lungo il fiume Po, ottant’anni di inquinamento, tremila morti su 37 mila abitanti: è la storia di Casale Monferrato e dell’incombente presenza dello stabilimento Eternit, che dal 1907 al 1986 fu protagonista di una delle principali produzioni italiane di materiali in fibrocemento. La fabbrica rappresentava il posto fisso, Un posto sicuro, dal titolo del film di Francesco Ghiaccio con Marco D’Amore e Matilde Gioli, interamente girato a Casale e uscito nelle sale a dicembre 2016.
Dopo la recente candidatura a Capitale Italiana della Cultura 2020, per lo stesso anno il comune si prefigge di diventare la prima città italiana “amianto free”.
In passato, oltre alla cittadina piemontese, stabilimenti cementiferi si trovavano a Priolo Gargallo, Augusta, Rubiera, Cavagnolo, Broni e Bari, ma Casale Monferrato si è particolarmente distinta per la lotta all’amianto, diventando città simbolo nel mondo.
Brevettato nel 1901 dall’austriaco Ludwig Hatschek, il cemento-amianto venne battezzato “Eternit” in riferimento al latino aeternitas (eternità) per sottolinearne l’elevata resistenza. Eterne, però, sono anche le conseguenze della sua lavorazione, ancora presenti in tutti i territori in cui il materiale sia stato prodotto.
Non altrettanto eterne, purtroppo, sono tutte le persone colpite dalla sua nocività: sempre nel 2020 è previsto il picco delle morti. Per le vittime d’amianto restano parenti e concittadini a lottare, portavoce di quella capacità “materiale” di assorbire un urto senza rompersi: la resilienza.
Daria Carmi: «Casale non è la città dell’amianto, ma la città della lotta all’amianto»Quella di Casale è, infatti, una storia resiliente, che ha potuto affermarsi grazie alla consapevolezza di passato, presente e futuro, della malattia, della lotta e della rinascita. Una consapevolezza figlia diretta della democrazia.
E proprio consapevolezza è la parola chiave, nonché filo conduttore dei racconti dell’assessore Daria Carmi, dell’oncologa Daniela Degiovanni, del sindacalista Bruno Pesce, dell’assessore Cristina Fava e della giornalista Rosy Battaglia.
Casale, città simbolo nella lotta all’amianto. L’intervento di Daria Carmi
«Casale non è la città dell’amianto, ma la città della lotta all’amianto», precisa Daria Carmi, assessore di Cultura e Turismo della Giunta comunale. A quasi un mese di distanza dalla proclamazione della Capitale Italiana della Cultura 2020 – per la cui candidatura Casale è arrivata tra le dieci finaliste –, l’assessore illustra le linee principali del dossier presentato a Roma lo scorso 5 febbraio. «Il programma prevedeva già l’elemento della volontà di rinascita – precisa Daria Carmi – Abbiamo sempre inteso la cultura non come un semplice legame ai grandi eventi, ma come elemento essenziale di tutte le politiche di sviluppo della persona e della città».
Lo stesso ministro del Turismo, Dario Franceschini, che ha istituito il bando, aveva posto tra i requisiti di partecipazione la capacità di rinascita propria di un territorio. Da qui, l’occasione presentatasi si è rivelata perfetta per una città che, unitamente alla lotta propria della sua contemporaneità, continua a conservare un forte prestigio per l’antico legame territoriale mantenuto per secoli in qualità di roccaforte europea del Rinascimento.
Simbolo di una reazione razionale agli ostacoli, il percorso di valorizzazione del territorio è arrivato al culmine quest’anno, dopo un lungo susseguirsi di eventi: dal consolidamento a patrimonio dell’Unesco nel 2014, si è giunti al progetto turistico per l’Expo 2015, si è rafforzato il turismo sportivo nel 2016 e, infine, nel 2017 è arrivata la partecipazione all’European Community of Sport. «È stato un percorso di crescita e rinascita, perché oggi si è più consapevoli di ieri e il modo di vivere della città e la sua percezione dell’esterno si stanno progressivamente trasformando».
