«Ho iniziato con mio papà nel 2015, è lui che mi ha trasmesso la passione per questo lavoro. Lo scorso aprile ho comprato una licenza e una macchina tutta mia e poco dopo è successo quello che è successo e mi sono trovato in forte difficoltà». Massimiliano Racanati, classe ‘93, è un giovane tassista del Nord Milano che, come i suoi circa 21mila colleghi in tutta Italia, sta pagando un prezzo molto caro per le chiusure anti-Covid, vivendo la crisi economica in modo indiretto, ma non per questo meno rilevante.
Prima che il virus cambiasse le sue abitudini lavorative, Massimiliano usciva di casa alle 7:00 e tornava alle 17:00, un turno che, in media, gli garantiva dalle 15 alle 20 corse al giorno. Ora queste si sono ridotte a tre o quattro, e a volte si tratta di percorsi molto brevi che gli consentono di guadagnare in tutto circa 20 euro, la stessa somma necessaria per la manutenzione giornaliera del suo taxi fermo. La chiusura di uffici, bar, ristoranti e alberghi ha portato a un annullamento quasi totale delle chiamate. Ora il lavoro si è spostato principalmente negli ospedali, mentre i luoghi che un tempo erano i più movimentati e ambiti per i tassisti milanesi- dalla Stazione di Milano Centrale all’aeroporto di Linate- si sono trasformati in un posteggio fisso dove le auto bianche rimangono ferme ore e ore prima di ricevere una chiamata. «La difficoltà nostra in questo periodo è proprio il fatto di dover girare tanto a vuoto per trovare un posteggio. Con il coprifuoco e le chiusure notturne, i colleghi che un tempo lavoravano di notte sono costretti a lavorare di giorno. Così, i quasi 5mila tassisti in tutta la città si ritrovano sovraffollati nelle ore diurne».
Una giornata con Massimiliano Recanati, tassista, tra file interminabili ai parcheggi e procedure di pulizia dell’auto: “La pandemia per noi è stata un disastro, ma qui a Milano stiamo cercando di reinventarci”
Ma la crisi delle auto bianche è prima di tutto economica. Con il Decreto Ristori varato a ottobre, il governo ha stanziato per tassisti e titolari di noleggio con conducente un indennizzo pari al 100% di quanto avevano ottenuto con il Decreto Rilancio, nell’aprile scorso. Il 21 novembre il consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Ristori ter che vedrà lo stanziamento di nuovi aiuti anti-crisi pari ad un totale di circa 2 miliardi. «Tuttavia- mi confida Massimiliano- queste misure non bastano. I soldi promessi dal Governo sono arrivati, ma come li ho visti entrare, li vedrò uscire a fine mese». È proprio questo il motivo che, dopo l’introduzione di nuove misure restrittive anti-contagio, ha spinto migliaia di tassisti- da Napoli a Catania, fino a Genova, Torino e Milano- a scendere in piazza a protestare. Hanno incrociato le braccia per chiedere, tra le altre misure, uno sgravio totale dei pagamenti INPS per il 2020, la sospensione del mutuo per l’acquisto dell’auto e l’allargamento della platea di beneficiari per l’utilizzo del “bonus taxi”. Questi ultimi sono stati introdotti con il Decreto Agosto e prevedono un rimborso del 50% della corsa per persone svantaggiate o con problemi di salute. Anche il Comune di Milano ha rilasciato dei voucher per le corse in taxi, ma «parlando con qualche collega, mi sono accorto che nessuno di noi sa bene come funzionano: se sia il cliente a ricevere soldi dal comune che li ha rilasciati, se siamo noi a dover chiedere il rimborso in comune…È tutto molto confusionario. A me, per esempio, non è mai capitato di caricare in auto qualcuno che volesse usufruirne. Questo mostra quanto poco sia stata pubblicizzata questa iniziativa».
L’autogestione dei tassisti passa anche dalle misure protettive individuali, come le mascherine, i pannelli in plexiglass e i prodotti igienizzanti. A tal proposito non c’è stata una vera e propria normativa comune da seguire, tutto è lasciato al buonsenso, ma soprattutto al portafoglio del singolo. «Ogni volta che un cliente scende dall’auto igienizziamo portiere, sedili e maniglie con i prodotti che ci siamo procurati. Ognuno si arrangia come può per riuscire a lavorare il più possibile».
Non ci sono, però, solo aspetti negativi. I tassisti durante il primo lockdown si sono saputi reinventare. Nel comune di Milano sono state organizzate diverse iniziative tra cui Milano Aiuta, che ha occupato numerosi taxi nella distribuzione di medicinali e nella consegna della spesa nelle case dei cittadini più fragili. «Io, ad esempio, ho aderito al progetto Taxi Amico all’interno del mio comune, a Cormano. Accompagnavo gratuitamente, insieme ad altri tassisti cormanesi, coloro che avevano bisogno di recarsi in ospedale. Ho conosciuto persone del mio paese che ancora non conoscevo, poter parlare con loro è stato molto stimolante, soprattutto considerato il periodo difficile che stavamo vivendo».
In effetti, quello del tassista è prima di tutto un vero e proprio lavoro sociale. Ma le distanze cui il virus ci obbliga a sottostare lo stanno modificando? Massimiliano mi rassicura: «L’unico lato positivo è che adesso si caricano meno persone che devono spostarsi da un ufficio all’altro- che durante il tragitto si mettono a fare lavori al computer o al telefono, isolandosi- e si caricano invece più persone, spesso anziane, che devono andare in ospedale o hanno bisogno di un passaggio breve, ma che hanno più voglia di parlare e di confidarsi. Quando ti capita quella corsa in cui carichi quella persona che riesce a tirarti su il morale, ti fa anche piacere. Il taxi per alcuni è solo un mezzo per spostarsi, ma per altri no. Ed è proprio questo il bello del nostro lavoro».