L’importanza di una cura assistenziale e umana. L’intervista a Daniela Degiovanni
«Oggi si è molto più consapevoli del male», commenta l’oncologa Daniela Degiovanni che, ora in pensione, ha dedicato una vita all’assistenza dei malati di mesotelioma di Casale e delle zone limitrofe, creando a inizio anni Ottanta il reparto oncologico, prima inesistente. Insignita lo scorso 5 febbraio dell’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, la “Degio” – com’è affettuosamente soprannominata dai casalesi – spende parole di immensa speranza nel delineare la situazione sanitaria della città: «I semi del futuro sono stati piantati molti anni fa, quando si è capito quanto fosse importante sensibilizzare e informare i cittadini e i giovani. Ora il nostro futuro è fatto di ricerca, nuovi farmaci, cure palliative e assistenza domiciliare».
Con la recente istituzione nel 2013 dell’UFIM (Unità Funzionale interaziendale per la diagnosi e la terapia del mesotelioma), diventata centro di riferimento nazionale sulle patologie dell’amianto, si è dedicata un’apposita struttura alla diagnosi e alla cura assistenziale, tramite la somministrazione dei farmaci degli ospedali di Alessandria e Casale. Si ha una presa in cura globale del paziente, assistito in ogni aspetto sanitario: un’equipe medica competente – costituita da un oncologo, un palliativista, uno psicologo e un’infermiera – lo segue dalla diagnosi al decesso, fornendo anche alla famiglia supporto e accompagnamento alla perdita. L’istituzione dell’associazione VITAS nel 1996 ha, poi, incrementato l’assistenza domiciliare, con un servizio disponibile ogni giorno dell’anno dalle 7 alle 22.
«Sebbene sia presto per parlare di immunoterapia, la ricerca di nuovi farmaci ha fatto passi da gigante negli ultimi 15 anni», prosegue l’oncologa, precisando che l’alleanza tra cura farmacologica ed effetto placebo costituisca un elemento fondamentale per la buona riuscita del benessere del paziente: «È ormai scientificamente provato che il buon umore rallenti il processo tumorale. Il fattore umano è sicuramente il 50% della cura, nonostante il mesotelioma resti ancora un carcinoma raro», conclude la Degiovanni.
Una bonifica realizzabile: l’intervento del sindacalista Bruno Pesce
«A Casale dovremmo farcela»: risponde così il membro dell’AFeVA (Associazione Famigliari Vittime Amianto ONLUS) e Coordinatore del settore sanitario e del Comitato di Vertenza Amianto, Bruno Pesce, alla possibilità della città piemontese di diventare la prima città libera dall’amianto nel 2020. All’incontro La bonifica è salute, tenutosi lo scorso 10 marzo presso l’Istituto Sobrero in occasione della consegna di borse di studio ad alunni meritevoli promossa dall’Associazione, l’ex segretario della Camera del Lavoro, che negli anni Ottanta ha partecipato alle prime mobilitazioni sindacali contro l’Eternit, evidenzia i concreti progressi fatti da Casale in materia di risanamento delle ex aree contaminate: «Del milione iniziale, in città, ormai, ci sono poco più di 50 mila metri quadrati di coperture in amianto e ne restano poche centinaia di migliaia nei comuni circostanti», precisa Pesce.
La città, infatti, fa parte dei 48 centri che godono di finanziamenti per la bonifica di tetti, sottotetti e polverino prevista dalla legge del 1998, in base alla quale viene stanziato un contributo di 30 euro al metro quadrato nel limite del 50% delle spese sostenute: «Anche in questo Casale è un caso unico al mondo», aggiunge il sindacalista, che sottolinea l’importanza della mobilitazione scolastica a sostegno dell’opinione pubblica e della partecipazione attiva di tutti i cittadini. «Le iniziative vanno di pari passo con la democrazia e, quando c’è democrazia, c’è consapevolezza», conclude Pesce.
La rivincita di Casale: un documentario sulla resilienza. L’intervista a Rosy Battaglia
«La comunità di Casale non si è arresa davanti alla tragedia dell’amianto. Quando si dice che la città è avanti nella lotta, lo è davvero. Riconosco molto il merito ai cittadini casalesi e loro stessi devono esserne consapevoli». Così Rosy Battaglia, giornalista freelance che da anni dedica parte del proprio lavoro al tema dell’amianto, commenta la sua idea di resilienza quando parla di Casale. «Ho voluto documentare La rivincita di Casale proprio perché ho visto in tutte queste persone l’effettiva capacità di non abbattersi, di aggirare l’ostacolo e di trovare una soluzione per il cambiamento», continua l’autrice dell’omonimo video-documentario che in mezz’ora di registrazioni ha riassunto anni di riprese sul campo e di vita della città stessa.Rosy Battaglia: «Ho visto in tutte queste persone l’effettiva capacità di non abbattersi, di aggirare l’ostacolo e di trovare una soluzione per il cambiamento»
«Sono arrivata per la prima volta a Casale nel 2013. Ho seguito tutte le vicende e ho potuto constatare come, anche dopo la prescrizione della sentenza nel 2014, la città sia stata capace di risollevarsi inaugurando l’aula interattiva Amianto Asbesto al Liceo Balbo», continua la Battaglia, che nel descrivere Casale non manca mai di sottolineare il coraggio dell’intera comunità, a partire dal “si può fare” del sindaco Titti Palazzetti ripreso nel suo elaborato. Immergendosi quasi per caso nel tema, la giornalista ha iniziato a parlare di amianto per denunciare e, allo stesso tempo, raccontare le buone storie di coraggio e riscatto: obiettivo, questo, del principale progetto online di civic journalism su ambiente, salute e legalità, Cittadini Reattivi, che segue insieme al suo team.
Un lavoro “per” e “con” i cittadini, quindi, l’inchiesta condotta su Casale, che dai suoi stessi abitanti ha ottenuto affetto e riconoscimento: «La sceneggiatura è stata direttamente scritta dai protagonisti, non ho edulcorato nulla», continua Rosy Battaglia, che vede anche nell’apertura delle scuole dell’infanzia e del Parco Eternot – entrambi costruiti sul luogo della fabbrica – un simbolo di rinascita.
L’ottimismo per la definitiva liberazione dall’amianto nel 2020 viene confermato anche dai dati concreti che l’assessore all’Ambiente, Cristina Fava, evidenzia: «Nell’area dei 48 comuni, mancano 200 mila metri quadrati di superfici da bonificare, un numero esiguo se si pensa a quanto sia già stato fatto», afferma l’amministratrice.
Tre sono i fattori su ci si basa la fiducia: la conclusione della bonifica dei luoghi invasi dal polverino, la forma più dannosa dell’Eternit, con 176 siti censiti a partire dal 2005 e le ultime 10 segnalazioni da verificare e risolvere entro l’anno; l’eliminazione delle coperture dei siti pubblici, conclusa a Casale e da concludere negli altri 47 comuni; la continua diminuzione di partecipazione al bando del Comune da parte dei cittadini, prova di una sempre più completa bonifica tra i siti privati.
Il fattore giudiziario, con l’approvazione della prima legge sui disastri ambientali con danni continui e conseguenze tumorali di oltre 30-40 anni di incubazione; il fattore ambientale, con la bonifica diventata un caso di studio in tutto il mondo; il fattore sanitario, con il finanziamento dell’UFIM proveniente da parte dei risarcimenti alle vittime d’amianto: sono questi gli elementi che rendono Casale simbolo di creatività e capacità di fare squadra, ribaltando una condanna in un punto di forza.